Skip to main content

Dall’unità d’Italia, un’idea per quella libica. Scrive Roiter Jesner (Cmenaf)

Di Shlomo Roiter Jesner

A differenza di molte delle altre potenze straniere impegnate nell’attuale puzzle libico, la sua storia mette l’Italia in posizione unica per avere un impatto duraturo sull’unificazione di quello che purtroppo è diventato uno dei Paesi più divisi della terra. Ecco perché l’unità d’Italia può ispirare quella della Libia e la monarchia… La proposta di Shlomo Roiter Jesner, fondatore e presidente del Cambridge Middle East and North Africa Forum

La recente visita a Roma del primo ministro libico Abdul Hamid Mohammed Dabaiba, capo del Governo di unità nazionale, ha rappresentato il suo primo viaggio in Italia da quando è entrato in carica circa tre mesi fa. Facendo tappa a Roma prima di incontrare il presidente francese Emmanuel Macron, la visita ha evidenziato il ruolo che l’Italia può e deve giocare nella ricostruzione della sua ex colonia, dilaniato da una guerra civile dal 2011.

Concentrandosi sul possibile ruolo italiano nella ricostruzione finanziaria della Libia, Dabaiba ha partecipato a un business forum insieme al presidente del Consiglio Mario Draghi e ai rappresentanti delle principali aziende italiane. Sebbene gli investimenti siano effettivamente parte integrante del futuro del Paese, le discussioni sulla ricostruzione economica su larga scala non dovrebbero precedere quelle relative al ruolo che l’Italia deve svolgere nel ripristino della stabilità politica.

Secondo quanto dichiarato dal ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio, “l’Italia non ha mai abbandonato la Libia e l’ambasciata ha sempre continuato a operare anche nei momenti più difficili. Ora siamo impegnati a rafforzare ulteriormente la presenza istituzionale italiana in Libia”. Un impegno per il futuro della Libia, tuttavia, richiede il rafforzamento delle istituzioni libiche necessarie per la stabilità a lungo termine prima del rafforzamento delle istituzioni italiane volte a promuovere gli interessi economici stranieri. È la promozione di tali interessi stranieri che finora è servita solo ad approfondire la divisione politica in un Paese che è stato per troppo tempo il terreno di gioco di attori internazionali egoisti.

A differenza di molte delle altre potenze straniere impegnate nell’attuale puzzle libico, la sua storia mette l’Italia in posizione unica per avere un impatto duraturo sull’unificazione di quello che purtroppo è diventato uno dei Paesi più divisi della terra. Anche datata 1861, molto si può imparare dall’unificazione del Regno d’Italia per il pantano in cui la Libia si ritrova oggi. Ed è particolarmente vero se pensiamo al ruolo che la restaurazione della monarchia costituzionale libica dovrebbe giocare nell’ambito della coesione nazionale, del costituzionalismo e della ricostruzione post-bellica.

Anche se un senso di identità nazionale esiste in misura molto maggiore nella Libia di oggi rispetto all’Italia del 1861 (come disse Massimo d’Azeglio “Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”), la mancanza di un’identità nazionale coesa oggi è evidente. Simile alle divisioni che erano evidenti tra Cirenaica, Tripolitana e Fezzan prima della costituzione del 1951 e del governo di re Idris, nella Libia di oggi esistono divisioni apparentemente insormontabili tra Bengasi, Tripoli e Misurata, per non parlare del Sud del Paese. Allo stesso modo, una profonda frammentazione politica esisteva tra le cinque città-stato italiane alla fine unite sotto il re Vittorio Emanuele II. La differenza però è che, a differenza della Libia, nel caso dell’Italia, non esisteva in precedenza un modello storico di monarchia costituzionale applicabile a livello nazionale, anche se la posizione del re Vittorio Emanuele II era effettivamente rafforzata in virtù del suo precedente ruolo di monarca del Regno di Sardegna.

Mentre, naturalmente, nel caso dell’Italia la fine della monarchia avvenne con l’approvazione della costituzione del 1946 e il referendum che vide il 52% scegliere la repubblica sulla monarchia, la percezione pubblica dell’istituzione della monarchia era stata significativamente indebolita dall’ascesa di Benito Mussolini nel 1922 e dalla Seconda guerra mondiale. Nonostante Mussolini vedesse la monarchia come potenzialmente antitetica al suo regime fascista, sembra che abbia allo stesso tempo creduto nell’importante ruolo che la monarchia avrebbe dovuto svolgere nell’unificare il Paese e riportare l’Italia alla “gloria che fu di Roma”. Nel caso della Libia, anche se la rimozione della monarchia durante il colpo di stato di Muammar Gheddafi è stata presentata come un sostegno incrollabile da parte del popolo libico, è effettivamente discutibile quanto autentico fosse questo sostegno “popolare” alla destituzione della monarchia.

