È iniziato, da qualche giorno nella prima commissione della Camera dei Deputati, l’esame dei disegni di legge su Roma Capitale. Sarà la volta buona? C’è da sperarlo. Anche se non mancano precedenti non proprio rassicuranti. il commento di Silvano Moffa
Di Roma, del suo ruolo di capitale, della sua dimensione territoriale e internazionale, delle funzioni che ne configurano la natura speciale, a dispetto di una normativa tanto avara nell’elargire competenze quanto asimmetrica rispetto alle altre capitali europee, si parla da lustri senza costrutto. In verità, qualche passo avanti nel tempo si è registrato. Ma si è trattato di un andamento ondivago, a volte persino contraddittorio e confuso. In più, quasi sempre inserito in una geografia istituzionale e amministrativa talmente complessa e articolata da offuscare il rilievo che pure l’argomento avrebbe richiesto.
Se compariamo Roma con le altre capitali europee rileviamo una prima, formidabile incongruenza. Berlino, Madrid e Bruxelles hanno lo status di entità substatali. Londra e Parigi, pur prive di tale status, godono di un ordinamento differenziato e speciale. Per Roma il legislatore si è limitato a riconoscerne la natura di capitale della Repubblica inserendola in Costituzione al varo della riforma del Titolo V e nulla più. Una scelta tanto scontata quanto ininfluente ai fini del suo funzionamento.
L’art.114 della riforma del 2001 demanda alla legge dello Stato la disciplina dell’ordinamento della nostra Capitale. A complicare oltremodo la questione è intervenuta in seguito la cosiddetta riforma “Delrio” sul riordino delle autonomie locali e l’istituzione delle città metropolitane. Così Roma si è trovata ad essere capitale e città metropolitana allo stesso tempo. E qui sorge il primo dilemma giuridico. Non è chiaro quale sia l’entità prevalente: l’essere Roma la capitale o il fatto che entrambe le entità si compenetrino. Il quesito non è di poco conto. Intorno alla dimensione territoriale della città metropolitana si sono snodati i dibattiti più accesi. Risolti, almeno sulla carta, facendo coincidere la città metropolitana con l’ex provincia.
Sul piano pratico la sostituzione della provincia con la città metropolitana si è rivelata un fallimento: non ne hanno tratto beneficio né il Comune di Roma né i comuni dell’hinterland. Sia in termini di servizi sia nella organizzazione della macchina amministrativa. Per non parlare del confuso quadro di assegnazione del personale ai vari enti e di trasferimento della gestione di società partecipate dalla ex provincia alla Regione Lazio.
Proprio con la Regione Lazio, di cui Roma è il capoluogo, il rapporto appare più squilibrato per livelli demografici (Roma ha il 40 per cento degli abitanti della regione e la ex provincia, ora città metropolitana, circa il 75 per cento), per assetto sociale, economico, istituzionale.
Insomma, Roma è un ircocervo, secondo la colorita definizione che ne dà, senza volerne offendere la natura, il giurista Beniamino Caravita che ha dedicato al futuro della Capitale un prezioso studio ricco di contributi pluridisciplinari (“A centocinquant’anni da Roma capitale”, Rubbettino ed.).
Un ircocervo, del tutto simile a quegli animali mitologici il cui corpo è composto da parti di animali diversi incoerenti fra loro. “C’è la Roma cosmopolita, legata alla sua vocazione internazionale – spiega Beniamino Caravita – c’è la Roma capitale di una Repubblica nella sua dimensione europea; c’è la Roma dello sviluppo economico nella sua dimensione nazionale e internazionale; c’è la Roma capoluogo di regione. E queste idee sono tutte in qualche modo accolte in Costituzione”. Un eccesso, una abbondanza, che non risolve – ecco il punto centrale – l’idea stessa del come strutturare la sua governance.
Nel corso della XVI legislatura, sulla scorta di una nutrita ed originale esperienza di pianificazione strategica, sviluppata per l’ex provincia di Roma da Maria Prezioso dell’università di Tor Vergata, e il coordinamento scientifico del costituzionalista Stelio Mangiameli (Atti dei convegni sull’Ordinamento di Roma capitale curati dalla Provincia di Roma e pubblicati nel 2003 e 2004 dalle Edizioni Scientifiche Italiane), fu presentata alla Camera una proposta di legge che cercava di mettere ordine alla materia, disciplinando appunto la città metropolitana intesa nel suo insieme come capitale della Repubblica.
