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Perché leggere Roberto Bolaño

Roberto Bolaño è morto il 14 luglio del 2003. Allora, l’opera dello scrittore cileno era un continente in emersione. Ignoto a molti. Quattro anni prima aveva vinto il premio Rómulo Gallegos, considerato il Nobel per la Letteratura latinoamericana, ma per il grande pubblico Bolaño era ancora un nome nebuloso.

L’autore di 2666 e I detective selvaggi la gloria se l’è sudata. Scriveva senza sosta, in una corsa contro il tempo che gli restava dopo una diagnosi senza appello e dopo aver praticato i lavori più disparati: guardiano notturno, lavapiatti, cameriere, spazzino e custode.

Il successo Bolaño se l’è goduto solo a metà. Il 14 luglio del 2003 è morto prematuramente di cirrosi epatica. Senza essere un grande bevitore. Sei anni dopo la sua scomparsa, negli Stati Uniti gli è stato assegnato il National Book Critics Circle. Un premio mai dato ad un autore non di lingua inglese. In Spagna, Colombia, Messico, Cile, Argentina, i libri postumi Il terzo Reich e I dispiaceri del vero poliziotto (in Italia pubblicato da Adelphi nel 2012) sono stati nel 2010 ai primi posti delle classifiche. I suoi sono romanzi spesso non facili da leggere perché lunghi e densi, ma libri facili da amare perché scritti con una voce unica.

Una definizione per i libri di Bolaño? “Realvisceralisti”, come la corrente che seguono molti dei suoi personaggi. Una narrativa realista e molto introspettiva, dove il viaggio è sempre presente e serve come metodo, o scusa, per ricerche interiori.

Nato a Santiago del Cile nel 1953, Bolaño si sentiva genericamente “latinoamericano”. Dopo il colpo di Stato di Pinochet si è trasferito in Messico, poi a Blanes, in provincia di Barcellona. Se il Cile, e soprattutto la capitale, è la dimensione che Bolaño e i suoi personaggi hanno sempre voluto lasciarsi alle spalle, l’Europa è il luogo delle tante possibilità per reinventarsi. C’è anche Roma, in particolare nell’ultimo libro che pubblicò in vita: Un romanzetto canaglia, commissionato da Mondadori Spagna per la collana Año 0, pensata per dare uno sguardo letterario su sette città attraverso altrettanti scrittori latinoamericani. A Bolaño toccò Roma: nella sua periferia ha ambientato la storia di Bianca e Tomas, due fratelli rimasti orfani che organizzano una truffa ai danni di un vecchio attore miliardario. La regista cilena Alicia Scherson ne ha tratto un film. Interpretato anche da attori italiani, “El futuro” è ambientato nella zona di Torpignattara.



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