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Così lo Stato può recuperare il ritardo nei vaccini. L’analisi di Guido Cozzi

Di Guido Cozzi

Bisogna vaccinare tutti e in fretta. Ma tutto ciò non rischia di compromettere l’incentivo ad innovare? I brevetti sono stati inventati proprio per formare artificialmente monopoli di diritto, ma lo Stato può intervenire, scrive Guido Cozzi, professore di Macroeconomia all’Universita’ di St. Gallen e membro del Gruppo dei 20 – Revitalizing Anaemic Europe

 

È urgente uscire da una emergenza Covid che dura da più di un anno. Dopo sforzi innovativi cospicui, i primi vaccini sono arrivati in tempo record. In particolare, i vaccini Pfizer/Biontech e Moderna, che usano la tecnologia innovativa dello mRNA. Sia l’Europa che gli Stati Uniti hanno aiutato massicciamente questo sforzo. Per esempio, Bionteech ha ricevuto 375 milioni di euro dal governo tedesco per svilupparlo.

Grande merito dell’Europa in un risultato che sembrava a priori arduo e lontanissimo. Eppure è stato proprio il polo biotecnologico tedesco ad averlo scoperto in tempo record. Infatti, già da marzo Biontech aveva il vaccino. Poi purtroppo è mancata una politica industriale adeguata, e il vaccino ci è scappato di mano, appropriato dalla Pfizer. Ora gli Usa vaccinano e noi guardiamo. Il governo britannico è stato più intelligente, e ha subito chiesto ad AstraZeneca di testare e commercializzare il vaccino scoperto da Oxford. Risultato: un terzo dei britannici è ormai vaccinato.
In futuro, l’Europa dovrà essere più pronta a mobilitare la sua prestigiosa industria farmaceutica per sfruttare appieno i suoi risultati innovativi.

Il programma Hera aiuterà, l’incontro recente tra Giorgetti e Le Maire è utile, ma ormai scontiamo un ritardo di piu’ di un anno. Anche per gli Usa, rimane il problema della capacità produttiva insufficiente. E ciò non sorprende, perché gli impianti per la produzione vaccinale costano e le imprese titolari dei brevetti, ottimizzando il tornaconto privato, diluiscono l’utilizzo degli impianti su un periodo abbastanza lungo per servire la propria nicchia di mercato prima dell’immissione della nuova edizione del vaccino.

Per loro non avrebbe senso produrre miliardi di dosi in tre mesi e lasciare gli impianti inutilizzati per il resto dell’anno. Per i loro bilanci è irrilevante che ogni mese perso generi costi immensi in termini di vite e di Pil mondiale. Un caso di fallimento del mercato da manuale di economia politica. Ed è invece compito dei governi internalizzare l’effetto dei vaccini sull’intera economia, supportando un investimento in capacità produttiva “eccessiva” per la singola impresa, ma benvenuta per la società. Costo ampiamente ripagato dalla più spedita ripresa economica.

Un importante ostacolo è la proprietà intellettuale, poiché essa lascia alle imprese l’esclusiva sulla decisione di ampliare la scala produttiva, anche concedendo licenze ad altre imprese. Le licenze stesse non scendono dal cielo, ma dopo un processo di ricerca, contrattazione e stipula non banali.

Le licenze andrebbero accelerate e coordinate dagli stati. In caso i titolari dei brevetti le rallentino strategicamente, il Trips art. 31 prevede la concessione di licenza obbligatoria. Consapevole di questi ostacoli, a fine novembre, la Commissione Europea che aveva (25/11/2020, qui) ravvisato “la necessità di garantire che siano in atto sistemi efficaci per il rilascio delle licenze obbligatorie, da utilizzare come ultima risorsa e come rete di sicurezza.”

Un mese fa, si è mosso il Consiglio europeo, David Sassoli e Ursula von der Leyen per facilitare tutte le soluzioni pratiche di licenza che accelerino la vaccinazione su larga scala. Il governo Draghi ha agito con lodevole rapidita’ e sta cercando imprese farmaceutiche disponibili a collaborare. La minaccia potenziale sui brevetti sta finalmente spingendo i titolari accelerare spontaneamente la concessione di licenze in Europa, di cui Sanofi e Novartis hanno beneficiato.
AstraZeneca Italia si é mostrata disponibile, rispondendo in modo ammirabile al blocco del suo export verso l’Australia. Da macroeconomista ne sono sollevato.

Ma da economista dell’innovazione e della crescita, mi devo chiedere: tutto ciò non rischia di compromettere l’incentivo ad innovare? I brevetti non sono stati inventati proprio per formare artificialmente monopoli di diritto, sacrificando l’efficienza statica in favore di quella dinamica, come il grande Joseph Schumpeter ci spiego’?

La risposta a queste domande importanti e legittime viene dalla teoria economica stessa. Per esempio, il Nobel 2019 Michael Kremer scrisse a metà anni Novanta un lavoro in cui mostrava l’ottimalità dell’acquisizione del brevetto dallo stato in cambio di un pagamento commisurato al valore sociale dell’innovazione. I governi, quindi, dovrebbero adeguatamente rimborsare i titolari per il diritto di concedere in licenza liberamente i loro brevetti a tutte le aziende disponibili a produrre.

Inoltre, questa spesa a favore degli innovatori si ripagherebbe da sola perché consentirebbe alle economie di riprendersi rapidamente, generando maggiori introiti fiscali.


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