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Navalny come l’Isis? Così Mosca cala il sipario

La procura di Mosca chiede se ci sono le condizioni per dichiarare l’Fbk, il fondo anti corruzione di Alexei Navalny, un’organizzazione estremista, alla stregua dei neonazisti o dell’Isis. Così il Cremlino stringe la cinghia intorno all’oppositore, mentre le proteste di piazza proseguono. L’analisi di Giovanni Savino, senior lecturer presso l’Istituto di scienze sociali dell’Accademia presidenziale russa dell’economia pubblica e del servizio pubblico a Mosca

La giornata di mobilitazione di mercoledì 21 aprile in difesa di Alexey Navalny, da settimane in sciopero della fame per protestare contro le condizioni di detenzione nella colonia penale №2 di Pokrov, ha visto sviluppi diversi nelle varie città della Russia.

Le cifre fornite differiscono a seconda delle fonti: secondo la polizia, a Mosca avrebbero preso parte alle proteste seimila persone, a Pietroburgo quattromilacinquecento, mentre il coordinamento di Navalny invita a moltiplicare per dieci questi numeri, e l’influente giornalista Alexey Venediktov, a capo della radio Ekho Moskvy, parla di diecimila nella capitale.

La verità, come spesso accade, probabilmente è nel mezzo, considerata anche la difficoltà di contare i partecipanti in un contesto dove le manifestazioni non sono autorizzate, e l’itinerario cambia di volta in volta a seconda degli sbarramenti della polizia.

I numeri non raggiungono quelli dello scorso gennaio, anche in termini di fermi e arresti: 1631 in tutta la Russia, la maggior parte a Pietroburgo (743), a Mosca 23, dove la folla è sfilata senza grossi problemi per le strade del centro. Sempre a Pietroburgo vi son state scene di particolare violenza durante i fermi, con il massiccio ricorso ai taser.

Secondo quanto rivelato da Alexandra Arkhipova, coordinatrice del gruppo di studio e ricerca sull’antropologia delle proteste, è possibile notare come si sia consolidato un nucleo della mobilitazione, composto da quel 42% di persone che per la prima volta erano scese per strada a gennaio scorso.

Proprio questo nucleo è il traino della mobilitazione, che vede una importante presenza delle fasce d’età 18-24 e 25-39, considerate le più attive a prendere parte alle proteste, con un’età media dei partecipanti di 27 anni per Pietroburgo e 28 per Mosca. Questa configurazione sembrerebbe indicare una crescente polarizzazione generazionale, alimentata anche dal Cremlino e dall’apparato mediatico ad esso contiguo, e i provvedimenti annunciati da Putin nel suo discorso di mercoledì sono indirizzati anche a una azione di recupero dai contorni ancora troppo poco delineati e decisi.

La mobilitazione mirava a ottenere per Navalny il ricorso a medici esterni, negato dalle autorità carcerarie, sostenendo che il leader politico si trovi sotto osservazione del proprio personale, per poi trasferirlo all’ospedale penitenziario della colonia №3 di Vladimir.

Al momento però non sembrano esserci accenni di cedimento da parte delle autorità, e i medici che hanno avuto in cura Navalny, con un appello apparso giovedì sera, hanno chiesto al blogger di rinunciare allo sciopero della fame, ritenendo che il trasferimento in ospedale assomiglia già a qualcosa di simile a quanto richiesto inizialmente, ovvero la possibilità di essere visitato da personale medico indipendente.

Nel frattempo, la procura di Mosca ha chiesto di ravvisare se vi siano le condizioni per dichiarare Fbk, il Fondo di lotta alla corruzione, un’organizzazione estremista, alla stregua delle formazioni islamiste radicale come l’Isis o neonaziste ucraine come il Pravyj sektor. In tal caso si aprirebbe un nuovo livello dello scontro, perché a rischiare di venir processate per sostegno all’Fbk potrebbero essere numerosi cittadini, e non è chiaro sulla base di quali criteri il fondo verrebbe dichiarato illegale. I materiali del fascicolo Fbk sono stati secretati appena è stata aperta l’istruttoria, mossa che lascia ben poco all’immaginazione di cosa potrebbe accadere.

Può essere il caso Navalny inquadrato nel contesto di una nuova edizione del grande gioco tra Mosca, Washington e Bruxelles? Di sicuro si tratta di una possibile carta, resa tale anche da quanto accaduto con l’avvelenamento d’agosto e le cure in Germania: il ritorno in patria se ha permesso da un lato a Navalny di avere una nuova centralità, dall’altro l’arresto lo ha reso sì ancor più un simbolo, ma lo ha consegnato a una condanna dura e non breve.

E probabilmente ha permesso al Cremlino di poter avere un mezzo di pressione sui partner occidentali, nella cornice di una nuova fase della politica internazionale segnata dalle incertezze epidemiologiche e dal riassetto degli equilibri globali.



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