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Le leggi dell’Era Digitale e perché trasgredirle. Il libro di Francesco Varanini

Quali solo le regole dell’Era Digitale? A questo e ad altri quesiti ha risposto Francesco Varanini, nel suo libro “Le cinque leggi bronzee dell’Era Digitale. E perché conviene trasgredirle”, edito da Guerini e associati. Un saggio che fa luce sulla natura umana al cospetto della rivoluzione tecnologica e che illustra quali sono i principi fondamentali che governano questa nuova fase storica. Chi c’era e cosa si è detto durante la presentazione del volume

“Io credo che la storia del Ventesimo secolo sia la storia del fenomeno informatico. È nella metà del secolo scorso che l’umanità ha compreso che la macchina poteva non solo coadiuvare le nostre attività, ma anche sostituirle”. Così ha esordito l’autore del libro Le cinque leggi bronzee dell’Era Digitale. E perché conviene trasgredirle, Francesco Varanini, in occasione del webinar patrocinato da Formiche e Tempi durante il quale sono intervenuti oltre all’autore, anche Antonio Pilati, già consigliere d’amministrazione Rai, il direttore della rivista Formiche Flavia Giacobbe, il giurista Andrea Nobili e il semiologo Ugo Volli.

LA MACCHINA CI SOSTITUIRÀ?

Francesco Varanini, analizzando criticamente alcuni saggi di Alan Turing, fa luce sulla propensione umana al superamento del sé, o meglio, al superamento della propria natura esistenziale: “Il bisogno umano di farsi sostituire nelle capacità più elevate come il pensare o il governare è esploso nell’età digitale”, sostiene Varanini. E così ha affermato anche Antonio Pilati: “La rivoluzione digitale ha determinato un salto di qualità. Per la prima volta nella storia, le macchine fanno calcoli mentali e questo è un ausilio alla capacità di elaborazione umana”. Al contempo, appaltando alla macchina sempre più compiti spettanti alla mente, l’umanità sarebbe a rischio. Se gli uomini si comportano come eterni “minorenni”, sarà facile per l’élite tecnologica – l’unica oligarchia che conosce, sa ed amministra il medium digitale – assumere il potere e detenerlo.

LA SUPREMAZIA TECNOLOGICA È RISCHIOSA

Fra gli effetti di un simile tetro scenario ve ne sono molti noti già a tutti. La tecnologia rischia di divenire uno strumento di controllo, se amministrato solo dalla minoranza “illuminata”. Nel corso della presentazione è emerso che è proprio su questo punto che rilevano i rischi di una supremazia del tecnologico sull’umano. Quando è solo una piccola oligarchia a detenere le conoscenze e quindi il potere, il pericolo di oppressione sulla popolazione è molto alto. È per questo che – e l’evento in ciò è stato illuminante – è la regolazione della Rete l’unico elemento capace di ostacolare l’avvento di dittature della tecnologia o tecnocrazie.

NON PERDIAMO IL NOSTRO “ESSERE UMANI”

Su questi aspetti si è concentrato l’intervento del direttore della rivista Formiche, Flavia Giacobbe, che ha tentato di analizzare “le connessioni tra digitale e politica, tra informazione e disinformazione e la corsa alla supremazia tecnologica”. È quindi emerso che “la tecnologia da strumento positivo è diventata strumento di oppressione e controllo. L’Era Digitale è un tradimento e ciò, oggi, si lega al tema della sorveglianza sulla cittadinanza: si è impostato un capitalismo della sorveglianza, come sostiene Shoshana Zuboff, di Harvard university, di recente ospitata sul tema dalla nostra rivista”.

UNA E-EDUCAZIONE PER DIFENDERE LE NOSTRE LIBERTÀ

Il direttore ha poi aggiunto che “è il caso di affrontare anche il caso cinese. Gli strumenti digitali possono mettere a rischio la libertà della cittadinanza? Io credo di sì”, ha continuato, “perché, come ha scritto il filosofo Luciano Floridi, nella società dell’informazione chi crea le domande e ne controlla le risposte, controlla la realtà. È fondamentale quindi valutare l’uso positivo del digitale nei Paesi democratici, bisogna fare di questa identità un elemento di distinzione strategico rispetto agli Stati non democratici”. Il direttore ha poi aggiunto in chiusura che “ciò che conta è ridare dignità al nostro essere umani, per non essere sudditi di chi detiene il potere tecnologico, serve una e-educazione”.

