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Parlando di energia sui quotidiani

Che il tema dell’energia sia di maggiore interesse lo dimostra la frequenza con cui se ne sta parlando sui quotidiani. Qualche commento su alcune notizie uscite.

Energia europea cara e meno pulita. Sorpresa: l’America taglia le emissioni di gas serra più in fretta della Ue (Corriere della Sera, 2 giugno 2013).

Si è parlato su alcuni quotidiani dell’importante fenomeno del gas di scisto e delle modifiche che sta portando alla geopolitica degli idrocarburi, fra cui un calo dei prezzi del gas naturale con conseguente maggiore utilizzo negli USA (e riduzione delle emissioni di CO2), cui si contrappone un accresciuto uso del più economico carbone nella UE (aumento delle emissioni). Va però notato che l’Europa parte da un consumo energetico procapite 2,5 volte inferiore agli USA, per cui rimane in una posizione meritoria sul piano ambientale. Ciò comporta che nella UE decarbonizzare ancora costi di più, ma dovremmo comunque vantarci della posizione di leadership. Quel che manca all’Europa è una politica che valorizzi gli sforzi fatti e consenta di recuperare parte dei costi sostenuti, con una carbon tax sui prodotti non ecocompatibili. In assenza di misure di questo tipo non si stimolano i Paesi BRIC a investire nella tutela dell’energia e dell’ambiente, si spingono le imprese a delocalizzare (un po’ come spazzare la sporcizia da una stanza all’altra) e si soffre solo per mancanza di competitività. Il tema è chiaramente complesso e meriterebbe un approfondimento.

Sette anni dopo il lancio, si può dire che la politica di sostegno all’energia solare in Italia è stata un flop (Corriere della Sera, 5 giugno 2013). 

Si tratta in effetti di un caso all’italiana di errata progettazione e gestione di una politica di sostegno – uno dei tanti, va detto –, ma il calo del prezzo dei pannelli fotovoltaici (oggi si può realizzare un impianto a un quarto del prezzo di qualche anno fa), i GW installati e le aziende impegnate sono un risultato importante. Per renderlo un successo occorre che la crescita continui. Il nostro sistema elettrico è stato rivoluzionato nel mix produttivo e nel rendimento e dovremmo essere tanto bravi da abbandonare le critiche sterili da allenatori del lunedì (gli stessi che il sabato lodavano o tacevano) a favore di politiche costruttive, capaci di capitalizzare i benefici conseguiti in patria e di farli fruttare in termini di know-how e trasferimento tecnologico nei Paesi che sono all’inizio del processo.
Il fotovoltaico – che rischia di acquisire ingiustamente una cattiva nomea a causa delle politiche nazionali sbagliate – è una tecnologia positiva e utile, da installare preferibilmente sugli edifici, la cui non programmabilità può e potrà sempre più essere alleviata con i sistemi di accumulo, se necessario. La generazione tradizionale d’altro canto continuerà ad avere un ruolo fondamentale per la stabilità della rete e la generazione quando idroelettrico, fotovoltaico ed eolico sono in pausa. L’Italia ha una parco termoelettrico molto efficiente di cui può vantarsi (e che sarà sempre più costoso da usare). Si tratta di una trasformazione epocale di cui ancora è difficile comprendere appieno gli effetti, non solo tecnici.
Il fallimento, dunque, non è della tecnologia, ma delle politiche nazionali (non solo sugli incentivi al fotovoltaico e non solo nel settore dell’energia). L’immagine in evidenza è tratta dalla Staffetta quotidiana dell’1 luglio 2013 e sintetizza bene tale problema.

Pale eoliche e centrali nucleari spente In bolletta un conto di 230 euro (Corriere della Sera, 6 giugno 2013).

Avere raggiunto a maggio un 30% di produzione nazionale rinnovabile ha un prezzo. L’Autorità per l’energia per il secondo trimestre 2013 indica per l’utente residenziale in 93 euro/anno il costo degli oneri di sistema (che comprendono altre voci quali ricerca, dismissione nucleare, sussidi vari). Sono cioè 34 euro/MWh, e non 230 euro come afferma Sergio Rizzo (che questa volta ha toppato…), da confrontare con i 20-30 euro/MWh di costi che il programma europeo ExternE assegnava alla generazione elettrica a gas per l’Italia*. Dunque un onere che in buona parte è coperto dai costi sociali evitati. Sono più gravi – anche se pesano meno – gli sconti agli utenti energivori che frenano le aziende dall’investire in efficienza energetica (risolvendo strutturalmente il problema dei costi elevati), descritti nello stesso articolo.

L’inflazione cala, gas e luce salgono (ma un modo per uscirne c’è) (Il Venerdì di Repubblica n. 1320, 6 luglio 2013).

L’articolo illustra come il prezzo dell’energia in dieci anni sia cresciuto del 40% per l’elettricità e del 60% per il gas, a fronte di un aumento dell’inflazione del 25%. Che il tasso di inflazione di una commodity possa essere diverso da quello generale non deve stupire, tanto più quando risulta legato in buona parte a materie prime non presenti sul territorio nazionale, se non in minima parte.   Negli stessi dieci anni (2002-2012) in realtà delle componenti del prezzo dell’energia le uniche che sono calate sono quelle legate al trasporto e alla distribuzione, grazie all’opera regolatoria dell’Autorità per l’energia. La componente sul combustibile si è sostanzialmente raddoppiata (da 40 a 80 euro al MWh) e sono stati introdotti gli oneri di sistema (24 euro al MWh). La prima voce negli ultimi mesi è calata grazie alla concorrenza stimolata dalla riduzione della domanda e dalle fonti rinnovabili, la seconda è cresciuta.
In molti mettono in discussione il fatto che gli oneri di sistema siano incorporati nella bolletta, invece che passare per la fiscalità generale. Personalmente non ci trovo niente di strano: l’energia è una merce preziosa ed è giusto che arrivino i giusti segnali di prezzo e gli oneri finanziano, in buona parte, attività che servono a migliorare il sistema (storture a parte). Si possono cercare modalità per migliorare il sistema e ridurre i costi nel medio lungo periodo, ma non esistono soluzioni miracolose e di certo non si risolve il problema introducendo sconti in bolletta per i clienti energy intensive (pagati da quelli che non sono tali). L’unico modo per tutelarsi è agire alla radice del problema con l’efficienza energetica. Nelle case, negli enti, nelle aziende.

* I costi sociali sono quelli legati all’inquinamento, alla salute e ad altre ricadute negative dovute alle attività umane; il rapporto ExternE ha cercato di valutarne l’entità con riferimento alla generazione di energia elettrica da varie fonti. Uno dei motivi per cui si ricorre agli incentivi è proprio quello di compensare i costi sociali che il mercato non include autonomamente nel costo di vendita di un prodotto o servizio.

 


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