L’idea, in sostanza, rifletteva la necessità di creare un ordinamento differenziato nel quale organizzare sia le funzioni comunali che quelle provinciali. L’istituzione della città metropolitana di Roma in quanto capitale avrebbe sostituito sia il comune capoluogo che la provincia, unificando competenze e funzioni in un unico ente. Elezione diretta del presidente e dei consiglieri metropolitani, trasformazione dei municipi in comuni, istituzione del Consiglio dei sindaci: gli organi di governo previsti. La proposta conteneva anche l’istituzione di una Conferenza per Roma Capitale, ossia di un organo partecipato, tra l’altro, dal presidente del Consiglio e dai ministri di volta in volta competenti per decidere opere, impianti, interventi, piani finanziari e accordi di programma sull’ammontare del contributo ordinario che lo Stato annualmente è chiamato a trasferire alla Capitale, nella sua configurazione metropolitana.
Il richiamo a questa precedente proposta di legge non è fatto, si badi, per una sorta di compiacimento del lavoro complesso svolto in precedenza, ma soltanto perché ci sembra si stia facendo strada, tra le proposte al vaglio del Parlamento, la ricerca di un regime differenziato, senza por mano ad una, per molti versi più risolutiva, riforma costituzionale.
A spingere verso tale impostazione sembra essere l’affannosa ricerca di una soluzione prima che si arrivi alle nuove elezioni per il sindaco e il consiglio comunale di Roma nel prossimo autunno.
Tornando ai vari modelli di Capitale di volta in volta proposti, lo stesso Beniamino Caravita li riduce a due tipologie: Roma Capitale istituzionale, italiana ed europea, e Roma Capitale dello sviluppo, in competizione con i grandi agglomerati urbani, nazionali, europei e mondiali.
Va da sé che, per far convivere le due tipologie, la strada maestra sarebbe quella di una legge costituzionale che faccia di Roma una città regione, sul modello di Berlino. Sarebbe una soluzione assolutamente in linea con la storia e la struttura socioeconomia della Capitale. Anche se questa soluzione implicherebbe una ridefinizione della Regione Lazio ancorandola alle restanti province del Lazio (proposta Barelli) o una nuova configurazione numerica e geografica dell’intero assetto regionalistico italiano (proposta Morassut).
Ove, però, la revisione costituzionale fosse poco praticabile, come appare probabile, stante le diverse impostazioni delle proposte in discussione e le difficoltà non superabili nei pochi mesi che separano dal rinnovo degli organi comunali, non resta che cercare di far convivere le due tipologie appena enunciate: la Capitale istituzionale e la Capitale dello sviluppo. In ogni caso, la base di partenza per una analisi seria e per soluzioni che non si infrangano al primo impatto non può che essere la definizione di una pianificazione territoriale strategica su cui innestare il livello politico e giuridico delle competenze da distribuire o assegnare. La dimensione dell’area metropolitana aiuta a definire meglio e in modo proficuo il valore economico dello stesso comune di Roma. Restringere la Capitale ai soli confini amministrativi di quest’ultimo riproporrebbe lo schema chiuso e dannoso di una città statica. Il concetto di città non è statico. Si evolve nel tempo.
In fondo, la stessa Berlino, ha costruito il suo status di capitale allargandosi al Brandeburgo nella dimensione metropolitana e adottando un modello di piano territoriale strategico ispirato alla metodologia studiata e attuata, a suo tempo, dalla provincia di Roma.
Il tema della dimensione metropolitana, dell’area vasta, dei relativi assetti costituzionali e del policentrismo come snodo per risolvere la controversa questione di Roma capitale può costituire la chiave di volta per venirne a capo, dopo annose dispute e inconcludenti discussioni.
I fondi della Nex Generation Eu rappresentano, inutile dirlo, una straordinaria opportunità. Per la prima volta, dopo tanto tempo, ci sono risorse europee per fare della capitale un polo geopolitico ed economico riconoscibile anche in funzione dei parametri europei. Una occasione troppo ghiotta. Da cogliere. Senza lasciarsi irretire dai riti bizantini.