Interessante vedere “cosa fan gli altri” in materia di governance nel Pnrr, tema che è stato oggetto di acceso dibattito politico in Italia. Ecco cosa dice al riguardo un lavoro svolto dall’Istituto di ricerche sulla Pubblica amministrazione (Irpa), che non esamina gli aspetti economici ma quelli appunto organizzativi
Si apre la settimana del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che viene discusso con le forze politiche e sociali e verrà inviato – ha precisato il presidente del Consiglio Mario Draghi smentendo alcune voci di corridoio – all’Unione europea entro il 30 aprile.
È circolata nelle redazioni l’ultima stesura del Pnrr, nonché il sunto in diapositive utilizzato per la presentazione in Consiglio dei ministri. La lettura dei documenti mi ha fatto tornare in mente ciò che diceva il mio professore di Economia internazionale alla Johns Hopkins, Isaiah Frank, al termine delle lezioni: “Soprattutto non fatevi mai illusioni”. Non me ne sono fatte. Sono certo che il Pnrr verrà visto con lenti molto benevole a Bruxelles a ragione dell’autorevolezza di Mario Draghi più che per i suoi contenuti o per la sua qualità. A Bruxelles, e nelle altri capitali europee, si sa che Draghi e il ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco potevano al più mettere in buona forma e incipriare quanto lasciato in eredità dal Governo Conte II tanto più che le forze politiche che appoggiavano il governo giallorosso sono ancora in maggioranza e i ministri che hanno preso impegni per questo o quello stanziamento fanno parte del nuovo governo. In poche settimane il nuovo esecutivo ha potuto predisporre un documento maggiormente in linea con il lessico europeo e fare un maquillage. Vedremo se nei due mesi di interlocuzione con la Commissione europea verrà fatta la tanto necessaria analisi economica.
Interessante a questo riguardo un lavoro fatto dall’Istituto di ricerche sulla Pubblica amministrazione (Irpa), un istituto creato da Sabino Cassese e dai suoi allievi. Nello studio, curato da Giorgio Mocavini e Giorgio Napolitano e a cui hanno collaborato Bruno Paolo Amicarelli, Paolo Clarizia, Matteo Manocchio, Pia Marconi, Rosaria Morgante ed Andrea Renz, si raffrontano alcuni Pnrr già presentati a Bruxelles e disponibili sui siti delle rispettive amministrazioni. È uno studio fatto da giuristi e da specialisti di Scienza dell’amministrazione: non esamina gli aspetti economici ma quelli organizzativi. Se ne traggono, però, lezioni interessanti.
In alcuni casi, i Pnrr si inseriscono in strategie di sviluppo di lungo periodo, elaborate prima della pandemia e aggiornate successivamente (Portogallo e Spagna). In altri casi, sono predisposti tenendo conto degli strumenti emergenziali nazionali già adottati nel corso del 2020 per fare fronte alla crisi sanitaria ed economica, (Francia e Germania). Inoltre, in alcuni Stati, come Portogallo e Grecia, i piani servono solo per la gestione delle risorse provenienti dal Next Generation Eu, mentre in altri le risorse derivanti dall’Ue sono combinate con risorse nazionali. come nel caso della Francia, dove il valore degli stanziamenti statali è addirittura superiore a quello delle risorse europee. Vi sono poi ipotesi in cui i piani di ripresa sono integrati nel bilancio statale, come in Germania, o come in Spagna, dove 27 dei 140 miliardi complessivi del programma europeo a cui il Paese può accedere sono stati impegnati anticipatamente nella legge di bilancio per il 2021.
“La predisposizione dei singoli piani, in alcune circostanze, è stata anche il risultato di un ampio dibattito pubblico che ha coinvolto le istituzioni nazionali e la società civile. Questo è evidente in Germania, dove un ruolo rilevante nell’elaborazione del piano è stato rivestito dalle parti sociali, e in Portogallo, dove l’ultima bozza del piano è stata sottoposta a una consultazione pubblica online della durata di due settimane, aperta ai suggerimenti e ai commenti di chiunque”.
