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La variante Delta? È contenibile. Parla Guido Rasi

variante delta

Le vaccinazioni eterologhe risultano efficaci dalla raccolta dati, dalla ricerca e dagli studi ponte. Ma questo non faccia dimenticare la necessità di istituire un piano nazionale volto al tracciamento, necessario per sconfiggere il virus e arrestarne la continua mutazione. Conversazione con Guido Rasi, ex direttore esecutivo dell’Ema e consigliere del commissario Figliuolo

Le vaccinazioni eterologhe sono il risultato di una cospicua raccolta dati, di una intensa ricerca e dei peculiari e specifici studi ponte. Forti di questa sicurezza bisogna però mettere in campo un piano chiaro e strutturato in tutta la nazione: tracciare, sequenziare, isolare. Senza, non potremo sconfiggere il virus e ne permetteremo ulteriori mutazioni. Lo spiega in una conversazione con Formiche.net il professor Guido Rasi, ex direttore esecutivo dell’Agenzia europea del Farmaco (Ema) e consigliere del commissario straordinario, generale Francesco Figliuolo.

A seguito del parere emesso dal Cts, alla prima somministrazione di un vaccino a vettore virale adenovirus, seguirà una seconda dose con vaccino a Rna messaggero. Come può agire questa vaccinazione eterologa e per quale ragione si ritiene positiva, alla luce dell’avviso emesso a inizio anno, dove veniva chiesto di non ibridare le somministrazioni?

Partiamo dall’avviso di gennaio. A inizio anno si era appena conclusa una sperimentazione di vaccini praticamente sconosciuti, gli unici dati disponibili, sufficienti per l’autorizzazione, erano quelli raccolti sulle decine di migliaia di volontari. Nulla in confronto ai 2 miliardi  di persone che ora hanno ricevuto la somministrazione. I vaccini a vettore virale hanno dimostrato, di fronte ad una generale sicurezza e grande efficacia, una potenziale rarissima percentuale di effetti negativi severi. Quindi, l’idea di ibridare è venuta alla luce di tre fattori. Primo, la potenziale ulteriore riduzione di reazioni avverse, ovvero le famose trombosi indotte da vaccino adenovirale. In secondo luogo, per essere pronti a mitigare eventuali ulteriori problemi di disponibilità, considerati i continui ritardi di produzione e consegna verificatisi all’inizio della campagna vaccinale. Terzo, si è considerata una potenziale migliore risposta immunologica,  basata sia su solide nozioni di vaccinologia sia confermata dai risultati ottenuti nei primi studi condotti in Uk e Spagna. Questi però sono stati giudicati insufficienti sia da parte dell’opinione pubblica che da alcuni esperti.

Lei è d’accordo?

In realtà i dati sono più che sufficienti, si chiamo studi “ponte” utilizzati in vaccinologia per documentare la risposta immunologica di un trattamento che utilizzi farmaci già autorizzati ed ampiamente utilizzati. È stato il caso per i vaccini contro Ebola ed è il disegno di studio pre-autorizzato da Ema per Covid in caso di variazioni degli attuali vaccini che necessitino adattamenti per rispondere meglio a future varianti. In queste circostanze sono sufficienti poche centinaia di osservazioni ben condotte per dimostrare la qualità della risposta immunitaria. I grandi numeri servono quindi per un farmaco nuovo e tutto ciò che concerne quindi la qualità, stabilità, profilo di sicurezza e di efficacia, tollerabilità nelle diverse fasce di individui è ormai già noto. Da questi studi si è evinto che il profilo di sicurezza rimane quello individuale di ciascun farmaco, come ovvio. Anche perché l’intervallo di tre mesi tra la somministrazione di quello adenovirale e quello ad mRNA elimina ogni possibilità di interazione diretta tra i due farmaci. Dal punto di vista del livello immunizzante, senza sorprese, si è visto un aumento.

Questo nuovo parere, seguito dal ministero della Salute, può indicare una superiorità innovativa, tecnologica e scientifica dei vaccini a Rna messaggero, rispetto agli adenovirali, e presupporre che la tecnologia mRNA possa in futuro sostituire totalmente quella adenovirale?

Non si può parlare di reale superiorità tecnologica dei due tipi di vaccini, ognuno ha i suoi vantaggi. I vaccini a mRNA hanno una produzione molto più facile rispetto agli adenovirali, con una elaborazione molto più veloce ma hanno il problema della più difficile conservazione e necessita il trasporto a -70°C. Nel lungo termine è abbastanza logico pensare che prevarrà la tecnologia a RNA messaggero. Uno specifico virale non può essere ripetuto più volte per il  rischio di sviluppare una risposta immunitaria contro il vettore, anziché contro ciò che si trasporta. Quindi, sicuramente la successiva generazione vaccinale sarà a mRNA.

Su quali altre tecnologie ci si sta concentrando?

Sono convinto che l’mRNA sia solo una tappa: seguiranno i vaccini proteici e siamo in attesa di vedere il comportamento di Novavax, in uscita questo autunno. Inoltre ci sono già diversi studi sul vaccino orale, trasportati con biotecnologie tramite batteri comuni come l’E. Coli. Credo quindi che questa esperienza abbia costituito una tappa di allargamento della visione e dell’uso di molte tecnologie. Per quanto riguarda l’mRNA, penso potrà essere utilizzato massivamente a prescindere dai vaccini. Il primo farmaco a mRNA è stato utilizzato contro il cancro: è una tecnologia in studio ormai da 20 anni. Non si parla quindi di una tecnologia nuova, ma di una che non ha mai avuto l’occasione di sviluppo di massa.

Alla luce dell’attuale pandemia e della messa in campo, come si prefigura la campagna vaccinale anti-influenzale di quest’anno? Sarà già possibile pensare ad una soluzione anti pandemica integrata nella somministrazione antinfluenzale? 

Questa è l’ipotesi su cui si sta lavorando di più. Ricordiamo però che è solo un’ipotesi, dato che nessuno è può prevedere l’evoluzione di questo virus. Se circoleranno varianti sostanzialmente diverse dall’attuale ceppo, saranno dei veri e propri nuovi virus, quindi potrebbero entrare nel ciclo della vaccinazioni annuali dell’influenza.

Lei ha parlato di varianti che creano un virus diverso. Visto che in questi giorni si sta parlando molto di delta e delta plus, ci potrebbe essere questa possibilità o parliamo di una variante contenibile?

È una variante contenibile, secondo me. Inoltre, è provato che con un’immunizzazione completa, per ora, questa variante non sfugga alla copertura vaccinale. Aggiungiamo che in Italia non è mai stata presa nessuna azione proattiva volta a fermare le varianti in tempo. Non si traccia, non si sequenzia e non si isola. Adesso che i casi Delta sono pochi, sarebbe veramente facile seguire il percorso del virus a partire dall’individuo, sequenziare e isolare la variante, stroncandone la sua diffusione. Questo sarebbe di grosso aiuto alla campagna vaccinale, consentendo il suo completamento senza interruzioni. Ammesso che si riesca a vaccinare anche dai 12 ai 16 anni, considerando le attuali preoccupazioni in merito e l’azione di alcuni pediatri che sconsigliano il vaccino, rimarrebbe scoperta la fascia sotto i 12 anni. La circolazione della variante non è un’opzione. Se questa continuerà a poter viaggiare tra gli individui sotto i 12 anni, si potrà creare un’ulteriore nuova mutazione che sarà probabilmente maggiormente diffusiva, e speriamo non più aggressiva. Serve un mandato a livello nazionale, con un chiaro disegno volto a tracciare, sequenziare e isolare. Il più presto possibile.



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