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Come garantire la sicurezza in un mercato dominato da tecnologia cinese

Di Giuseppe Calabrese

Da oltre un decennio i player tecnologici cinesi hanno conquistato il mercato e si sono posizionati ai primi posti tra i produttori tecnologici, non solo in Italia, ma nel mondo. Il che pone una domanda. L’analisi di Giuseppe Calabrese, ceo di Secursat

L’evoluzione tecnologica e la grande attenzione alle tematiche dell’AI che ormai dominano i titoli dei media e, trasversalmente attraversano tutte le tematiche socio economiche dal business al diritto alla sostenibilità, ci distraggono dai contenuti e dagli scenari e dalle reali evoluzioni che ci attendono anche negli equilibri internazionali della sicurezza, della ricerca e dei rischi possibili.

Mentre il Global Trends della National Intelligence Council degli Stati Uniti ha posto l’attenzione sulla competizione spaziale tra giganti economici , con proiezioni sino al 2040 e sul confronto testa a testa con la Cina, con cui peraltro anche l’Italia insieme ad altri paesi Europei progetta missioni, a livello nazionale vengono riproposte nelle stesse ore le tematiche relative all’applicazione della tecnologia cinese nelle sedi istituzionali e pubbliche come un rischio per la sicurezza del paese riconducendo il tutto nell’alveo di scelte governative e di accordi commerciali.

La realtà, inevitabilmente e per fortuna, spesso, supera la fantasia e ne rende innocui gli effetti così come le telecamere cinesi per la sicurezza del sistema paese.
È, infatti, da oltre un decennio che player tecnologici cinesi hanno conquistato il mercato e si sono posizionati ai primi posti tra i produttori tecnologici, non solo in Italia, ma nel mondo, con un fatturato complessivo di oltre 8 miliardi, oltre 30 mila dipendenti, e indici di crescita e di sviluppo a doppia cifra da anni.

La loro tecnologia è acquistata e ribrandizzata in Europa da altri produttori che hanno rinunciato da anni alla produzione diretta non più redditizia, in quanto il prodotto tecnologico per la sicurezza è oggi divenuto una commodity, acquistata e distribuita attraverso i nuovi canali della commercializzazione on line in un mercato diretto e senza più troppi intermediari.

Quali dunque le preoccupazioni da tenere a mente per la sicurezza del sistema paese? Le telecamere cinesi? O gli scenari, le competenze, la qualità e la reputazione delle security company, la capacità di dialogare pubblico privato? l’affidabilità nell’analisi e nella gestione del rischio? Il prodotto è una commodity; a meno che il rischio non sia quello di favorire dipendenza e condizionamento economico di produttori asiatici ma allora il tema è molto più ampio e riguarda i rischi economici non quelli strategici della sicurezza del sistema paese.

Smart city, sorveglianza delle città, scelte di contesto, sviluppo urbano, sostenibilità, insomma e sulle modalità di utilizzo della tecnologia che dovremmo riflettere. Quali sono i rischi? Come indirizzare gli investimenti tecnologici? Qual è il modello di gestione? Che competenze servono? Quali dati siamo in grado di raccogliere e come possiamo utilizzarli?

La tecnologia in generale è uno strumento non un fine e le modalità di utilizzo sono innumerevoli. Occorre dunque riprendere in una ipotetica scala dei valori i concetti di monitoraggio, controllo, autonomia per parlare di applicazioni e soluzioni per la sicurezza. Ben vengano linee guida e white list, senza esagerare con la burocrazia delle regole, ma occorre avere ben chiare le differenze e le potenzialità, perché come sempre in una società globale è il mercato che fa le regole e ne definisce i perimetri. Non è sufficiente definire categorie di prodotti in un mercato mondiale dove predominanti sono le tecnologie asiatiche e dove il valore qualitativo e l’utilizzo sono ricondotti in un alveo minimale.

Le modalità di gestione tecnologica fanno la differenza ed in tal senso è certamente pensare ad un diverso utilizzo delle tecnologie ed un controllo delle stesse che segna la reale linea di confine tra la scelta di prodotti asiatici, ormai leader del mercato mondiale, e l’adozione di modelli di sicurezza basati su competenze di analisi e gestione dei rischi e capacità nell’utilizzo delle tecnologie.

Non occorre in applicazioni standard di tecnologie di sicurezza elettronica erigere barriere e perimetri commerciali, è necessario invece comprenderne le potenzialità di utilizzo, il valore aggiunto che una gestione intelligente può dare su tematiche preventive, di razionalizzazione delle risorse, dell’efficientamento della mobilità, di razionalizzazione dei flussi di traffico. Non solo biciclette e monopattini dunque, per cambiare il volto delle città e rincorrere le future sfide per le quali siamo già in ritardo, ma utilizzo intelligente della tecnologia partendo dall’esistente.

Una telecamera, solo perché di produzione cinese, difficilmente potrà da sola consentire una reale minaccia al sistema paese, piuttosto è l’uso che ne facciamo ed il sistema in cui la connettiamo che può rappresentare un reale rischio, e qui non è necessario scomodare, come ormai abitudine, complesse tematiche di cyber, perché sicurezza fisica e logica sono interconnesse e fanno sistema.

Ormai aldilà dei proclami sulla sostenibilità c’è un tale volume di CO2 nell’atmosfera che le dichiarazioni di principio risultano poco credibili. C’è una soluzione per la sostenibilità ed è la tecnologia, e chi è il primo paese per esportazione di tecnologia “pulita” (impianti fotovoltaici, eolico, etc.): la Cina, la stessa di cui dovremmo diffidare. Nonostante il paese asiatico sia parte importante del problema dell’inquinamento ambientale globale, il suo ruolo potrà piuttosto essere rivisto eventualmente per sfruttare la riduzione dei costi della tecnologia, per utilizzarla tenendo a mente come obiettivo la sostenibilità.

Quali scenari dunque tra prodotti cinesi, sicurezza e sostenibilità? Esistono le condizioni tecnologiche per cambiare paradigma e cogliere le nuove opportunità partendo da un utilizzo intelligente dell’esistente, le città sono già ricche di telecamere e tecnologie cinesi ma poverissime di gestione intelligente, adeguati centri di monitoraggio, funzioni adeguate di controllo remoto, autonomia dai prodotti e dai produttori. L’utilizzo delle tecnologie di sicurezza ed una graduale transizione sostenibile, sono questi i temi su cui dovremmo concentrarci anziché disperdere risorse su ormai inutili battaglie protezionistiche in controtendenza rispetto ai mercati ed agli scenari politici e socio economici.

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