Inoltre, in termini di rapporto tra simboli nazionali e ripristino dell’unità, si potrebbe fare un paragone interessante tra l’approccio di Mussolini e quello di Gheddafi, che vedeva il dominio della famiglia al-Senussi come il consolidamento di un’unità che era antitetica al suo approccio “divide et impera”. Impiegando una strategia tribale che manteneva i libici consapevoli delle loro divisioni interne, Gheddafi si allineò con i warfalla e i megrahees mentre perseguitava gli amazigh e i berberi. Il tutto rafforzato dalla filosofia sposata dal suo famigerato “Libro verde”, che sebbene pretendesse di porre fine alle divisioni tribali, invece le incoraggiava. La chiave per contrastare anni di divisioni etniche seminate da Gheddafi e poi incoraggiate dall’intervento internazionale dovrebbe essere trovata nell’istituzione che lo stesso uomo forte libico vedeva come chiave per un’unità nazionale indissolubile, quella della monarchia costituzionale.

Un ultimo confronto può essere fatto tra il modo in cui l’unificazione sotto un monarca è avvenuta sia in Italia che in Libia. Mentre il movimento ideologico dietro l’unificazione degli Stati italiani nacque sulla scia della fine dell’occupazione francese iniziata da Napoleone, l’unificazione della Libia sotto re Idris avvenne immediatamente dopo la fine dell’occupazione italiana e la risoluzione 289 (IV) dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che stabilì la piattaforma per l’indipendenza libica. Una lezione importante può essere appresa dal caso italiano dell’unificazione, e in particolare, il ruolo che un triumvirato ha giocato nel realizzarla. Infatti Vittorio Emanuele II non sarebbe mai stato incoronato re senza il sostegno di diplomatici come Camillo Benso conte di Cavour e militari come il generale Giuseppe Garibaldi. La potenziale restaurazione della dinastia Senussi in Libia richiederà quindi l’identificazione di partner ideologici simili in questa delicata impresa. La dinastia Senussi, e in particolare Mohammad al Senussi, è comunque meglio posizionata di quanto non lo sia mai stato Vittorio Emanuele II, considerando la legittimità che egli ha come legittimo successore di re Idris, mentre Vittorio Emanuele II era solo uno dei tanti monarchi attivi nella penisola italiana.

Nonostante la Libia non sia stata occupata dalla partenza degli Alleati intorno al 1951, nell’ultimo decennio è stato probabilmente il Paese con il maggior numero di gruppi di interesse stranieri che giocavano un ruolo in tutto il Medio Oriente. Simile al caso italiano, che ha visto una serie di attori esterni, come Francia e Austria, fermamente contrari all’unificazione, accanto al sostegno di Prussia e Gran Bretagna, nel caso della Libia la serie di interessi stranieri favorevoli o contrari a una potenziale soluzione guidata da una monarchia costituzionale è evidente. Avendo già esplorato una quantità infinita di potenziali soluzioni volte a ripristinare l’unità e la stabilità in Libia, le lezioni storiche del periodo post-coloniale della Libia potrebbero rivelarsi più informative di quanto si pensi. Come disse Theodore Roosevelt, “più si conosce il passato, meglio si è preparati per il futuro”.

Anche se i tentativi di tracciare paralleli storici non producono mai esempi del tutto comparabili, esperienze nazionali simili possono essere eloquenti. Più spesso raffigurate in una luce negativa nella regione Mena, le monarchie, e in particolare quelle di natura costituzionale, sono una soluzione potenzialmente unificante la cui utilità nel colmare il divario in società fortemente divise non è stata esplorata in modo esaustivo. Innumerevoli tentativi regionali falliti di importare democrazie di stile occidentale hanno dimostrato più volte perché sono necessarie soluzioni di governance creative. Un ritorno alla costituzione del 1951 e con essa la forza unificante che era e può ancora essere la famiglia al-Senussi, potrebbe essere proprio la soluzione creativa di cui la Libia ha bisogno.

×

Iscriviti alla newsletter