Lo scontro Cina-Usa arriva anche ai premi. Pechino ha deciso di oscurare la trasmissione per la candidatura di un cortometraggio sulle proteste a Hong Kong e la possibilità di dichiarazioni scomode della regista Chloé Zhao
Il Covid non fa sconti. Anche la cerimonia dei premi Oscar è stata colpita dalla pandemia. La sfida non era da poco: evitare un calo dell’audience parlando di film che non sono riusciti a connettere con il grande pubblico; stimolare l’atmosfera di omaggio al cinema in un mondo in cui la maggior parte delle persone al cinema non ci può andare per via delle restrizioni sanitarie; collegare in armonia una trasmissione televisiva in diretta con circa 20 posti diversi: Parigi, Londra, Sydney. Per riuscirci, l’Academy ha chiesto il contributo di Steven Soderbergh nella produzione. Tuttavia, a differenza della cerimonia telematica dei Golden Globe, la stranissima atmosfera degli Oscar 2021 non è riuscita a conquistare il pubblico.
Dopo un primo slittamento della data (inizialmente prevista a febbraio), è la prima volta nella storia che la cerimonia dei Premi Oscar ha due location: il tradizionale scenario del Dolby Theatre di Hollywood e un altro, allestito all’Union Station di Los Angeles Downtown, per garantire le distanze di sicurezza, come spiega il The New York Times.
Le attese sfilate sul red carpet sono state molto ridotte e gli after party cancellati. All’apertura una telecamera ha seguito Regina King per i corridoi dell’Union Union Station, e Laura Pausini ha cantato “Io sì” sul terrazzo del Museo dell’Accademia di Los Angeles. Il ritmo è stato molto lento, con discorsi lunghi e niente clip di immagini. Forse per questo, rompendo la scaletta tradizionale, il vincitore alla Miglior regia è stato annunciato alle prime ore della cerimonia, quando in altri anni era tra gli ultimi.
Non c’era un presentatore di peso ed è mancata anche la competizione: il Leone d’Oro di Venezia “Nomadland” di Chloé Zhao ha vinto tutti i premi – Golden Globe, Bafta e Spirit Awards, tra gli altri.
Come previsto, Chloé ha vinto come miglior regista, ed è diventata la seconda donna a ricevere quest’Oscar, portando l’Asia tra i premiati. Il suo discorso è stato tra momenti più commoventi della serata; un intervento poetico e intimista nel quale ha sottolineato la bontà delle persone.
Nonostante Chloé abbia un padre molto legato ad un’impresa statale cinese, e il suo film critichi il sistema sociale americano, alle autorità di Pechino sembra abbiano dato fastidio alcune dichiarazioni della regista cinese. Nel 2013, la giovane filmmaker avrebbe criticato il regime cinese, mentre l’anno scorso si sarebbe riferita alla Cina come un “luogo dove ci sono bugie ovunque”. Per questo è stata discussa la possibilità di togliere la cittadinanza alla regista e “Nomadland” non è stato presentato in Cina. Il suo prossimo progetto “The Eternals” molto probabilmente subirà lo stesso blocco.
Anticipando dichiarazioni che potevano essere considerate “inopportune”, il governo cinese ha deciso di censurare la trasmissione degli Oscar. L’emittente televisivo di Hong Kong TVB non ha trasmesso la cerimonia per la prima volta in 50 anni, nonostante un film asiatico fosse tra i nominati a miglior film straniero, per la prima volta dal 1993.
“Better Days” di Derek Tsang raccolta la storia di una studentessa, Chen Nian, a poche settimane dall’esame di ammissione all’università. Una sua amica, vittima di bullismo, si suicida e Chen finisce sotto la protezione di un giovane delinquente, Liu Beishan. Il film è ispirato al romanzo young adult intitolato “Shàonián de nǐ, rúcǐ měilì” di Jiu Yuexi.
Con tutti questi ingredienti, Pechino ha deciso di non trasmettere i premi Oscar. La versione ufficiale dell’emittente TVB sostiene che la scelta di non rinnovare i diritti dell’evento, che va in onda dal 1969, è stata “puramente commerciale”. Ad evidenziare la natura politica della scelta il fatto che nessun altra emittente né tv a pagamento abbia deciso di comprare i diritti.
La stampa internazionale aveva ipotizzato la censura degli Oscar dal momento in cui tra i nominati a miglior cortometraggio è stato incluso “Do Not Split”, breve documentario diretto da Anders Hammer sulle proteste a Hong Kong tra il 2019 e il 2020.
Invece a Shanghai è stato bloccata la rete privata virtuale (Vpn) per impedire alla popolazione di seguire gli Oscar tramite internet. Secondo l’agenzia Reuters, un gruppo di studenti si era riunito in centro per guadare la cerimonia su Youtube, piattaforma censurata dalla Great Firewall di Cina, ma che si può vedere tramite una rete alternativa.
Hu Xijin, direttore del sito statale cinese Global Times, si è congratulato con Chloé su Twitter, sollevando il tema dello scontro: “È un’eccellente regista. Essendo una cinese nata a Pechino che lotta negli Stati Uniti, i tesi legami Cina-Stati Uniti potrebbero portarle alcuni problemi. Si spera che diventerà sempre più matura nel gestire quei problema”.