Le vicende di Anagni e il lungo articolo del New York Times International su AstraZeneca sarebbero una nota principalmente di colore se non avessero effetti sia sul programma vaccinale sia sulla coesione dell’Ue nella battaglia contro il Covid-19
“Perché men paia il mal futuro e ‘l fatto,
veggio in Alagna intrar lo fiordaliso,
e nel vicario suo Cristo esser catto.
Veggiolo un’altra volta esser deriso;
veggio rinovellar l’aceto e ‘l fiele,
e tra vivi ladroni esser anciso.”
(Dante, Purgatorio, Canto XX, vv. 85-90)
Nei giorni delle celebrazioni dantesche e del Consiglio europeo dedicato alla pandemia ed ai programmi vaccinali, AstraZeneca ci ha fatto ricordare il tempo del liceo: i versi del Purgatorio dedicati a quello che, nella vulgata viene ricordato come “lo schiaffo di Anagni”. Nel 1303 Guglielmo di Nogaret, membro del Consiglio di Stato di Francia, si trovava in Italia in missione diplomatica per conto di Filippo IV. Avuta notizia il 2 settembre 1303 che ad Anagni il papa avrebbe pubblicato la bolla papale Super Petri solio, con lo scopo di scomunicare il Re di Francia, Nogaret si diresse verso la città, unendosi alle forze di Giacomo Colonna, detto “Sciarra”. Nogaret e Sciarra si introdussero ad Anagni poco prima dell’alba del 7 settembre. I soldati guidati da Sciarra saccheggiarono il quartiere Caetani e assediarono il palazzo in cui si trovava il papa. Il Pontefice fu trattenuto nell’episcopio annesso alla Cattedrale e sottoposto a varie angherie e privazioni. Sembra, a questo punto, che Guglielmo di Nogaret e Colonna cercassero di costringere il papa, oltreché a ritirare la bolla, anche ad abdicare oppure a seguirli a Parigi; i due avrebbero però avuto dubbi ed esitazioni. Accadde così che, dopo due giorni di prigionia, Bonifacio VIII venisse liberato dagli anagnini, che presero le difese del pontefice loro concittadino, ribellandosi ai congiurati. Una volta liberato, il Papa, dopo aver benedetto e ringraziato gli anagnini, rientrò rapidamente a Roma. In ogni caso la morte di Bonifacio, un solo mese dopo questo evento, darà poco tempo dopo il via libera al controllo della Francia sul papato e, di conseguenza, al trasferimento della sede papale ad Avignone.
Storia antica mista a leggenda che torna alla mente quando si legge delle vicende, ancora misteriose dell’enorme deposito di fiale vaccinali di AstraZeneca trovato ad Anagni a ragione di una “soffiata” da Bruxelles che ha allertato le autorità italiane, le quali, a loro volta, hanno avviato i pertinenti controlli. Lo “schiaffo”, avvenuto proprio alla vigilia del Consiglio europea, veniva aggravato la mattina della riunione dei capi di Stato e di governo dell’Unione europea (Ue) da un lungo articolo del New York International (“spalla” di prima pagina ed un terzo circa della quarta pagina) imperniato sulle inefficienze del programma vaccinale in Europa ed in particolare su presunte scorrettezze dell’azienda farmaceutica anglo-svedese che avrebbe “massaggiato” i dati presentate alle autorità regolatorie americane. Sta ai legali dell’azienda decidere se smentire (e in che modo) il servizio del quotidiano americano, dato che l’analisi del New York Times International non può non scuotere la fiducia nel vaccino, già messa a dura a prova dopo la sospensione cautelativa un alcuni Stati dell’Ue.
Le vicende di Anagni ed il lungo articolo del New York Times International su AstraZeneca sarebbero, infatti, una nota principalmente di colore se non avessero effetti sia sul programma vaccinale sia sulla coesione dell’Ue nella battaglia contro il Covid-19. Come sappiamo, il Consiglio europeo è durato solamente una mezza giornata (delle due previste) e non ha sfiorato numerosi punti all’ordine del giorno (la “bussola per il digitale”, la situazione nel Mediterraneo orientale, le relazioni Ue-Turchia) proprio perché l’andamento del piano vaccinale ha innescato disaccordi tra i leader presenti, disaccordi che il Presidente del Consiglio italiano Mario Draghi ha cercato di disinnescare delineando una linea, al tempo stesso, semplice e rigorosa per fare sì che le aziende farmaceutiche ottemperino agli impegni presi con la Commissione europea e, quindi, con gli Stati dell’Ue ed i loro cittadini.
Ormai, però, lo “schiaffo di Anagni” si è verificato e Bonifacio VIII (nel caso specifico, la Commissione europea) ha perso prestigio e autorevolezza. Ciò le renderà molto più difficile delineare piattaforme di proposte e mediazione per i due temi caldissimi che ci si augurava sarebbero stati almeno sfiorati al Consiglio del 25 marzo: quali regole dare all’unione monetaria quando terminerà la “sospensione” di quelle definite nel Trattato di Maastricht e nel Patto di Crescita e di Stabilità e quali saranno le norme in materia di “aiuti di stato” quando sarà terminato il regime “provvisorio” ora in vigore. E ingrossa le file degli “euroscettici” e degli “europerplessi”.