Si sta preparando una situazione paradossale per cui i già vaccinati con la prima dose di AstraZeneca non ultra sessantenni sarebbero esposti attraverso il richiamo con lo stesso vaccino ad un rischio di trombosi “straordinariamente raro”, mentre invece i rischi di una combinazione tra AstraZeneca ed una seconda dose di diverso vaccino appaiono una terra incognita. La rubrica di Pino Pisicchio
Qualcuno si è messo a fare un po’ di conti, peraltro alla portata di tutti quelli che hanno la pazienza di andare a dare un’occhiata ai report quotidiani delle autorità sanitarie nazionali, mettendo a confronto l’andamento della pandemia in Italia nel 2020 e nel 2021, all’altezza del mese di maggio e giugno. I dati sono spesso sovrapponibili e, quando c’è divergenza, è in favore dell’andamento dell’anno scorso, quando non eravamo coperti ancora dai vaccini.
Prendiamo i dati più drammatici, quelli delle terapie intensive e dei decessi e scopriamo che dal 10 maggio al 4 giugno dello scorso anno i ricoverati erano 696 contro i 1356 di quest’anno, mentre i decessi in quel periodo del 2020 furono 3582 contro i 3294 all’altezza della scorsa settimana. Prendiamo i dati più recenti: il 12 giugno: i nuovi casi erano 1721 e 52 i decessi. Nello stesso giorno dell’anno scorso i contagi furono 1747 e i decessi 56. Quasi gli stessi numeri, dunque. Dove porta questo ragionamento che, sia detto chiaramente, non intende scalfire di un millimetro la fiducia nella campagna vaccinale e nelle capacità organizzative del generale Figliuolo? Voglio solo aprire un warning: l’arrivo delle temperature più calde ci ha già regalato nel 2020 una lunga estate di euforia. Il giudizio sull’efficacia della campagna vaccinale va dato quando tornano i primi freddi, e dunque ancora niente eccessi di entusiasmo.
Piuttosto cerchiamo di dire parole di certezza sui vaccini. E qui si apre la complicata questione su AstraZeneca, provocata dal drammatico episodio della diciottenne di Genova. Com’è noto le autorità sanitarie hanno deciso di non proseguire la procedura vaccinale col medesimo prodotto nei confronti della popolazione di età inferiore ai 60. Accade, però, che una parte della popolazione cui è stata somministrata la prima dose di AstraZeneca, stimata in un numero non inferiore ai 900.000 italiani, secondo questa determinazione si vedrebbe costretta a subire l’inoculazione di un richiamo con vaccino diverso, compiendo così un ciclo vaccinale, che, peraltro, non vede la convergenza di opinioni nel mondo scientifico, perché non ci sono significativi riscontri statistici su questa modalità.
La scelta diventa ancora più perplessa alla luce delle posizioni espresse dal Comitato scientifico l’11 giugno 2021, secondo cui non vi sarebbero evidenze scientifiche accertate in Italia sul pericolo di danno con la somministrazione della seconda dose di AstraZeneca, perché: “I fenomeni tromboembolici sono meno frequentemente osservati dopo somministrazione della seconda dose”. Infatti, ricordano gli esperti che, secondo stime provenienti dal Regno Unito, quei fenomeni sono pari a 1,3 casi per milione, valore che corrisponde a meno di 1/10 dei già rari fenomeni osservati dopo la prima dose, mentre “secondo quanto riferito dal Direttore Generale di Aifa, a oggi, in Italia, non sono stati registrati casi di Vitt dopo la seconda somministrazione di Vaxzevria”. Pertanto, conclude il documento, “queste evidenze suggeriscono come il tasso d’incidenza riportato dopo la seconda dose sia inferiore a quello osservato dopo la prima dose”. Insomma si sta preparando una situazione paradossale per cui i già vaccinati con la prima dose di AstraZeneca (o di Vaxzevria) non ultra sessantenni sarebbero esposti attraverso il richiamo con lo stesso vaccino ad un rischio di trombosi “straordinariamente raro”, mentre invece i rischi di una combinazione tra AstraZeneca ed una seconda dose di diverso vaccino appaiono una terra incognita.
La cosa ha risvolti alquanto incomprensibili, se solo si pensa che ai cittadini sotto i 60 anni che hanno già ricevuto la somministrazione della prima dose di AstraZeneca è stato chiesto di sottoscrivere una liberatoria in cui si chiedeva di accettare il rischio di effetti indesiderati di tipo tromboembolico che avrebbero potuto manifestarsi con una numerosità altissima, considerata la somministrazione di massa, pari ad 1 su 10.000. Che dire? Si potrebbe consentire il completamento del ciclo di somministrazione di AstraZeneca almeno ai soli cittadini che già abbiano fatto la prima dose e che ne facciano richiesta. Sembrerebbe una soluzione logica. Basta mettersi al riparo dalle umoralità generate delle cronache e mostrare coerenza con le evidenze scientifiche. Anche perché qualche certezza, vivaddio, va pure data a questo popolo in continua precarietà emotiva.