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I russi alla battaglia navale nel Mediterraneo. Parla l’amm. Sanfelice

Sei sottomarini e due fregate: “Come show di forza, non è poi così rilevante”, anche perché “può durare poco”. Intervista all’ammiraglio Ferdinando Sanfelice di Monteforte, esperto di studi strategici e affari militari sulle manovre nel Mediterraneo. E sulla Libia è “confortante” il nuovo attivismo italiano

Uno show di forza utile più come strumento di propaganda che dimostrazione di potenza, anche perché Mosca non vuole in alcun modo “alienarsi gli Stati Uniti in maniera permanente”. Sono le manovre navali russe degli ultimi giorni spiegate dall’ammiraglio Ferdinando Sanfelice di Monteforte, esperto militare, professore di Studi strategici e autore con Laura Quadarella del libro “Il mondo dopo il Covid-19” (Mursia, 2020). Pochi giorni fa, tutti i sottomarini russi della Flotta del Mar Nero sono stati fatti uscire dalle loro basi e messi in mare. La scorsa settimana sono emerse notizie su un sottomarino impegnato nel Mediterraneo a seguire le manovre della Nato, la quale nel frattempo ha dato il via a corpose esercitazioni (in partenza la grande Defender Europe) che puntano al fianco est, ai Balcani e al Mar Nero. Su quelle stesse acque hanno già volato i caccia americani dalla “USS Eisenhower”, arrivata sabato a Creta.

Ammiraglio, cosa sta succedendo nel Mediterraneo orientale?

Classiche dimostrazioni navali, da leggere alla luce delle recenti dichiarazioni del presidente degli Stati Uniti. Biden non ha solo usato parole dure nei confronti di Putin, ma ha anche detto che la Russia non è più una grande potenza dal punto di vista strutturale. È la seconda parte della dichiarazione ad aver ferito di più i russi, che così hanno messo in campo i mezzi di cui dispongono.

I sottomarini?

La Marina russa è in fase di ricostruzione sin da dopo la crisi che l’ha colpita alla fine dell’Unione sovietica. Pochi giorni fa, l’ammiraglio Igor Osipov (comandante della Flotta del Mar Nero, ndr) ha dichiarato che tutti e sei i sottomarini di classe Kilo stanziati nel Mar Nero (convenzionali, e non nucleari) sono in mare. Due erano probabilmente già nel Mediterraneo orientale a seguire le portaerei americane. A loro si sono aggiunte due fregate, e come show di forza non è poi così rilevante. Dimostra che la rinascita della Marina russa è ancora lenta. Tra l’altro, non si possono tenere a lungo sottomarini convenzionali in mare. Dopo venti o trenta giorni devono tornare alle rispettive basi. Negli ultimi mesi c’era stata la fregata Jaroslav Mudri che, davanti alle coste siriane, aveva dato fastidio sia al gruppo di battaglia della Truman, sia a quello della Eishenowoer. Più di recente è arrivata la fregata Admiral Makarov a darle manforte.

Parliamo quindi di uno show di forza di una “potenza in decadenza”?

Questo è il giudizio di Biden, e io amo lasciare la paternità dei giudizi a chi li ha pronunciati. Sicuramente la Russia ha i suoi problemi. D’altra parte, chi non li ha in questo periodo?

Dal punto di vista degli Usa e della Nato, come interpretare le manovre russe?

Già nel giugno scorso, l’ammiraglio James Foggo aveva dichiarato l’esigenza per il Mediterraneo di una nuova strategia navale americana che tenesse conto della “Russian resurgence” e della presenza cinese. Dunque, considerando che in quel momento Foggo era la massima carica militare della Nato, il problema da punto di vista occidentale è visto in svolgimento da diversi mesi.

In che senso “la presenza cinese”?

