Domani è l’8 marzo e molti, pur consapevoli, dimenticano il crescente potere globale delle donne, quello generato dalla loro intelligenza, dal loro sistema multitasking e soprattutto dalla loro unicità. Un dominio assoluto in teoria, ma non reale in pratica perché sbandierato ovunque ma accantonato nei processi di potere. Facciamo allora il punto, con il sistema del vero o falso, per comprendere in maniera semplice perché le donne riescono quasi mai a raggiungere il potere, quello vero.
Le donne sono le colonne della demografia degli Stati più avanzati del futuro prossimo venturo? – VERO
I dati sono chiari. Ci dicono che le persone, vivendo più a lungo ed avendo maggiore ricchezza, tendono a fare meno figli. In Europa assistiamo a un’implosione demografica. In alcune nazioni come l’Italia l’indice di natalità è sceso a 1,27 figli per famiglia, ben al di sotto del livello di sostituzione che è pari a 2,1.
Ecco la prima lezione della demografia al potere, ed ecco il sempre maggiore potere delle donne: la pianificazione della ricchezza è da sempre il più efficace contraccettivo del mondo. In passato, contadini e artigiani, privi com’erano di piani previdenziali, cercavano di avere il maggior numero possibile di figli che, oltre a rappresentare forza lavoro, si sarebbero presi cura di loro durante la vecchiaia. Era l’epoca della Welfare Family.
Il calcolo era semplice. Ogni nuovo figlio forniva due braccia in più e veniva assicurato ulteriore sostegno per i duri anni della vecchiaia, soprattutto da parte delle donne. Tuttavia, quando contadini e artigiani si sono trasformati in piccoli impiegati e poi in ceto medio, con uno stile di vita più agiato e una pensione sicura, l’equazione si è rovesciata: siamo entrati ma, purtroppo stiamo uscendo dall’era del Welfare State.
Anche per colpa della crisi che abbiamo vissuto negli ultimi 10 anni, meno figli vogliono dire più benessere. Puro calcolo demografico, pienamente riconfermato nel periodo pandemico dove abbiamo assistito alla flessione ulteriore di una curva già in discesa. Paura del futuro? Minori risorse finanziarie? Più problemi sul lavoro? Il ruolo attivo è sempre delle donne.
Combattere l’inverno demografico mettendo la maternità tutta a carico della fiscalità generale – VERO
Ma il calcolo demografico è anche figlio della condizione di contesto esistente. Se le donne italiane non fanno figli è anche perché il mercato del lavoro di questo Paese le condiziona in termini di accesso al sistema del lavoro.
Non tutti sanno, infatti, che quando una donna lavoratrice dipendente va in maternità il 33% circa dei costi rimangono a carico dell’impresa da cui dipende. Per non parlare poi delle professioniste o lavoratrici autonome che operano in proprio. Di qui, chiaramente e senza infingimenti, i possibili (e deprecabili) concreti comportamenti opportunistici del sistema imprenditoriale quando deve assumere una donna in età fertile.
Per ovviare in maniera tattica al problema, ci sarebbe bisogno di una decontribuzione strategica per il lavoro femminile con forti misure di work-life balance come, ad esempio, asili nido totalmente gratuiti. Ma, alla fine, per eliminare qualsiasi ragionamento opportunistico e incentivare lavoro femminile e nascite, la prima cosa da fare, il manifesto di qualsiasi futuro orizzonte, sarebbe mettere la maternità totalmente a carico della fiscalità generale. Il Centro Studi di CONFASSOCIAZIONI stima che basterebbero tra un minimo di 8 e un massimo di 10 miliardi di euro all’anno.
Una cifra importante ma non diversa, nel quantum complessivo, da quella degli 80/100 euro appena concessi ai lavoratori dipendenti, se non per un moltiplicatore incredibile. Perché, se l’occupazione femminile in Italia fosse al 60%, come dicono studi importanti di Bankitalia, avremmo un punto in più di PIL (18 miliardi di euro) all’anno. Un investimento importante che avrebbe conseguenze in termini occupazionali, demografici e previdenziali utili nel breve alla ricchezza del Paese e, nel lungo periodo, a salvare dalla povertà le future generazioni di pensionati. Un orizzonte da statisti.
Esiste ancora il tetto di cristallo? – VERO
D’altra parte, è veramente difficile prevedere gli orizzonti che verranno. Ricordate “2001 Odissea nello spazio”? Il film di Stanley Kubrick, straordinario in termini di capacità predittive sul futuro prossimo venturo in cui le donne, però, erano tutte segretarie, centraliniste, impiegate. Perché? Perché all’inizio del 1968, anno di uscita del film, quasi nessuno poteva prevedere la rivoluzione di genere che avrebbe cambiato tutto. Compreso il futuro.
