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Il soft power non basta, in Egitto il primo errore del Qatar

In poco più di un anno il Qatar si è preso la ribalta della politica internazionale. Sponsor della primavera araba, acquisizione di alcuni dei marchi più ricchi e prestigiosi della finanza e del lusso, grande attivismo diplomatico e soft power hanno trasformato il ricchissimo emirato in una piccola superpotenza. Tuttavia la politica estera spregiudicata ideata da Hamad bin Khalifa al Thani, comporta grandi rischi. Lo si è visto in Egitto, dove i Fratelli musulmani, cavallo su cui Doha aveva puntato per influenzare la politica del più importante Paese arabo, sono stati esautorati dal potere. Eppure a Doha, i Fratelli sembravano un investimento sicuro, Qualcuno parla di otto miliardi di dollari regalati al governo dell’ex premer Morsi.  Petrodollari spesi per combattere l’influenza dell’Arabia Saudita, storico peso massimo della politica mediorientale e grande sostenitrice di Hosni Mubarak. Doha e Rihad hanno capito che la “primavera araba” è destinata a cambiare il volte del Medio Oriente e si battono per affermare la propria influenza ma adesso il caos egiziano dimostra che l’islam politico non è la soluzione per la rinascita.

Gli Stati Uniti seguono sempre con maggiore distacco le vicende del mondo arabo. Gli interessi strategici americani si stanno rapidamente spostando verso Est, nel Pacifico. Washington deve presidiare il Medio Oriente e salvaguardare Israele ma non vede l’ora di potersi dedicare al confronto con la Cina. Qatar e Arabia Saudita (insieme alla Turchia) sanno che il quadro regionale sta cambiano, per questo si adoperano per diventare i pivot del Medio Oriente. La cacciata di Morsi, ma anche le critiche piovute su Al Jazeera per un ‘informazione troppo parziale e squilibrata a sostegno dei Fratelli Musulmani, ha fatto perdere molto terreno al Qatar. L’emirato è già corso ai ripari, usando il solito metodo. Ossia finanziamenti a pioggia.  Secondo quanto riportato dal quotidiano di Doha Gulf Times, l’Egitto avrebbe ottenuto un miliardo di dollari dalla vendita di bond al Qatar e altre obbligazioni per un valore di tre miliardi di dollari sarebbero già pronti.

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