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Abolire il cashback? Forse è meglio aggiustare il tiro e fermare i furbetti

Di Ludovico Adorno

Ci sono forze politiche che vorrebbero abolire il cashback a quattro mesi dall’inizio di questo programma. Ma a parte i “furbetti” che hanno trovato il trucco per aggirare il sistema e incassare 1.500 euro, è troppo presto per bocciare la misura tout court

Cashback sì, cashback no. Questo è il dilemma che affligge ancora la maggioranza guidata da Mario Draghi, nonostante sia stato superato il primo scoglio del dl “Sostegni” licenziato nei giorni scorsi dal Consiglio dei Ministri. Nelle ultime settimane, da più parti e in maniera sostanzialmente trasversale nell’arco politico, una delle misure simbolo del Governo Conte 2 ha ricevuto critiche e richieste di cancellazione in maniera tranchant, con l’obiettivo di destinare le residue risorse alle imprese in difficoltà.
Da ultimi, il Sottosegretario all’economia Durigon, in una intervista al Messaggero, si era detto più che possibilista di “stoppare” la misura cashless già a luglio per destinare i fondi ai ristori mentre il Ministro per l’innovazione ha pronunciato parole di soddisfazione riguardo l’impatto del cashback (non considerando uno scandalo la sua eventuale interruzione) grazie al quale “molti italiani hanno imparato o cominciato a fare cose che prima non facevano”.
 Certo, i problemi non sono mancati e nessuno li ha negati: dalle difficoltà di accesso all’app IO, alla registrazione dei metodi di pagamento sulla stessa app, fino ai “furbetti” che, per ottenere il super cashback, ovvero il bonus che permette ai centomila italiani che hanno registrato il maggior numero di transazioni elettroniche di ottenere un ulteriore rimborso di 1.500 euro a semestre, fanno decine di micro transazioni presso lo stesso esercente.
Tuttavia, cancellare sic et nunc tale iniziativa, a prescindere da ciò che se ne pensi e al netto dei problemi che andrebbero comunque risolti, potrebbe rivelarsi un autogol. Pur avendo a nostra disposizione delle evidenze statistiche riguardo l’adesione al cashback, non sappiamo ancora bene quali siano gli effetti che questo è in grado di sviluppare.
Se i miliardi stanziati dall’ex governo si dovessero rivelare utili a far emergere parte dell’economia sommersa, far crescere i consumi presso gli esercizi fisici, incentivare le transazioni elettroniche e, infine, conferire alle persone una maggiore dimestichezza con l’uso degli strumenti digitali in genere, stabilendo quindi anche un effetto moltiplicatore delle risorse stanziate, tali fondi non si rivelerebbero una semplice regalia bensì un investimento in digitalizzazione, in trasparenza e in legalità.
Meno di quattro mesi dall’avvio dell’iniziativa, partita tra l’altro con una macchinosa fase sperimentale, sono tutt’altro che un periodo accettabile per poter valutare una misura così complessa e di ampio respiro. A tutt’oggi, e nonostante gli evidenti segni di crescita, rimaniamo una delle ultime economie in Europa sia per quanto riguarda l’incidenza dei pagamenti non in contanti sia per quanto riguarda il livello di competenze digitali dei cittadini (24° posizione su 27 economie UE) ma pretendiamo che vi siano effetti tangibili, evidenti ed inconfutabili del cashback dopo pochi mesi, tra l’altro caratterizzati da chiusure e limitazioni negli spostamenti, ciò che certo non può favorire gli acquisti presso gli esercizi fisici.
Come spesso accade, al di là di altre ipotetiche e complesse rivisitazioni in corso di valutazione di cui andrebbe attentamente valutato l’impatto, una soluzione potrebbe essere trovata nel compromesso: la cancellazione del super cashback che a tutti gli effetti si è rivelato la vera pietra dello scandalo, salvando però il cashback ordinario la cui portata innovatrice è di gran lunga superiore all’investimento sostenuto.
Questa potrebbe essere una soluzione win win, o da bicchiere mezzo vuoto se si è fortemente pessimisti, che consentirebbe di destinare risorse ulteriori alle imprese in difficoltà senza smantellare un apparato tecnologico e culturale per il quale sono state già investite numerose risorse, soprattutto pubbliche.
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