Allo stabilimento abruzzese Sevel di Atessa, l’ad di Fiat Sergio Marchionne si è lanciato in gesti d’apertura inaspettati, specialmente verso la Fiom di Maurizio Landini. Ma le precisazioni che hanno seguito, e corretto, le sue dichiarazioni prendono il sapore dell’annuncio, più che quello del nuovo corso anche nelle relazioni sindacali del Lingotto.
Bene un incontro con la Fiom, ma nessuna modifica agli accordi già siglati. Sì agli investimenti nel Paese, ma pronti a bloccare ogni piano, e a considerare quello di Sevel l’ultimo in Italia, senza regole certe. Consapevolezza che sia necessaria una pace sindacale, ripartendo dal valore del lavoro, senza dimenticare di sottolineare i “comportamenti violenti e il boicottaggio del nostro impegno considerati esercizio di diritti anche da autorevoli istituzioni”. Ecco in sintesi il Marchionne pensiero, come espresso oggi.
Sì a nuovi investimenti in Italia, ma solo con regole certe
Stiamo facendo tutto il possibile per non lasciare i nostri impianti”, ha detto Marchionne, intervenendo nello stabilimento Sevel alla presentazione dell’investimento per il restyling del Ducato. Marchionne ha sottolineato che così “difendiamo il nostro sistema produttivo”.
“Continuiamo a credere e a investire in Italia”, ha proseguito. L’investimento da 700 milioni di euro in cinque anni, di cui 550 milioni di euro provenienti da Fiat-Chrysler e 150 milioni da Psa (Peugeot, Citroen) includeranno l’inserimento di 60 robot di lastratura e il rinnovo di 25 sistemi di spruzzatura e verniciatura, un nuovo impianto di assemblaggio e la riorganizzazione logistica e predisporranno lo stabilimento per la produzione di una più ampia gamma di prodotti al fine di soddisfare le diverse e molteplici esigenze dei clienti e del mercato.
Ma la doccia fredda non ha tardato ad arrivare, con la minaccia dello stop agli investimenti in Italia senza un quadro certo di regole. Lasciando lo stabilimento di Atessa, Marchionne ha infatti ribadito che “senza regole certe l’investimento alla Sevel sarà l’ultimo in Italia. Prima di avviare qualunque altra iniziativa in Italia, abbiamo bisogno di poter contare sulla certezza di gestione e su un quadro normativo chiaro ed affidabile.
Sì a vedere la Fiom, ma niente modifiche agli accordi
La Fiat accoglie inoltre l’invito del leader della Fiom, Maurizio Landini, per un incontro che metta fine alle liti giudiziarie tra il Lingotto e le tute blu della Cgil. “Siamo più che disposti a incontrare la Fiom, ma senza mettere in discussione gli accordi già presi” con le altre sigle sindacali.
“In gioco – ha aggiunto – c’è la speranza di far rinascere il sistema industriale del paese”.
La lettera della Fiom
All’indomani della sentenza della Consulta che giudica incostituzionale l’estromissione della Fiom dalle fabbriche del Lingotto, Maurizio Landini ha proposto infatti di tornare ai tavoli sindacali: è stata inviata ieri pomeriggio dall’ufficio del segretario generale della Fiom ai vertici del Lingotto, il presidente John Elkann, l’ad Sergio Marchionne e il responsabile delle relazioni industriali, Pietro De Biasi: “Gentilissimi – è scritto – la recente pronuncia della Corte Costituzionale indica a tutti l’opportunità di superare le vie giudiziarie e di costruire un più proficuo e utile confronto di natura negoziale sulla base di normali e qualificate relazioni industriali, capaci di affrontare al meglio la difficile situazione produttiva e occupazionale che coinvolge le lavoratrici e i lavoratori di tutto il gruppo Fiat”.
La pace sindacale, e la frecciatina alle istituzioni
“Il Paese ha bisogno di ritrovare una pace sindacale perché, oggi più che mai, è essenziale lavorare in uno spirito di collaborazione se vogliamo far ripartire lo sviluppo“, ha sottolineato Marchionne. “Adesso è il momento di mostrare che siamo all’altezza della situazione. E’ il momento di ripartire e di farlo nel modo che conosciamo meglio, dal valore fondamentale su cui questo Paese è stato fondato: il nostro lavoro”. Un discorso da grande pacificatore quello di Marchionne, che non ha tralasciato una frecciatina alla presidente della Camera Laura Boldrini che negli scorsi giorni aveva rifiutato lì’invito Fiat in uno dei suoi stabilimenti. “Comportamenti violenti e il boicottaggio del nostro impegno considerati esercizio di diritti anche da autorevoli istituzioni”
La polemica sul vescovo di Nola
L’apertura di Landini viene all’indomani delle polemiche di Pomigliano dopo la lettera del responsabile dello stabilimento Fiat che criticava il vescovo di Nola per essere andato a portare solidarietà ai cassintegrati in una manifestazione indetta da Fiom e Cobas. Ieri mattina a Torino, Marchionne ne ha parlato in un faccia a faccia inatteso, all’Unione industriale, con il vescovo torinese Cesare Nosiglia che ha chiesto conto dell’attacco della Fiat al suo confratello di Nola: “Il vescovo di Nola è stato messo in una situazione difficile”, ha replicato l’ad del Lingotto.
La sindrome d’accerchiamento secondo Sel
“Nella Fiat stile Marchionne qualunque gesto di autonomia alimenta la sindrome di accerchiamento. C’è una volgarità autolesionista: chi glielo fa fare alla Fiat di dire che il vescovo di Nola si schiera con i violenti? Forse per loro la normalità è un padre padrone che guadagna 450 volte più di un dipendente del suo gruppo? C’è chi ha scelto Marchionne come propria icona, anche a sinistra. Noi preferiamo Laura Boldrini”, scrive Sel su Facebook.