In quasi tutti i Paesi, numerosi interventi riguardano la modernizzazione della Pubblica amministrazione, la quale è destinataria di investimenti per una maggiore dotazione tecnologica e di varie riforme normative. In Germania si prospettano azioni rivolte sia all’innovazione tecnologica, sia alla semplificazione amministrativa, con una serie di riforme funzionali a ridurre i vincoli agli investimenti pubblici e privati. In Spagna si propone di rafforzare la collaborazione pubblico-privata per migliorare la capacità di esecuzione degli investimenti e sono elaborati vari progetti per la digitalizzazione della Pubblica amministrazione, compresa l’amministrazione della giustizia. In Portogallo le riforme connesse alla Pubblica amministrazione concernono sia la riduzione degli oneri amministrativi e regolatori alle attività di impresa, sia la cybersecurity e la tutela dei dati di cittadini e imprese in possesso delle autorità pubbliche. In Grecia si punta alla transizione digitale di tutta l’amministrazione per un rilancio generale dell’economia, con riforme che afferiscono al sistema tributario, all’amministrazione della giustizia, alla regolazione e semplificazione amministrativa.
Interessante vedere “cosa fan gli altri” in materia di governance, tema che è stato oggetto di acceso dibattito politico in Italia. Spesso si distinguono due piani, quello dell’attuazione e quello del monitoraggio. In relazione all’esecuzione dei piani è individuato un soggetto responsabile che diventa il perno sul quale ruotano tutti gli attori pubblici e privati coinvolti dal piano. Il ministero dell’Economia e delle finanze è il soggetto responsabile in Germania e in Francia (dove, per l’occasione, ha cambiato denominazione in “ministero dell’Economia, delle finanze e del rilancio”). In Spagna e in Portogallo un ruolo preminente è assegnato a un’apposita Commissione interministeriale per la ripresa e resilienza, presieduta dal primo ministro. In Germania, in virtù della struttura federale dell’ordinamento, i Länder prendono parte alla realizzazione del piano, sotto la vigilanza del Bundesrat. In Spagna, l’esecuzione del piano è rimessa anche alle Comunità autonome e agli enti locali, riuniti nella Conferenza di settore dei Fondi europei. Un coinvolgimento rilevante delle autonomie è ammesso anche in Portogallo, dove alla centralizzazione della gestione fa da contraltare un “decentramento dell’esecuzione”.
Ai soggetti responsabili dell’attuazione possono affiancarsi anche ulteriori strutture di coordinamento: in Francia è istituito l’Alto commissariato per il piano di ripresa; in Grecia è costituita la Special Coordinating Authority for the Recovery Fund in seno al ministero dell’Economia e delle finanze; in Portogallo funzioni fondamentali di coordinamento sono assegnate all’apposita struttura di missione, denominata Recuperar Portugal. In riferimento al monitoraggio sull’esecuzione e sul completamento degli investimenti e delle riforme previste dai piani, ciascuno Stato si è dotato di appositi modelli. “In alcuni casi, si è optato per un meccanismo amministrativo di monitoraggio, come in Francia, dove si è creato, a livello nazionale, un comitato, presieduto dal Primo Ministro, incaricato di vigilare anche sul cronoprogramma dei progetti, al quale si aggiungono comitati di monitoraggio regionali. In altri casi, si è preferito favorire un modello di controllo parlamentare, come in Spagna dove il Governo deve riferire periodicamente sui progressi dell’attuazione del piano alla Commissione mista per l’Unione europea. In altri casi ancora si è fatto ricorso a enti indipendenti, come in Portogallo, dove il monitoraggio sull’esecuzione è affidato a una speciale Commissione nazionale, presieduta da un soggetto indipendente”.
A ben riflettere alcune di queste soluzioni organizzative sembrano variazioni sull’assetto proposto diversi mesi fa dalla Fondazione Ugo La Malfa. Senza essere ascoltata.