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25 aprile, così la Brigata Ebraica liberò ebrei e italiani. Parla Dureghello

“La storia ci insegna che non bisogna mai perdere la speranza, avere fiducia. Ma non nel lavoro degli altri, bensì nella parte di lavoro che ciascuno di noi può fare”. Conversazione con Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma, sul giorno della Liberazione, il ruolo della Brigata Ebraica nella resistenza e l’esempio di Israele nella lotta al Covid

Il 25 aprile, anniversario della liberazione dell’Italia dall’incubo nazi-fascista, è una data importante anche per gli ebrei italiani e per gli ebrei romani in particolare. È la data che segna la fine della pagina più buia della storia del ‘900 e della storia del popolo ebraico, e l’impegno di una resistenza attiva che è stata decisiva per il ritorno alla libertà.

Come ricorda in una conversazione con Formiche.net Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma, la Festa della Liberazione ha un significato importante non soltanto per gli ebrei, che hanno subito nella propria pelle la devastazione di un odio disumano, ingiustificato e terribile, ma per tutto il popolo italiano, che ha patito grandissima sofferenza e gravi perdite durante la Seconda Guerra Mondiale.

“Una resistenza alla quale anche gli ebrei romani hanno partecipato attivamente – sottolinea Dureghello -. Questa è l’occasione di ricordare che gli ebrei non furono soltanto vittime, anzi, si batterono insieme ai loro compagni, non ebrei, per i valori di democrazia e libertà nei quali poi ci siamo riconosciuti sotto la Costituzione”.

IL RUOLO DELLA BRIGATA EBRAICA

Importante e decisivo il contributo della Brigata Ebraica, come spiega la presidente della Comunità Ebraica di Roma: “Un’orda di uomini, alcuni dei quali erano fuggiti alle deportazioni, che dalla allora Palestina mandataria, oggi Israele, si unirono all’esercito inglese per venire a combattere in Italia e in Europa contro il nemico nazifascista. Non fu una scelta banale né tanto meno scontata. Molti di loro persero la vita, in particolar modo nel fronte dell’Emilia Romagna, per sfondare l’esercito tedesco che si stava ritirando e sconfiggere definitivamente il fascismo”.

Fra tutti, indimenticabile Enzo Sereni, nato a Roma, molto attivo nella vita comunitaria e nella politica: “Scappò nell’allora Palestina, oggi Israele, per sfuggire alle persecuzioni fasciste, le leggi razziali e le deportazioni. Si arruolò nella Brigata Ebraica per tornare a combattere in Italia. Morì nel campo di sterminio. Un esempio unico, che non può essere dimenticato né confuso con scelte che fecero altri, schierandosi dalla parte opposta”.

L’anniversario della Liberazione d’Italia è un momento per ricordare chi ha sacrificato la propria vita nella battaglia contro il nemico oppressore, per rendere onore alla Brigata Ebraica e gli ebrei italiani che hanno combattuto la resistenza. “Altri hanno fatto scelte diverse – ricorda Dureghello –, che non possono essere ricondotte alla Festa della liberazione. Finché l’Associazione Nazionale Partigiani Italiani non avrà ben chiaro i valori intorno ai quali ci vogliamo riunire, resteremo molto distanti. Non ammettiamo che si possa difendere la causa di terroristi o sostenere che si debbano liberare dalle carceri israeliane chi si è macchiato di crimini terribili. Noi continueremo a sfilare sotto la bandiera con la stella di Davide, che era la bandiera in cui si riconosceva anche la Brigata Ebraica. Nessuno può impedircelo e su questo non scenderemo mai a compromessi”.

L’ESEMPIO DI ISRAELE

Sul modello di Israele nella gestione della pandemia e la campagna vaccinale, Dureghello ha fatto scuola: “Innanzitutto, un grande investimento nella ricerca scientifica e tecnologica. Il fatto che questo investimento sia destinato a garantire il miglioramento della qualità della vita, all’interno di una società democratica, multietnica, multiculturale, multireligiosa, che accoglie e rispetta la propria popolazione, qualunque siano le caratteristiche. E affronta le difficoltà in modo unito. Al di là di chi sia alla guida politica del Paese, credo che la grande forza è quella coesione. Di fronte ad un grande nemico comune, com’è il virus, il Paese si riunisce e procede unanimemente verso una direzione”. Un modello con una visione di lungo periodo con la vita e il benessere dei cittadini al centro.

Anche se è impossibile fare un confronto tra le due situazioni, c’è qualche lezione da imparare dal passato. Per Dureghello la storia ci insegna che serve “uscire dalla sfera individuale, dei nostri personali bisogni, ritrovare nella comunità una responsabilità collettiva e solidale, battersi per salvare le vite di altri, riconoscendosi all’interno di valori comuni, che partono dalla tutela della vita della salute del bene dell’altro e del rispetto reciproco. Questo sarebbe un primo passo per affrontare le sfide di questo tempo”.

La presidente invita ad “impegnarsi per non perdere quel patrimonio che i nostri nonni ci hanno lasciato. Nonni che hanno saputo resistere e combattere un nemico ben più terribile e che l’hanno fatto lasciando a noi un’eredità significativa, che è la vita e l’umanità che vogliamo condividere. Fermo restando che le due situazioni non sono paragonabili, c’è però anche in questo caso una resistenza da mettere in campo, una resistenza attiva, fatta di senso di responsabilità, di comportamenti corretti e di rispetto degli altri”.

“La storia – conclude – ci insegna che non bisogna mai perdere la speranza, avere fiducia. Ma non nel lavoro degli altri, bensì nella parte di lavoro che ciascuno di noi può fare”.

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