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Zone economiche speciali e traffici illeciti. L’analisi di D’Amico (Femoza)

Di Maurizio D'Amico

C’è un’evidente correlazione tra zone economiche speciali e traffici illeciti. Un elemento da tenere in considerazione dall’Italia, considerando la spinta impressa dal Pnrr. L’analisi di Maurizio D’Amico, avvocato specializzato in diritto dell’Ue, membro del gabinetto di presidenza della Federazione mondiale delle zone franche e delle zone economiche speciali (Femoza)

Il fascino positivo delle zone economiche speciali (Zes), e della macrocategoria delle “free zones” (FZs), presenta da qualche tempo anche un lato oscuro, consistente nel fatto che attirano sempre più l’interesse di organizzazioni criminali o terroristiche. Molti organismi internazionali hanno analizzato il fenomeno, incrementatosi con l’aumento esponenziale delle FZs a partire dal 2000.

Le attività illecite riscontrate sono: riciclaggio di denaro (Gafi/Fatf, 2010); commercio illecito (World Economic Forum, 2012); produzione e distribuzione di prodotti contraffatti (Icc, 2013 e 2020; Commissione europea, 2020); commercio illecito di legname o contrabbando di rifiuti elettrici ed elettronici (Unodc , 2013); traffico illecito di tabacco (Interpol, 2014); evasione fiscale riguardo a beni artistici, collezioni di beni di valore, metalli preziosi (Commissione europea e Parlamento europeo, 2019). Nei Rapporti realizzati tra il 2017 e il 2020 dall’Ocse con la collaborazione dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (Euipo) sono emersi specifici legami tra il commercio di beni contraffatti e le FZs.

Poiché i prodotti contraffatti in transito sfuggono più facilmente ai controlli rispetto alla loro importazione, i luoghi prescelti per tali operazioni illecite generalmente sono le FZs, importanti snodi del commercio internazionale. Esiste una correlazione statistica tra esistenza, numero e dimensioni delle FZs (nella fattispecie le Export Processing Zones) e aumento del valore delle merci contraffatte esportate, il cui rapporto è tale che all’aumento dei primi segue l’incremento dell’esportazione delle seconde che, tra il 2011 e il 2013, è stato pari a un aumento medio nei singoli Paesi del 5,9%. L’utilizzo improprio riguarda anche il settore farmaceutico, poiché le FZs spesso sono le sedi ideali per il confezionamento e il riconfezionamento di tali prodotti per celarne efficacemente la reale origine.

L’inadeguata sorveglianza in alcune FZs è dovuta al fatto che esse sono considerate entità straniere escluse dall’ambito dell’ordinaria attività di polizia nazionale: ciò peggiora ancor più qualora la governance sia interamente privata. L’Organizzazione mondiale delle dogane (Omd) tramite le informazioni contenute nella banca dati del Customs enforcement network ha individuato un ordine di grandezza delle operazioni illecite realizzate tra gennaio 2011 e agosto 2018. L’analisi è basata su dati forniti discrezionalmente da alcuni Stati membri, tuttavia è una base di partenza per comprendere la varietà delle illiceità commesse, la frequenza dei maggiori settori interessati e la distribuzione geografica delle FZs “non virtuose”, che ha interessato soprattutto le Americhe (49%) e l’Europa (32%), e, in misura minore i Paesi MENA (9%), Asia e Oceania (3,6%) Africa meridionale ed orientale (3,1%) e Africa occidentale e centrale (2%).

Le attività illecite più frequenti riguardano gli stupefacenti (23%) e le contraffazioni o le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale (22%); minori sono i casi di evasione fiscale, contrabbando di tabacco e bevande, traffico di armi, traffico di flora e fauna protette dalla Convenzione Cites. Rileva anche la falsa dichiarazione di origine, particolarmente insidiosa perché spesso fa parte di attività criminali ben più pericolose che approfittano dei minori controlli operati nelle FZs per trafficare armi chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari, ed in generale beni dual use contemplati nel Wassenaar Arrangement.

La pandemia ha aumentato i rischi come dimostrato dall’operazione Qanoon dell’Interpol, che tra febbraio ed aprile 2020 ha comportato il sequestro di dispositivi medici e prodotti igienizzanti anche in FZs di alcuni Paesi mediorientali e nordafricani. Gli atti internazionali di contrasto al commercio illecito spesso non includono le FZs nel loro campo di applicazione: in tali casi le attività criminali non sono facilmente perseguibili. La risposta internazionale è consistita essenzialmente in due iniziative dell’Ocse e dell’Omd la cui adozione da parte dei governi è su base volontaria, e per tale ragione la sua efficacia è da dimostrare. La raccomandazione dell’Ocse del 2019 sul contrasto del commercio illecito e la trasparenza nelle zone franche, condivisa dall’Unione Europea con la Decisione (UE) 2021/799, consiste in un codice di condotta volontario per FZs conformi, adottabile dai governi per ridurre il loro uso improprio e renderle meno attraenti per le reti criminali.

La “guida pratica” sulle zone franche emanata nel 2020 dall’Omd supporta le autorità doganali nel migliorare il controllo sulle FZs, favorendone lo sviluppo sano e la competitività. Riservandomi di essere prossimamente più analitico, ritengo essenziale passare dall’attuale ottica “soft law” a un approccio “hard law” anche per colmare l’incompleto ambito applicativo di varie convenzioni internazionali. Inoltre, per incentivare la loro osservanza nelle FZs, è opportuno coinvolgere in futuro gli organismi internazionali rappresentativi delle FZs in una fase preconsultiva.

Un altro pericolo è quello dei possibili rischi di speculazioni condotte da soggetti esteri per acquisire alcuni comparti economico-produttivi essenziali nazionali, come descritto in Italia nella Relazione del Copasir del 5 novembre 2020 relativa ai settori bancari e assicurativi. Approfittando della maggiore propensione dei governi a catalizzare gli investimenti diretti esteri (Ide) nell’ambito di strategie a lungo termine o di programmi straordinari per rimediare a shock economici imprevisti come quello provocato dal Covid-19, tali “scalate” possono pregiudicare l’indipendenza di settori economici e produttivi delicati per la salvaguardia della stabilità politica ed economica. Ad esempio, dovrebbe esserci cautela nel caso di investimenti con fondi sovrani esteri in settori infrastrutturali chiave per lo sviluppo delle Zes italiane ancora in fase di start up.

Si dovrebbe tener conto di ciò in occasione della riforma delle Zes prevista nel Pnrr. Pertanto, integrando le verifiche di legalità di cui al DPCM n. 12/2018, è necessaria una struttura di governance che oltre al coordinamento centrale, garantisca anche la vigilanza e verifica dei dati sulle attività imprenditoriali autorizzate nelle Zes, l’intelligence finanziaria preventiva nonché l’interfaccia e lo scambio di informazioni, sul piano interno soprattutto con le autorità di polizia e i servizi di sicurezza, su quello internazionale con le agenzie quali l’Olaf, l’Europol e l’Interpol. Questi obiettivi sono conseguibili efficacemente a medio-lungo termine con la creazione di un’Authority nazionale ad hoc, come avvenuto in alcuni Paesi, superando la straordinarietà dell’attuale congegno strutturale, imperniato su commissari di governo e cabina di regia Zes, necessitato dal finora scarso decollo di tali strumenti.

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