Perché il presidente Joe Biden ha scritto una lettera a Giuseppe Pennisi? “Ho compreso, dopo un’ora di ragionamento, perché ho ricevuto la lettera dalla Casa Bianca. Occorre chiedersi perché qualcosa del genere non è stato escogitato in Italia”
Fa un certo effetto trovare nella propria casella postale una busta dell’Internal Revenue Service (IRS) americano con all’interno una lettera su carta intestata dalla Casa Bianca firmata dal presidente Biden che mi chiama “Caro compatriota”. La lettera, in spagnolo (probabilmente il mio nome italiano ha tratto in inganno), mi annunciava che in quanto contribuente (oltre che “compatriota”) era imminente l’arrivo di 1.400 dollari come ristoro per i danni subiti a ragione della pandemia e, in tono affettuoso, mi incoraggiava ad avere fiducia: “L’economia sta migliorando e dobbiamo uscire tutti insieme da questa crisi”. Ove la somma non fosse giunta entro sette giorni dall’arrivo della lettera, avrei dovuto chiamare un numero verde in calce alla missiva per sollecitare o dare un numero di carta di credito dove versarla.
Non vivo negli Stati Uniti dal giugno 1982 e quando lì abitavo avevo un visto G IV che mi esentava da obblighi tributari (con l’eccezione dell’equivalente della nostra IMU) in quanto lavoravo per la Banca mondiale. Non ho mai pensato di prendere la cittadinanza americana; la hanno i miei due figli perché nati negli Usa, dove vige lo “jus soli” e per questo motivo, pagano imposte negli Stati Uniti su redditi da capitale.
Ho compreso, dopo un’ora di ragionamento, perché ho ricevuto la lettera dalla Casa Bianca. E l’assegno. Quando eravamo negli Usa, mia moglie ha lavorato come insegnante part-time per una decina d’anni e, quindi, all’età della pensione ha svolto, con l’assistenza dell’Ambasciata, le procedure per avere il trattamento pur modesto che fosse. Ha, infatti, dalla Social Security americana un piccolo assegno mensile. All’epoca, le venne chiesto se era sposata e se il marito percepiva una pensione della Social Security (l’Inps americano). Positiva la risposta alla prima domanda, negativa alla seconda. Per la normativa americana, se il coniuge di un pensionato ha l’età della quiescenza e non riceve nulla dalla Social Security, viene considerato a carico della/del consorte. Per questa ragione, ricevo circa 300 dollari al mese da cui qualche dollaro di imposta è dedotto alla fonte. Faccio, quindi, parte del vasto continente dei pensionati/contribuenti americani e sono, dunque, nei vari elenchi dell’IRS. Dato che la normativa affida all’IRS l’erogazione dei ristori a individui e famiglie, è del tutto legittimo che riceva anche io l’assegno previsto per tutti i contribuenti Usa.
Una procedura semplice e lineare. Occorre chiedersi perché qualcosa del genere non è stato escogitato in Italia dove l’Inps venne definita “la fabbrica delle pensioni” in un bel libro di Giuliano Cazzola di circa un quarto di secolo fa e dove l’Agenzia delle Entrate è “la fabbrica delle tasse”. Siamo tutti classificati, schedati, bollati, codicizzati ed ora anche spinizzati. Sarebbe stato semplicissimo individuare quali categorie hanno diritto al contributo ed erogarlo sul conto corrente (o simili).
Non ho titolo a contributi, ristori o sostegni di sorta ma da quello che leggo sui giornali, la metodica di erogazione pare ancora in fase di rodaggio.
Forse una letterina firmata Mattarella o Draghi sarebbe utile.