Dopo il processone del secolo scorso, istruito dalle toghe di Palermo a Giulio Andreotti, quello più importante dei primi 20 anni del 2000, che resterà nella storia del Paese, sarà trattato dalla sezione Feriale della Cassazione, che sinora non si era mai occupata di questioni cruciali. Infatti, le toghe di ermellino della Feriale, tra la fine di luglio e i primi di settembre, quando gli altri giudici sono in vacanza, lavorano solo per sbrigare le urgenze e deliberare su casi, che coinvolgono imputati detenuti.
Politica in fibrillazione, dunque, per il giudizio sul Cavaliere, anticipato al 30 luglio.La Corte, presieduta da Amedeo Franco, 70 anni, potrà accogliere uno dei molti motivi di ricorso contro la condanna, elaborati dall’avv.Niccolò Ghedini, nominato senatore dal suo più ricco e noto cliente, e dallo stimato prof.Franco Coppi, e e in tal caso annullare la sentenza : o senza rinvio, con assoluzione, definitiva, dell’ex premier, o con rinvio a un altro processo in Corte d’Appello su specifici punti, che sarebbero indicati nelle motivazioni. Oppure la Corte potrà far diventare definitiva la condanna di Berlusconi, sia nella reclusione a 4 anni ( di cui, tuttavia, 3 cancellati dall’indultone Mastella-Manconi del 2006) sia nella pena accessoria dell’interdizione, per 5 anni, dai pubblici uffici.
Seppure divenisse definitiva, l’interdizione, comunque, avrà un’ultima coda, in Parlamento. Spetterà, infatti, alla Giunta per le immunità prendere atto della sanzione e deliberare, con il voto, la decadenza da senatore del fondatore di Mediaset e la sua incandidabilità per 5 anni.
A quel punto, non è automatico che al Cav.vengano concessi gli arresti domiciliari o l’affidamento ai servizi sociali.
Come, alla fine del 1994, fu decisivo un avviso di garanzia, inviato dalla Procura di Milano all’allora premier, e anticipato dal “Corriere della Sera”, diretto da Paolino Mieli, mentre presiedeva, a Napoli, un vertice di Capi di Stato e di governo sulla criminalità, ad accelerare la crisi del primo governo Berlusconi, anche stavolta il quotidiano milanese ha svolto un ruolo cruciale. “Il Foglio” ha definito un “pizzino” di avvertimento l’articolo, stampato ieri, in prima pagina, dal giornale di via Solferino, che individuava una mina, in grado di affossare il processo per i diritti tv, avviandolo verso un nuovo giudizio d’Appello, dagli esiti imprevedibili. E l’autore dello “sgub”, Ferrarella, spiegava l’incastro della prescrizione e la parziale salvezza per l’imputato se davvero, come si ipotizzava fino a ieri pomeriggio, la Suprema Corte avesse fissato in autunno l’udienza Mediaset.
Stamane lo stesso “Corrierone”, pilatescamente, sostiene che, d’ora in poi, la giustizia dovrà esser veloce per tutti e non solo con Berlusconi. E’ un fatto che, per la terza volta, questo processo ha messo “il turbo” : dopo che, in primo grado, erano state pronunciate, in contemporanea, sentenza e motivazioni e in Appello la Corte aveva impiegato appena 15 giorni a spiegare i motivi della stangata-bis.
In nome della trasparenza, forse, sarebbe opportuno che de Bortoli- il direttore di un quotidiano con la proprietà contesa e con l’imprenditore Della Valle, che sollecita a Napolitano un intervento a favore della stampa libera e indipendente-spiegasse le ragioni, che lo hanno spinto a stampare, con risalto, un’analisi, “tecnica” e giuridica, sulla tempistica di un pur rilevante processo.
Ancora una volta, è la politica a restare scottata dal cortocirucito mediatico-giudiziario. Succede ormai dal lontano 1993, quando il cosiddetto “Parlamento degli inquisiti” fu spinto dal pool “Man Pulite” di Di Pietro e Borrelli a modificare, rapidamente, l’articolo 68 della Cotituzione. E i parlamentari si spogliarono di ogni argine contro le incursioni del potere giudiziario. Da allora, il PDS, poi DS, oggi PD ha sempre difeso le “toghe rosse e resistenti” al Cav. : un grave errore, poichè pure i progressisti sono esposti agli stessi rischi, che a fine luglio potrebbero tagliare la testa dell’odiato “principale esponente dello schieramento avversario”, di veltroniana memoria.
Tutto questo in nome di un moralismo giacobino, dal quale sinora si è dissociato, con voce troppo flebile, solo il giovane Presidente dei deputati del PD, Speranza, spronando il centrosinistra e i suoi leader, da Letta a Renzi ad “affrontare le grandi questioni della giustizia, liberi dal peso di Berlusconi. I problemi, molto gravi, della giustizia non possiamo, sempre, ridurli alla eterna vicenda del Presidente del PDL ! ”