È A RISCHIO ANCHE LA COMUNICAZIONE PUBBLICA

“È proprio la pervasività del fenomeno della digitalizzazione a porre l’accento sull’importanza di normare l’attività delle cosiddette infrastrutture social”, ha sostenuto poi Antonio Pilati. Esse sono padrone assolute degli spazi pubblici, delle piazze virtuali che oggi più che mai sono parte del nostro vivere comune. Secondo Pilati, i social media avrebbero un ruolo fondamentale nella costruzione dell’opinione pubblica: “Le reti costruite dai social media sono indispensabili per il funzionamento della comunicazione di oggi ed hanno un grande potere di influenza sulla libertà di espressione, l’architrave fondamentale della democrazia. E bisognerà trovare delle soluzioni normative adatte al caso”. In effetti il potere esercitato delle Big della Rete è grande, essendosi rese, in pandemia, sempre più indispensabili.

LA CAPACITÀ NORMATIVA DEI BIG DELLA RETE

Il secondo tema importante, ad avviso di Antonio Pilati, sarebbe poi “la capacità di questi gruppi digitali di normare, essendosi creati una sorta di giurisdizione che ne comprova il loro essere a sé stanti, al di là delle strutture statali. Esse tendono a farsi Stato, a divenire protesi dello Stato. Oppure è lo Stato stesso ad affidarsi a loro”. Ha aggiunto poi Antonio Pilati “che un simile scenario apre alla sorveglianza, allo Stato che pervade ogni angolo della vita privata”. “Ma ciò accade anche nelle democrazie e dobbiamo guardarcene”.

IL DIRITTO DI ACCESSO ALLA RETE

Sorge quindi quasi spontaneo domandarsi quale sia il ruolo dello stato di diritto in questa corsa alla supremazia tecnologica. Il giurista Andrea Nobili, ha tenuto a riassumere le diverse posizioni emerse nel corso della discussione, evidenziando che la rivoluzione digitale ha influenzato anche il diritto per come lo conoscevamo. “Oggi, ci approcciamo a internet o ai social media, dando per scontato il nostro diritto di accesso alla Rete, ma esso è sempre più un diritto fondamentale, base per l’esercizio di altri diritti. Come già osservato dal costituzionalista Rodotà, il diritto di accesso alla Rete è una condizione necessaria per l’effettività di altri diritti”.

È IMPORTANTE REGOLARE

“Questo è un passaggio importante che sottolinea in questi ultimi anni il ruolo che la Rete ha avuto nell’accelerare al democrazia, pensiamo alla Birmania o alle Primavere Arabe”. È possibile davvero, allora regolamentare il web? A questo la giurisprudenza non sa ancora rispondere perché “quale sarebbe la fonte più appropriata per farlo? La self-regulation è e continuerebbe ad essere una pantomima”. Eppure è la soluzione più inflazionata, in assenza di regole imposte dagli Stati, ha concluso Nobili.

DAI PADRONI DEL VAPORE AI PADRONI DELLA RETE

“Ma se il tema principe della tecnologia è il codice com’è che siamo arrivati al potere?”. La domanda era riferita al semiologo Ugo Volli, che ha confermato che l’élite che detiene il potere e la conoscenza sulla tecnologia “è un’oligarchia importantissima molto più forte degli Stati e che agendo con scarsa legislazione può fare ciò che vuole mettendo a rischio la nostra vita associata quotidiana”. “I padroni del vapore della rivoluzione industriale sono oggi i padroni della Rete”.

UN RISCHIO ANCHE SEMIOTICO

Dal punto di vista tecnico, il semiologo ha tenuto a sottolineare che “l’essere umano utilizza meccanismi tecnologici come strumenti fin dall’inizio della civiltà; l’umanità costruisce strumenti per affidargli pezzi della propria vita, ad oggi invece di avere strumenti sempre utili abbiamo qualcosa che si suppone possa pensare al posto nostro”. “E questo è un oscuro desiderio di chi l’ha progettato”. Ma allora “cosa farà l’uomo quando riusciremo a pensare con la macchina?”. “Cosa l’uomo sarà in grado di fare quando la differenza fra i codici ed i linguaggi umani sarà sempre più profonda?”. Anche in questa differenza semiotica risiede il rischio di una totale pervasione della macchina nella quotidianità umana.

IL PENSIERO COMPLESSO È LA CHIAVE

È per questo che le cinque regole bronzee dell’Era Digitale dovrebbero essere trasgredite, secondo l’autore Varanini, che in chiosa all’evento ha voluto aggiungere: “Di questi argomenti è importante che non se ne occupino solo le persone con formazione tecnica. Esse sono state abituate a pensare stando dentro degli schemi, la visione della complessità filosofica delle cose sarebbe persa nel ragionamento dello sviluppo degli strumenti digitali”.



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