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Industria farmaceutica, l’ostilità italiana e una lezione dagli Usa. Scrive Paganini

Il settore farmaceutico è strategico sia in termini sociali ed economici, sia, come la pandemia dimostra, in termini geopolitici. Servono quindi politiche industriali e strategiche. Il commento di Pietro Paganini (Competere)

La burocrazia sta contrattaccando l’industria farmaceutica. Con una serie di operazioni chirurgiche lo Stato minaccia l’operato delle aziende farmaceutiche sperando di ottenere, in ritorno, un trattamento migliore sui vaccini contro il virus del Covid-19.

Questo atteggiamento si somma all’ostilità verso le case farmaceutiche del dibattito politico, dei media, e di una parte ideologizzata dei cittadini.

Durante le crisi, come la pandemia attuale, i conflitti ideologici, si deteriorano. Quello contro le case farmaceutiche è uno scontro ideologico, di natura storicista, che dura da decenni. Ma la responsabilità di questo conflitto va ricercata anche in chi ha gestito e rappresentato il settore del farmaco: si è sempre e solo rapportato con il potere burocratico e istituzionale, ignorando i cittadini. Questi avrebbero dovuto essere coinvolti, avvicinati alla scienza e al metodo sperimentale, così come avrebbero dovuto ricevere gli strumenti per educarsi alla cultura del mercato, dell’imprenditoria, della ricerca e dell’innovazione. Non lo ha fatto lo Stato, non lo ha fatto l’industria più grande, perché avrebbe dovuto investire quella del farmaco?

Il settore farmaceutico è uno dei più regolati per tutelare gli interessi alla salute (ma anche finanziari) dei cittadini. È tra i più burocratici anche per coprire le inefficienze e le magagne dello Stato. È anche tra i meno liberi e concorrenziali, tanto che lo Stato si pone da filtro tra il mercato e i cittadini – vietando la comunicazione sui farmaci non da banco. Negli Usa funziona diversamente, per fortuna.

I governi europei sono in evidente difficoltà. È comprensibile, dopo gli errori della Commissione per cui nessuno ancora è stato cacciato. È vero che alcuni governi, come la Commissione Ue hanno finanziato la ricerca sui vaccini. Questo non autorizza la scelta suicida di sospendere i brevetti di cui ho già scritto qui. Le volontà andavano espresse in sede di negoziazione cioè al momento dei finanziamenti, non ex-post. È l’ennesimo disperato tentativo di nascondere gli errori commessi appellandosi all’emotività dei cittadini attraverso la solita narrazione religioso marxista.

Il settore farmaceutico è strategico sia in termini sociali ed economici, sia, come la pandemia dimostra, in termini geopolitici. Servono quindi politiche industriali e strategiche. Piuttosto che ricorrere alle piccole ritorsioni tipiche di burocrati caduti in trappola, sarebbe opportuno impegnarsi a creare un tavolo interministeriale per arrivare a scelte che assicurino agli italiani cure nuove e innovative, rapide, e accessibili, soprattutto nei momenti di crisi, e possibilmente prima degli altri Paesi. Così si assicurano il benessere e la prosperità dei cittadini.

Nel frattempo però, visto che non lo sa fare lo Stato, sarebbe opportuno che il settore farmaceutico coinvolgesse i cittadini, li avvicinasse alla scienza e al metodo sperimentale. Cittadini più informati sarebbero anche meno soggetti a cadere nella trappola delle emozioni.



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