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La sfida della Lega è in Europa, Salvini il federatore. La bussola di Ocone

Non è facile dire se la sfida sarà vinta da Salvini, ma almeno possiamo dire che oggi un tavolo di gioco è stato delineato e circoscritto. E ambiguità e atteggiamenti naif in politica internazionale dovrebbero essere stati finalmente banditi. Il commento di Corrado Ocone

Oggi la politica corre. E sarebbe veramente irrealistico riproporre il cleavage sovranisti vs europeisti (e globalisti) che aveva corso fino a poco tempo fa. La situazione in Italia, in Europa e nel mondo è completamente cambiata rispetto a solo un paio di anni fa. E sono completamente cambiate anche le forze politiche che a quel tempo si contrapposero. Prima di tutto è cambiata l’Unione Europea, che con il Covid ha abbandonato le sue rigidità macroeconomiche e forse anche alcuni irrealistici progetti costruttivistici (o almeno li sta misurando nella realtà). Dall’altra parte, ci si è resi conto che l’interdipendenza fra gli Stati e i popoli è talmente forte da essere irreversibile e che chi pensa di poter fare da solo non fa altro che preparare la propria rovina e quindi anche quella delle proprie idee. Non si contesta più l’Europa o l’euro in sé, né la globalizzazione (che in quanto tale è un fatto e opporvisi sarebbe ridicolo e donchisciottesco), ma la piega che esse hanno assunto negli anni: cioè la curvatura ideologica che le ha accompagnate. È in questo mutato contesto che bisogna perciò inserire sia l’appoggio che la Lega ha dato a Mario Draghi, entrando nella maggioranza di governo; sia la proposta federativa e unionista fatta oggi da Matteo Salvini a Cascais, in Portogallo, ove è intervenuto a un convegno di Identity and Democracy, il gruppo europeo di cui fa parte, dal titolo altamente significativo di A project of another Europe.

Ma andiamo con ordine e partiamo da venerdì scorso, quando Draghi, intervenendo con Angela Merkel al Global solutions summit, avrebbe secondo i giornali sferrato un attacco al leader della Lega, facendo riferimento più in generale alla posizione politica abbracciata” negli ultimi anni dai cittadini di molti Paesi come risposta alle loro ansie politiche ed economiche”. La globalizzazione non si può arrestare, ha chiosato Draghi, e infatti “il multilateralismo sta tornando”. Ora, quello del nostro presidente del Consiglio a me sembra, per una parte, un riconoscimento esplicito del fatto che i problemi sollevati dai “sovranisti”, lungi dall’essere stati creati ad arte da “imprenditori della paura”, come vorrebbe certa retorica, sono il frutto di ansie e disagi concreti e reali. A cui, quindi, non si può rispondere scrollando le spalle e continuando nelle politiche del passato.

Dall’altra, la correzione di quegli aspetti e tratti estremi, e persino grotteschi, che le posizioni “sovraniste” hanno a volte assunto. Opportuna, è risultata perciò la nota della Lega che ha sottolineato, per stroncare le interpretazioni capziose, due elementi non marginali: da un lato, il fatto che il multilateralismo è un valore e che proprio la sua dismissione ha causato l’insorgenza “sovranista” (quante volte gli stati forti dell’Europa hanno riversato sull’Italia problemi che erano anche loro, facendo pagare al nostro Paese un prezzo eccessivo?); dall’altro, che il multilateralismo non è il globalismo. Il quale ultimo, possiamo specificare, è nulla più che ’ideologia che ha accompagnato la globalizzazione finora e che ha ancora l’egemonia nell’attuale parlamento europeo. Riportato il dibattito sul terreno ideale, è ovvio che oggi siano due le diverse idee di Europa che si confrontano: una è quella fondata su un’ideologia progressista e statalista e l’altra su una ideologia conservatrice e liberale.

Purtroppo, i partiti che contestano la prima sono oggi dispersi, e divisi solo a livello parlamentare europeo almeno in tre gruppi parlamentari differenti. Ove, uno di esso, il popolare, è a sua volta diviso in una maggioranza alleata dei progressisti e un’altra che si è accodata alla prima ma mostra sempre più chiari segni di insofferenza. Nella dispersione e rivalità delle forze conservatrici è in gioco non solo il loro futuro, ma anche quello della democrazia in Europa. Che democrazia potrà mai essere quella in cui solo una parte è coesa e legittimata a governare? Superare questo stato di cose è la sfida che vuole raccogliere Salvini, proponendosi come federatore a livello europeo. Una sfida per essere determinanti nel parlamento europeo, come dice una nota odierna, che non può permettersi gelosie o chiusure perché in gioco è l’Europa. Ove l’accenno implicito è probabilmente alla competizione, non solo italiana ormai, con Giorgia Meloni. Non è facile dire se la sfida sarà vinta da Salvini, ma almeno possiamo dire che oggi un tavolo di gioco è stato delineato e circoscritto. E ambiguità e atteggiamenti naif in politica internazionale dovrebbero essere stati finalmente banditi.

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