Nel corso del 2012 e nel primo semestre del 2013 il settore idroelettrico è stato ritenuto dal legislatore una sorta di bacino di prelievo fiscale, in grado di sostenere e finanziare tutti i livelli delle amministrazioni pubbliche.
Potrà sembrare probabilmente un’affermazione forte, ma non proprio se si esamina il susseguirsi di alcuni provvedimenti, emanati peraltro in un ristretto arco temporale. Vediamoli.
L’Imu
Si parte nel 2011 con l’Imu (come sappiamo decisione del Governo Monti) in vigore dall’anno successivo, le cui aliquote vengono incrementate dai vari Comuni. La fonte idroelettrica è collocata prevalentemente in zone collinari e montane, dove abbondano enti locali piccoli, che naturalmente (e legittimamente) non vedono l’ora di rimpinguare i loro magri bilanci.
Sovra Canoni Bim
Dal primo gennaio 2013 (sempre Governo Monti) viene deciso un considerevole aumento dei cosiddetti “Sovra Canoni Bim”, dove Bim sta per Bacino Imbrifero Montano, un soggetto che, in forma di consorzio obbligatorio tra Comuni, si relaziona con i concessionari di grandi derivazioni d’acqua (gestori di dighe, bacini idroelettrici che producono energia elettrica) e acquisisce un importo determinato da decreti interministeriali per ogni kilowatt di potenza nominale risultante dall’atto di concessione.
In realtà in questo caso l’aumento si determina perché il Legislatore decide inopinatamente di considerare “montani” anche comuni che, per altimetria e geografia, non lo sarebbero affatto: in tal guisa i Sovra Canoni Bim vengono estesi anche a produttori di energia che si collocano tranquillamente in zone neppure collinari. Pur di far cassa, insomma, la pianura diventa montagna.
Robin Tax e decreto “Fare”
A completare un quadro sempre più fosco per i produttori idroelettrici (che in molti casi sono piccole realtà imprenditoriali) arriva l’ultimo decreto “Fare” (qui siamo al nuovo Governo di Enrico Letta), che abbassa le soglie per essere compresi tra i soggetti passivi della maggiorazione d’imposta per le imprese energetiche (la famosa Robin Tax), estendendo di fatto la tassa ai piccoli produttori che venivano fino a oggi tutelati dalla formulazione originale della Robin Tax.
In sostanza, se il decreto fosse convertito nella formulazione attuale (è in esame in questi giorni alla Camera) rientrerebbero nei requisiti della Robin Tax anche i produttori che nel periodo di imposta precedente hanno conseguito un volume di ricavi superiore a 3 milioni di euro (erano 10 i milioni stabiliti dall’imposta originaria) e un reddito imponibile superiore a 300 mila euro (1 milione di euro nell’imposta originaria). Si aumenta quindi la platea dei soggetti da tassare: un modo – purtroppo facile – di fare cassa.
Cosa farà il governo Letta?
Se a questi provvedimenti aggiungiamo l’avvenuta riduzione degli incentivi alle fonti rinnovabili (il famoso taglio previsto dal decreto del 6 luglio 2012) e i costi che saranno probabilmente sostenuti dai produttori delle rinnovabili (non programmabili) per “oneri di bilanciamento di rete”, si delinea uno scenario tutt’altro che idilliaco per i “rinnovabilisti” in genere, ma in particolar modo per i produttori da fonte idroelettrica.
Chissà se il Governo Letta (e il Ministro Zanonato) avranno modo e volontà politica di riconsiderare queste decisioni. Il bilancio pubblico langue, lo sappiamo. Ma aumentare balzelli e tasse è l’esatto contrario di quello di cui necessita la nostra economia, e tutti gli esponenti del governo lo affermano quasi quotidianamente.
Giovanni Galgano, Managing Director Public Affairs Advisors
@GioGalgano @PAAdvisors