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Innovatori: Emmanuel Goût: per innovare devi rimetterti sempre in discussione

Spesso si definisce un’organizzazione o un’azienda innovativa solo perché opera in settori nuovi, o considerati tali dai media. Ma è un errore perché anche in tanti settori ‘tradizionali’ ci sono aziende e organizzazioni che fanno innovazioni di processo, di prodotto o dell’offerta. E dietro a tutte queste innovazioni, ci sono donne e uomini che amano il proprio lavoro.
Persone che hanno fatto loro il proverbio africano “Chi vuole sul serio qualcosa trova una strada, gli altri una scusa” e che sanno che la vera innovazione è quella condivisa in grado di generare benessere per la collettività.
Quest’intervista fa parte della rubrica Innovatori pubblicata su www.robertorace.com.
Uno spazio in cui proviamo a raccontare le storie degli Innovatori, a scoprirne modi di pensare, predilezioni e visioni del mondo. Cercando di capire meglio cosa ci riservano presente e futuro.

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Emmanuel Goût: per innovare devi rimetterti sempre in discussione

“Liberter, Curioser, Humoriser” ( con Libertà – con Curiosità – con Humour ). La parafrasi del celebre motto della Rivoluzione Francese Liberté, Égalité, Fraternité è la linea guida per la vita di Emmanuel Goût.
Originario del Nord della Francia, Goût comincia una vita professionale atipica emigrando nel Biellese a 22 anni per lavorare come commerciale nell’industria tessile. Sarà per lui una fantastica scoperta della piccola e media impresa italiana, così dinamica su scala internazionale. Mentre sta per cadere il muro di Berlino nel 1989, entra in una task force voluta da Silvio Berlusconi per esplorare i potenziali offerti dalla Cecoslovacchia, dalla Polonia e soprattutto  dall’Urss,  successivamente Russia, dove ha avuto principalmente base a Leningrado – San Pietroburgo.
Lì Goût la fortuna di seguire e accompagnare tutti i  processi di transizione di questi paesi.
Nel 1995 lascia l’Italia per un brevissimo periodo, per approdare alla direzione internazionale di Canal+ in Francia. Un percorso che lo riporta a Roma appena acquisita la piattaforma televisiva Tele +, di cui diventerà presidente fino al 2003. L’Italia diventa allora il primo paese digitale in Europa. Successivamente prende in mano, fin dai suoi primi passi, il progetto immobiliare di Cinecittà per la realizzazione di un parco a tema, fino al 2014. In parallelo, comincia a dividere la sua vita con la Russia, dove creerà una società di consulenza in comunicazione e strategia dedicandosi fino ad  ora a temi quali  nucleare, trasporti, religioni, istituzioni, operando in Russia, Europa e Medio Oriente. È Cavaliere del Merito della Repubblica Francese,  membro dell’Advisory Board della Higher School of Economics (Communication) e della promozione 2014 della “Relève” del giornale economico “Les Echos”. Le sue pubblicazioni si ritrovano sul suo blog www.emmanuelgout.com , che lui stesso considera “una psicanalisi a costo zero”.
Vive a Mosca, ha quattro figli.

D. Chi è un innovatore per te? Perché?
R. L’innovatore è una persona che si rimette sempre in causa, perché  rimettersi in causa è il confronto necessario che ci permette di pensare il futuro, fuori dai dogmi che ci limitano nell’azione, nell’ intraprendere. E poter pensare al  futuro con la memoria e non la nostalgia, con ambizioni e non con la sola salvaguarda di territori, spazi acquisiti, conquistati nel passato.

D. Qual è l’innovazione che cambierà il mondo nei prossimi anni?
R. Non penso di potermi improvvisare  scienziato , ricercatore, visionario. Come si è vede ogni volta quando si disputa la Coppa del Mondo di calcio ci sono tanti allenatori della nazionale quanti abitanti, con la pandemia tanti epidemiologi  quanti abitanti…
Io non sono così.
Penso che la vera innovazione, quella fondamentale, nel senso etimologico della parola, è la definizione del rapporto con il tempo. Il mondo con internet ci offre tantissimo ma rischia di illuderci sul rapporto con il tempo. Forse trasmette l’illusione che i tempi siano  cambiati e che la tweetterizzazione della società sia irreversibile o meglio detti i tempi. Non è così. I rapporti umani dei popoli e la Storia hanno il ritmo di un’ondata di fondo, lontano dalle illusioni ingannevoli della cultura effimera del momento.

D. Qual è il ruolo di un leader in un’organizzazione?
R. Farò un riferimento ad un’esperienza vissuta, un confronto recente con azionisti in Italia. Mi chiedevano di dirigere i miei collaboratori con l’ansia. Per me il ruolo del leader è esattamente l’opposto. Si dirige con l’entusiasmo, la condivisione, l’esemplarità associate ad un’affermata capacità di decidere e di assumere le responsabilità.

D. Una persona che ha lasciato il segno nella tua vita?
R.  Ho la fortuna di una vita che mi ha offerto di incrociare molte persone straordinarie; è per questo motivo che andrò alle mie radici e che sceglierò il padre del mio migliore amico. Penso che lui mi abbia insegnato ad abbracciare ogni momento della vita, a pensare che un problema è una fantastica opportunità per trovare una soluzione.

D. La tua più grande paura/la tua più grande speranza?
R. Mancare l’appuntamento con  la mia morte…La mia più grande speranza…rispettarlo.
Significa riuscire a fare della morte una componente della vita e non la  sua  antagonista.

D. Il tuo progetto di lavoro attuale e quello futuro.
R. Il progetto di lavoro attuale… giocherò sulle parole: il mio progetto è di ripensare il lavoro. Ho sempre avuto l’immensa fortuna di scegliere i miei lavori, di divertirmi come lo faccio ora nel lavoro. Ma negli ultimi anni è subentrato un mostro procedurale nelle nostre vite professionali, la cosiddetta “compliance”…
Nella più gran parte delle imprese nascono queste strutture che sono condannate a diventare inquisitorie, al di là delle volontà e dell’onestà di chi ci lavora. Non è fatto per me. In questo senso sono felice di ripensare il mio rapporto con il lavoro, affinché rimanga una fonte di motivazione e di divertimento, se sarà ancora possibile. Confesso che dentro di me c’è una grande voglia di potere combattere per un’Europa Sovrana…

D. La cosa che più ti fa emozionare e quella che ti fa più arrabbiare?
R. In ambito lavorativo ciò che mi emoziona di più è stato dare spazio alla crescita e all’iniziativa di chi ha lavorato con me. Ho la fortuna di avere molti esempi.
Nell’ambito personale, penso che sia dare complicità alle persone che amo e vedere che lo apprezzano. Ciò che mi fa arrabbiare… quelli che non mettono le tre parole chiave al centro della loro vita: “Liberaleggiare , Curiosare, Umorizzare” !


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