Guardano alla sfida cinese i primi viaggi all’estero dei segretari di Stato e Difesa dell’amministrazione Biden: Tony Blinken e Lloyd Austin. Il capo del Pentagono sarà prima alle Huawai (con un occhio alla “Global Posture Review”) e poi in India. L’obiettivo è rilanciare le partnership e le alleanze per contenere il Dragone d’Oriente
Gli Stati Uniti serrano i ranghi per un Indo-pacifico “libero e aperto” a fronte “della competizione a lungo-termine con la Cina”. Per le loro prime visite all’estero, il segretario di Stato Antony Blinken e il segretario alla Difesa Lloyd Austin saranno nei prossimi giorni tra Giappone e Corea del sud, pronti a rinvigorire le partnership con gli alleati strategici nel confronto a tutto tondo con Pechino. Dopo il debutto (in video-conferenza) alla Nato, il capo del Pentagono mira a puntellare il fronte asiatico.
LA PARTENZA
La partenza è programmata per sabato. Da Washington, Austin si sposterà alle Hawaii per far visita al Comando Indo-pacifico delle Forze Usa, il più grande tra i nove “major command”, con responsabilità su circa 40 Paesi e un’area pari al 50% della superficie terrestre. È la stessa area su cui si concentrerà gran parte della “Global posture review” già avviata dal Pentagono, tesa a rivedere tutti gli impegni americani oltre i confini nazionali. Si attende un potenziamento della presenza nella regione, sulla scia della competizione crescente con la Cina e in ripresa del “pivot to Asia” inaugurato da Obama. Non è un caso che l’ultimo budget approvato dal Congresso americano per il Pentagono (per il 2021) abbia inserito 7 miliardi per una nuova “Pacific deterrence iniative”, da impiegare in due anni.
OCCHIO ALLA CINA
A conferma di tale approccio c’è anche la task force dedicata alla Cina, lanciata da Joe Biden nella sua prima visita ufficiale al Pentagono e affidata a Ely Ratner. Il gruppo di esperti dovrà consigliera al segretario alla Difesa metodi e strategie per affrontare l’ascesa del Dragone d’Oriente. Tutto questo, ha già promesso Austin, avverrà in “continua consultazione” con partner e alleati. Non a caso, nell’annunciare il viaggio, il segretario alla Difesa ha detto di voler manifestare “l’importanza delle nostre alleanza e partnership”, così da “rafforzare insieme l’impegno Usa per una regione indo-pacifica libera e aperta”. Tale approccio traspariva anche dai primi contatti telefonici di Austin. Dopo la chiamata col segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, il generale ha sentito i colleghi di Regno Unito, Giappone, Australia, Corea del sud e Canada.
LA VISITA IN GIAPPONE
E così, dalle Hawaii, Austin si sposterà in Giappone, dove con il segretario di Stato Tony Blinken parteciperà al vertice 2+2 con i colleghi nipponici, altresì noto come US-Japan Security Consultative Committee. L’incontro, spiega il Pentagono, servirà a “enfatizzare che l’Alleanza tra Usa e Giappone non è mai stata più risolute e resiliente, pietra angolare per la pace e la sicurezza in una regione indo-pacifica aperta e libera di fronte alla competizione di lungo-termine con la Cina”. Tokyo resta costantemente preoccupata da Pechino, soprattutto sul fronte marittimo, con rivendicazioni incrociate nelle acque del Mar cinese orientale e i riflettori puntati sul rafforzamento navale della flotta cinese.
TRA COREA E INDIA
Il viaggio in parallelo con Blinken proseguirà anche in Corea del Sud per un altro vertice 2+2 Esteri-Difesa. Qui gli Stati Uniti riaffermeranno che l’alleanza con Seul “rimane un perno di pace, sicurezza e prosperità nel nord-est asiatico, in un indo-pacifico libero e aperto, e in tutto il mondo”. Poi sarà la volta dell’India per incontrare il collega Rajnath Singh e discutere di come rafforzare la collaborazione bilaterale. Dal 2016 il subcontinente è qualificato dagli Usa come “major defense partner”, appena sotto i “major non-Nato allies”, cioè quei pochi Paesi (come Australia, Israele e Giappone) a cui Washington attribuisce uno status paragonabile agli alleati atlantici, valido soprattutto per le complesse procedure di export militare e scambi tecnologici. Nuova Delhi resta un gradino sotto, anche perché le oscillazioni verso la Russia (si veda la richiesta del sistema S-400) non sono mai piaciute a Washington.