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Forza Italia perde pezzi, ma quella di Toti e Brugnaro… La bussola di Ocone

Poiché Salvini e Meloni hanno sicuramente capacità di leadership, e poiché altre personalità in giro non se ne vedono né presumibilmente un novello Berlusconi nascerà nei prossimi mesi, credo che per i centristi e moderati sia oggi più proficuo, al di là dei giochi parlamentari, assecondare la spinta liberale della Lega. Contribuendo in qualche modo all’integrazione, o meglio al rafforzamento di questo filone, all’interno dell’orizzonte ideale del partito di Salvini

È un brutto colpo per Forza Italia quello assestato da Giovanni Toti e Luigi Brugnaro, rispettivamente governatore della Liguria e sindaco di Venezia. I quali hanno annunciato la nascita di un nuovo gruppo parlamentare, “Coraggio Italia”, che ha subito sottratto ben 11 deputati e 7 senatori al partito di Silvio Berlusconi.

Che Forza Italia fosse non un “partito azienda”, come si è detto, ma prima di tutto un “partito personale”, cioè legato indissolubilmente alla figura del fondatore, lo si è sottolineato più volte. E anche se il Cavaliere ha avvertito da almeno un decennio la necessità di trovarsi un successore, avendolo cercato a propria immagine e somiglianza non l’ha trovato. E ha anzi “bruciato” uno dopo l’altro tutti i pretendenti, compresi quelli che da lui stesso erano stati investiti. Un classico. D’altronde, non poteva essere altrimenti con una personalità così fuori dall’ordinario, e per certi aspetti irripetibile.

Oggi purtroppo Forza Italia si trova in una strana situazione: senza più una guida unica e autorevole, e soprattutto sempre presente, quale quella di Berlusconi, il partito è un insieme di tribù in una appena simulata guerra fra loro. Guerra di ambizioni personali, prima di tutto. Ma anche di diverse sensibilità, ovviamente, le quali prima trovavano sempre nella sintesi del capo la loro composizione. Il paradosso è che tutto questo accade nel momento in cui quel “moderatismo liberale” fatto di attenzione ai ceti produttivi e borghesi, di europeismo e garantismo, è ridiventato l’asse di un governo che proprio su queste basi intende ricostruire il Paese (e d’altronde non potrebbe essere diversamente). Un’area di cui il centrodestra, che nel periodo dei sovranismi aveva accentuato la sua dimensione nazionalista e securitaria, ha oggi necessario bisogno per poter aspirare legittimamente non solo a conquistare la maggioranza nel Paese (che secondo i sondaggi già ha) ma anche a governare con un certo successo in futuro.

Il problema è quindi di Forza Italia, ma anche dell’intera coalizione di centrodestra (che infatti, per contraccolpo dopo l’annuncio di Toti e Brugnaro, ha dovuto annullare il vertice per la scelta dei candidati alle prossime comunali di autunno). Come se ne uscirà non è facile dirlo. Ad occhio però sembrerebbe che non possa essere Coraggio Italia la soluzione, nel senso cioè di sostituire in prospettiva quello che è stata, non solo nel periodo suo d’oro ma anche fino a ieri, Forza Italia. L’operazione sembra infatti nascere a tavolino, tutta parlamentare nonostante le assicurazioni di apertura sul territorio date da Toti e Brugnaro. Una quota di carisma e personalizzazione oggi è essenziale in politica, oltre ad una articolazione precisa di idee e interessi che spesso i partiti non hanno. E che devono assolutamente riconquistare per rendere meno precario e aleatorio il futuro del sistema politico italiano.

Poiché Matteo Salvini e Giorgia Meloni hanno sicuramente capacità di leadership, e poiché altre personalità in giro non se ne vedono né presumibilmente un novello Berlusconi nascerà nei prossimi mesi, credo che per i centristi e moderati sia oggi più proficuo, al di là dei giochi parlamentari, assecondare la spinta liberale della Lega, contribuendo in qualche modo all’integrazione, o meglio al rafforzamento di questo filone, all’interno dell’orizzonte ideale del partito di Salvini. Certo, è un’operazione che potrebbe far perdere qualche pezzo sul fronte della sinistra, ma la chiarificazione che ne deriverebbe sarebbe sicuramente un vantaggio da giocare anche in prospettiva elettorale. Non resta, in ogni caso, che aspettare.

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