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Albertini, più che un rifiuto un atto d’amore. La bussola di Ocone

Albertini non si è affatto “sfilato”, come qualche organo di stampa scriverà domani, ma ha fatto un’analisi lucida della proposta ricevuta e ha usato il massimo del realismo possibile. Ha agito con responsabilità. La rubrica di Corrado Ocone

Aveva detto che avrebbe sciolto sabato mattina la riserva, ed è stato di parola: Gabriele Albertini, che era già stato apprezzato sindaco meneghino per due tornate a cavallo del secolo scorso e dell’attuale, non sarà il candidato del centrodestra per un terzo mandato alle elezioni comunali del prossimo autunno. Che i dubbi manifestati da subito stessero per essere sciolti in positivo, era l’impressione maturata nelle ultime ore, soprattutto dopo che giovedì mattina la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che si voleva la meno entusiasta sul suo nome, aveva preso il telefono e parlato personalmente con l’ex sindaco cercando di convincerlo.

L’impressione si è mostrata però un’illusione, a rischio di delusione se non sprona ad un cambio di passo o a un salto in avanti le forze dell’alleanza. Il no lascia non solo l’amaro in bocca, ma all’opinione pubblica potrebbe dare anche l’impressione, su cui gli avversari giocherebbero pesantemente (in verità già l’hanno cominciato a fare), di una divisione fra le varie componenti e di una scarsa coesione interna al centrodestra.

C’è un solo modo per uscirne, visto che a tutt’oggi, a quanto sembra, non esiste un piano b: trovare subito, già nelle prossime ore, un nome forte, tanto da non essere oscurato da impropri paragoni con il vecchio sindaco. Il quale, in verità, se non un nome, che probabilmente non ha lui nemmeno, ha comunque accompagnato il suo no con l’indicazione della linea su cui muoversi. Prima di tutto l’età: “Per le sfide che attendono Milano, il candidato o la candidata deve essere giovane”, ha messo nero su bianco.

Che non è per Albertini questione solo biografica, ma di energie (le sfide sono immani) e mentale. Quasi come avesse voluto dire al centrodestra: non guardate indietro, alla stagione che io rappresento, ma cercate di trovare oggi, e fra le persone d’oggi, quell’impulso al rinnovamento e quello spirito unitario che c’erano allora. È un invito che mette a nudo la necessità (che ha tutta la classe politica italiana) di un rinnovamento delle classi dirigenti.

I partiti devono allargare campo e visuale per risolvere queste problema, cercando “fra le forze produttive, responsabili e volenterose” che pure non mancano. Come dire? Poca ideologia, molta concretezza. E apertura ad un fronte ampio il più possibile, senza pregiudizi e chiusure mentali. La disponibilità ad impegnarsi personalmente con una lista civica, che comunque va creata perché necessaria alla vittoria, si muove in questa direzione.

E soprattutto mostra che Albertini non si è affatto “sfilato”, come qualche organo di stampa scriverà domani, ma ha fatto un’analisi lucida della proposta ricevuta e ha usato il massimo del realismo possibile. Ha agito con responsabilità. Sa di essere un simbolo, e perciò darà il suo contributo alla sua parte politica. Ma pure dice ad essa che, in questo momento soprattutto, la politica non può fermarsi a simboli. Più che un “gran rifiuto”, il suo potrebbe essere interpretato come un “atto di amore” per il centrodestra e per la sua città. Solo a condizione che ci sia dall’altra parte qualcuno pronto a riceverlo. Vedremo. Già la settimana prossima, col vertice congiunto Salvini – Meloni – Tajani, la nebbia su Milano (e non solo) forse si diraderà.


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