Il gruppo di costruzioni spagnolo Acs guidato da Florentino Perez ha contattato formalmente Atlantia per acquistare Aspi offrendo 10 miliardi di euro. L’offerta supera quella del consorzio Cdp con i fondi Blackstone e Macquarie pari a circa 9,1 miliardi di euro
La vicenda di Aspi (Autostrade per l’Italia) assomiglia sempre più ad un romanzo, od un dramma, “giallo” di Agatha Christie, con colpi di scena ogni volta che si apre il sipario. Quello di ieri sera, mentre tutti gli osservatori pensavano che si stesse arrivando alla conclusione con l’accettazione dell’offerta della Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) da parte del Consiglio d’Amministrazione di Atlantia, potrebbe essere l’ultimo. E tale da dare una soluzione all’intrigo, togliendo al governo una castagna rovente dal fuoco.
All’improvviso (ma pare che Palazzo Chigi fosse stato informato) il gruppo di costruzioni spagnolo Acs guidato da Florentino Perez ha contattato formalmente Atlantia per acquistare Aspi offrendo 10 miliardi di euro. L’offerta supera quella del consorzio Cdp con i fondi Blackstone e Macquarie pari a circa 9,1 miliardi di euro.
Acs, guidata da Florentino Perez uno degli uomini più ricchi di Spagna, punta ad aggiungere Aspi alla sua rete di strade a pedaggio, che gestisce attraverso partecipazioni in Abertis, una società partecipata insieme ad Atlantia. “Data la stretta relazione con il nostro gruppo a seguito dell’acquisizione congiunta di Abertis, Acs ha seguito la situazione di Aspi negli ultimi mesi e crediamo che Aspi sia un asset interessante che si adatta perfettamente alla strategia di lungo termine di Acs”, scrive Perez nella lettera ad Atlantia aggiungendo di valutare Aspi tra i 9 e i 10 miliardi di euro. Perez, che è anche presidente del Real Madrid, ha aggiunto che Acs sarebbe disposta ad accogliere altri investitori nell’offerta, tra cui Cdp. La controllata del ministero dell’Economia e delle Finanze, quindi, potrebbe entrare in Aspi ma come azionista di minoranza.
Il cambio di azionista principale di Aspi liberebbe la società di una parte del “peso” emerso dalle indagini e dalle intercettazioni che hanno coinvolto anche gli azionisti. Questo forse spiega anche il prezzo al rialzo che si potrebbe permettere di offrire un nuovo azionista non italiano.
Soprattutto, toglierebbe il governo da un forte pasticcio. Come abbiamo sostenuto più volte su questa testata se Cdp fosse diventata l’azionista principale di Aspi si sarebbe aperto un enorme conflitto di interessi perché il concessionario sarebbe almeno potenzialmente diventato colui che nomina il regolatore: il Consiglio dell’Autorità per i Trasporti è nominato dal Consiglio dei ministri, di cui componente di grande rilievo è il ministro dell’Economia e delle Finanze che, a sua volta, è il principale azionista di Cdp e ne nomina i vertici. Proprio per aiutare ad uscire da questo “maledetto imbroglio”, l’8 aprile l’Istituto Bruno Leoni ha pubblicato un Focus (digita qui) in cui si propone una soluzione ingegnosa: la nazionalizzazione temporanea di Aspi che sarebbe stata acquistata non dalla Cdp ma direttamente dal ministero dell’Economia e delle Finanze con l’obbligo di rivendere l’azienda, dietro asta pubblica internazionale, entro un giro di pochi mesi.
L’offerta Acs supera questo nodo e cambia le carte in tavola offrendo una soluzione a un nodo politico, diventato bandiera identitaria del Movimento Cinque Stelle (M5S) senza cadere nel “maledetto imbroglio” del conflitto di interessi.
C’è un altro aspetto importante: si creerebbe un polo industriale europeo come proposto da anni, ad esempio dalla Francia con il Rapport Beffa del 2005 e con Rapport Gallois del 2012 (Beffa e Gallois sono i nomi rispettivamente di un noto industriale e di un celebre tecnocrate). Di fronte alla pandemia, ci si rende conto di quanto sia grave non avere un “campione industriale europeo” nel farmaceutico: ha tentato la francese Sanofi, che però non ha fatto molti progressi nello sviluppo del vaccino e la cui collaborazione con Pfizer Biontech è limitata alla concessione degli impianti per la produzione del “loro” vaccino. Non lo è Stellantis , nata dalla fusione tra Fca e Psa (ossia Fiat, Chrysler , Peugeot, Citroen, Opel, Vauxhall) perché, anche se la sede fiscale è in Olanda, quella operativa è a Londra e la visione è “mondialistica” più che europea.