Una rivoluzione sociale e tecnologica che ha cambiato il mondo. Non soltanto i contraccettivi orali hanno reso possibile che le donne programmassero la maternità, ma altre tecnologie di primo livello (l’igiene, la medicina, l’elettricità) hanno progressivamente ridotto il carico di lavoro domestico della donna e spostato le basi dell’economia dai muscoli al cervello, emancipando collettivamente quell’universo femminile, che ora si sta cominciando ad affermare come principale guida per lo sviluppo.
Ma non basta. Il progresso più significativo non è quello che si è verificato ai livelli più elevati. La vera trasformazione radicale è stata determinata dalle decine di milioni di donne che, a livello globale, hanno trovato lavoro nel corso degli ultimi decenni. Dal 1970 a oggi, due posti di lavoro ogni tre creati nel mondo sono stati occupati da donne. Le donne hanno sempre lavorato tanto ma, in questo momento, per la prima volta nella storia, una quantità senza precedenti riceve una retribuzione per farlo.
Siamo dunque in presenza di una mutazione straordinaria, ma non ancora definitiva perché le statistiche positive mettono in luce una realtà comunque inammissibile. Come dire che la parità tra uomini e donne sembra ancora lontana. Lo dicono i numeri: l’occupazione femminile nel nostro Paese è a quota 48% (un dato comunque basso rispetto al 65% di quella maschile e all’80% delle donne occupate in Svezia), il 24% delle neomamme (anche per i motivi che abbiamo ricordato, viene licenziata dopo il primo figlio, e tra gli amministratori delegati di grandi aziende solo il 3% è rappresentato da esponenti del mondo femminile.
Senza parlare dell’ulteriore crisi generata dalla pandemia, le donne guadagnano mediamente il 15% in meno dei loro colleghi. Va un po’ meglio nei CDA (36%,) ma solo perché c’è una legge che impone le cosiddette quote rosa.
Le donne ancora non partecipano alle reti del potere? – VERO
La situazione è allora molto chiara. Le donne sovrastano sistematicamente tutti gli altri nel rendimento scolastico, nelle pubblicazioni scientifiche e, all’inizio anche nelle carriere accademiche e in quelle della Pubblica Amministrazione. Poi, però, soccombono nella corsa ai posti che contano nel mondo del lavoro.
Una parte della crisi evolutiva si può evidenziare facilmente. Tutte le ricerche sulle carriere delle donne raccontano una sola verità: le donne fanno molto meglio degli uomini in tutte le fasi tranne una: quella tra i 30 e i 40 anni, ovvero quella che potremmo definire della cosiddetta maternità condizionata da fattori genetici reali, amplificati da costanti pressioni sociali. Dopo tale periodo, le donne riprendono a crescere stabilmente a parte il fatto che, avendo perso 10 anni di esposizione al mercato, si ritrovano su ruoli laterali che difficilmente portano a posizioni apicali sia dal punto di vista del potere che delle retribuzioni.
Ma tutto questo non basta a spiegare l’orizzonte concreto. E’ ora di arrivare al punto e di farci una domanda? Perché le donne, a parte rarissime eccezioni, non raggiungono mai posizioni apicali nel mondo bancario, finanziario o, mediamente, del mondo politico o imprenditoriale tradizionale? La risposta è semplice come la domanda. Per arrivare a certe posizioni di grande rilievo, la sola bravura/tenacia manageriale non basta. C’è bisogno di qualcosa di più come il sostegno di importanti reti di potere parallele a cui le donne non accedono ancora o ne sono entrate a far parte da troppo poco tempo.
E non stiamo parlando delle potentissime reti della criminalità organizzata (che pure, per fortuna in questo caso, le sono quasi sempre precluse), ma di altre reti che governano, per adesione religiosa, laica o fratellanza, molti dei posti di potere del nostro Paese. Per questo le donne fanno più fatica a raggiungere posizioni apicali in mondi che vedono una presenza scarsa o recente del sistema femminile. Un esempio per tutti; anche sistemi di rete internazionali vocati all’aiuto e alla beneficienza come il Rotary sono aperti alle donne solo dal 1989. Pensate gi altri…
Peccato non se lo ricordi nessuno. Ecco perché, anche senza avere ulteriori reti di supporto, le donne stanno raggiungendo risultati straordinari che vanno valorizzati e resi noti. Ed ecco perché ieri, oggi e domani sono i giorni per dire al mondo: anche al di là delle quote, rosa, avanti le donne!