Non dal punto di vista militare. Il riferimento era al fumo negli occhi della nuova via della sera. Un anno fa le Forze armate cinesi si sono affacciate nel Mediterraneo, salvo poi andare via nel giro di pochissimo tempo. Per quanto riguarda Pechino, a preoccupare è soprattutto la presenza economica.

Spostiamoci verso la Libia, dove si attende conferma per la proroga della missione navale Irini. Ieri Di Maio era a Tripoli alla vigilia del primo bilaterale con Tony Blinken, segretario di Stato americano. Giovedì scorso, a Roma c’era Josep Borrell. Stiamo recuperando terreno?

L’Italia dà il massimo, e ricava il massimo beneficio possibile, nel perseguire la strategia di San Filippo Neri: “Ragazzi, state buoni, se potete”. Vogliamo bene a tutti, non abbiamo nemici dichiarati né concorrenti ufficiali, e cerchiamo di andare d’accordo con chiunque. Il fatto che, dopo un periodo d’incertezza, l’Italia abbia ripreso un certo attivismo sulla Libia è confortante. Anche perché nel frattempo i libici hanno capito che gli italiani sono brutti e cattivi, ma che tutti gli altri lo sono ancora di più.

Intanto la Nato si esercita nei Balcani, proprio mentre Tony Blinken segretario di Stato americano, arriva in Europa per incontrare gli alleati. Gli Stati Uniti di Biden saranno più impegnati nel Mediterraneo?

È una speranza. Io su questo sono piuttosto pessimista, soprattutto perché gli americani hanno già troppe gatte da pelare. L’amministrazione Trump aveva tenuto un atteggiamento morbido con la Russia, e uno duro con la Cina. Ora, nel classico gioco a tre, se l’amministrazione Biden spende posizioni di confronto duro con la Russia (cosa che del resto ci si aspettava, anche visti i legami dell’attuale presidente con l’Ucraina), vuol dire che gli Stati Uniti devono essere più elastici con la Cina. Siamo in una situazione di classico gioco a tre, che a noi italiani dà particolarmente fastidio.

Perché?

Perché noi ci giostriamo bene in un gioco bipolare. Abbiamo imparato a giocare le nostre carte nel confronto tra due super potenze. E anche se la storia ricorderà il ruolo tedesco, in realtà la Ostpolitik fu soprattutto italiana, ed ebbe il merito di rallentare le tensioni durante la Guerra fredda. In un gioco a tre diventa tutto più difficile, perché le interazioni salgono da due a sei. Per poter perseguire la nostra linea politica ideale (che è quella di San Filippo Neri), ci vogliono molti più sforzi.

Fino a qualche mese fa, il grande timore nel Mediterraneo riguardava l’escalation tra Turchia e Grecia. Poi, fortunatamente, la tensione si è abbassata. E ora?

Ora la Turchia si è calmata. Anche perché, ovviamente, si è spaventata, rendendosi conto che se avesse creato un incidente stupido, avrebbe avuto a che fare non con la Grecia, ma con l’intera Unione europea. Ormai tanti anni fa, l’allora commissaria europea Emma Bonino disse che l’Europa era un gigante economico, un nano politico e un verme militare. Ad Ankara fa paura il primo aspetto, e l’Ue ha lavorato proprio su questo per riportarla all’ordine.

Torniamo al tema iniziale, le manovre militari russe. Dobbiamo aspettarci nuovi rischi di escalation?

Direi di no. La Russia ha risposto alle parole di Biden con un piccolo show di forza, mettendo quello che aveva in mare. Tuttavia, non è interesse di Mosca alienarsi in maniera permanente gli Stati Uniti. Nel gioco strategico a tre, la Russia non può ridursi a doversi gettare per forza nelle braccia della Cina. Il nemico mortale di Mosca è Pechino. Non dobbiamo dimenticare che, dal punto di vista geo-strategico, la Russia si basa sulle ricchezze della Siberia, che è proprio la regione che Pechino ambisce a riprendersi.



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