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Risparmi, che fine farà il tesoretto di tremila miliardi di dollari

Povertà e disuguaglianze nell’anno della pandemia sono aumentate ma nei Paesi avanzati le famiglie a reddito medio e medio-alto hanno ridotto i loro consumi abituali sia per i lockdown sia per ragioni precauzionali per il timore di perdere il lavoro. Risparmi che i governi stanno valutando come poter utilizzare. L’analisi di Giuseppe Pennisi

Durante la pandemia (peraltro ancora in corso), sono cresciute sia la povertà sia le diseguaglianze ma nei Paesi avanzati è stato anche accumulato un “tesoretto” di risparmi di famiglie a reddito medio e medio-alto, perché hanno ridotto i loro consumi abituali per viaggi, ristoranti, teatri, cinema, concerti, nuovi capi di abbigliamento sia in quanto con le varie forme di lockdown si era costretti a shelter in place (barricarsi a casa) sia in quanto, per ragioni precauzionali, si temevano perdite di lavoro e di reddito maggiori di quelle effettivamente verificatesi.

A quanto ammonta? Cosa ne verrà fatto se i piani vaccinali hanno effetto e la pandemia termina prima della fine dell’anno? Il settimanale The Economist utilizzando dati Ocse e Banca mondiale lo stima in 3000 miliardi di dollari per i 21 Paesi a più alto reddito medio. È, a mio avviso, una stima molto prudenziale. Considerando l’insieme dell’area Ocse e tenendo presente che la situazione attuale durerà per altri sei mesi, a fine 2021, il “tesoretto” toccherà 4.000 miliardi di dollari.

Un fenomeno analogo si verificò dopo la Prima  guerra mondiale e la pandemia “spagnola”. Seguirono – dicono coloro che guardano con occhiali ottimistici la storia economica del secolo scorso – i “ruggenti anni Venti”; dimenticano che il ruggito esplose con la crisi finanziaria del 1929 e con la grande depressione. Ancora, dopo la Seconda guerra mondiale, in Europa varie forme di razionamento rimasero per qualche anno ma, successivamente, si verificarono i “miracoli economici”. Tali “miracoli” ebbero, come basi, due elementi: il riassetto dell’economia internazionale sia monetaria sia reale (che oggi non pare essere all’ordine del giorno); l’alto livello di formazione della forza lavoro in materie tecnico-meccaniche allora determinanti per l’industria (a cui oggi non corrisponde un analogo livello in ingegneria informatica come sarebbe richiesto).

Quindi, stiamo con i piedi per terra. Se l’Economist ed il vostro chroniquer hanno contezza del “tesoretto”, ne hanno, ancora più dettagliata, i governi, molte dei quali stanno pensando a modi e maniere per metterci le mani sopra, in qualche modo, anche e soprattutto per ridurre l’indebitamento aggiuntivo delle pubbliche amministrazioni accumulatosi durante la pandemia. Anche per questo motivo, numerosi governi preferiscono che non se parli troppo.

Chi non gradisce che i propri risparmi aggiuntivi diventino oggetto di più o meno rapaci desideri tributari, è bene che cominci a porre il problema. In Italia ed altri Paesi, si potrebbero sviluppare forme più ampie dei Pir (Piani individuali di risparmio delle famiglie) per convogliare risparmi delle famiglie verso le imprese – molte delle quali hanno bisogno di ricapitalizzare, un’esigenza che sarà probabilmente ancora più avvertita quando si sarà usciti dalla pandemia.

Ciò incoraggerebbe molte famiglie a livello medio alto a considerare il risparmio aggiuntivo accumulato durante la pandemia non “reddito” ma “ricchezza”. La differenza non è una raffinatezza semantica. Se il “tesoretto”, o parte significativa di esso, verrà considerato “ricchezza”, il risparmio aggiuntivo verrà, almeno in parte, utilizzato per aumentare il capitale (sia fisico, sia umano, sia sociale); ciò potrà contribuire ad una ripresa solida di medio periodo. Se, invece, verrà considerato “reddito”, c’è il rischio di cadere nella trappola di un nuovo ciclo di “ruggenti Anni Venti” con bolle finanziarie e relative esplosioni.

Per il momento, le stime Ocse, JPMorgan-Chase, e Goldman Sachs, ipotizzano che il “tesoretto” verrà considerato, dai titolari, “reddito” e che la ripresa sarà guidata da una grande spinta dei consumi privati. Altri, come ad esempio Iorma (un istituto di ricerca inglese), sono più cauti ed hanno iniziato uno studio delle tendenze dei consumatori nelle maggiori aree merceologiche.

A mio avviso, la prudenza è d’obbligo anche perché dopo una crisi così profonda numerose famiglie manterranno un atteggiamento prudenziale nel timore di una nuova crisi.

Le autorità pubbliche possono fare molto per guidare le scelte se sapranno evitare anche solo di dare l’impressione di volersi appropriare di parte del “tesoretto” e se saranno in grado di prendere misure per facilitare impieghi ad alta utilità anche sociale.

 

 


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