La solidarietà e lo scandalo, a parole, non bastano più. Alexei Navalny sta morendo in carcere, in Russia. Sul rispetto dei diritti umani non possiamo transigere. Ue e Usa parlino all’unisono, ora o mai più. Il commento di Marco Zanni, eurodeputato della Lega, presidente di Identità e Democrazia
Le notizie che ci giungono in queste ore dalla Russia sulle condizioni di salute di Alexei Navalny sono molto preoccupanti.
La vicenda dell’oppositore politico ormai si trascina da mesi e già a gennaio, nel corso di un intervento in seduta plenaria a Bruxelles, avevo avuto modo di denunciarne la gravità, allertando le istituzioni nazionali ed europee sulla necessità di richiedere a Mosca maggiore chiarezza sulla circostanza dell’avvelenamento.
Adesso la situazione rischia di degenerare definitivamente e di volgere verso un epilogo tragico. Da giorni Navalny, in cella dallo scorso febbraio, è in sciopero della fame e un’equipe di medici ha avvertito che le sue condizioni di salute sono talmente compromesse da poterlo portare alla morte.
Il rispetto dei diritti umani, politici e civili deve essere alla base delle relazioni tra gli Stati membri, l’Ue e i Paesi terzi e quello che sta accadendo non solo è inaccettabile, ma necessita di una presa di posizione ferma e decisa da parte di tutto l’Occidente.
Le condanne formali non sono più sufficienti. In questo momento si rende necessario fare in modo che la Russia liberi e appresti le dovute cure a un uomo ingiustamente detenuto in carcere.
Mi auguro che in questa fase, che pure ci pone di fronte alla complessità degli equilibri geopolitici con Mosca, Stati Uniti ed Europa parlino con una voce sola e uniscano le proprie forze per dare una svolta finalmente positiva al caso dell’oppositore russo.
Se osserviamo la gestione del “fenomeno-Navalny” dalla prospettiva europea, infatti, ciò che non può non balzare agli occhi è il consolidato immobilismo tutto europeo rispetto a ciò che accade oltre i nostri confini.
Più volte, sia come Lega sia come gruppo ID al Parlamento europeo, abbiamo evidenziato l’approccio debole dell’Unione nella gestione dei rapporti con Paesi come Cina, Turchia e Iran, in cui ancora oggi le minacce dei regimi illiberali pesano, incontrastate, sulla popolazione.
Gli strumenti affinché l’Europa riguadagni un ruolo di spicco nello scacchiere internazionale esistono; a partire dalla Nato, con la quale a questo punto incrementare una strategia strutturata di coordinamento diventa prioritario.
Anche per quanto riguarda il nostro Paese, la strada da fare è ancora lunga: se guardiamo al fronte caldo del Mediterraneo, è facile osservare come negli ultimi anni la eco dei regimi antidemocratici sia arrivata a pochissimi chilometri da noi, nei Balcani e nel Nord Africa.
In un simile contesto, restare a guardare sarebbe non solo insensato, ma pericoloso. Ora l’Italia e l’Europa devono mettere in campo tutte le energie possibili per riaffermare, anche oltre-confine, il valore dei principi democratici in cui affondano le nostre radici.