È chiaro che questo battibecco non aggiungerà un solo consenso proveniente dall’area generazionale della famiglia Ferragni-Fedez al già non esuberantissimo bottino di like di Italia Viva. E allora perché Renzi lo fa? Per due motivi essenzialmente… La rubrica di Pino Pisicchio
Tempo fa mi ponevo ancora la domanda sul come pop star e rapper contemporanei potessero fare a ricavare danari dai loro artistici prodotti visto che vinili e cd non se ne vendevano quasi più fuori dal giro degli affezionati cultori. Fu allora che scoprii che esisteva un altro modo, virtuale, di fare soldi: ogni “visita” su Spotify, YouTube o altre simili piattaforme, per ascoltare il brano musicale, comporta royalties per l’autore, secondo un criterio fatto a gradini, per cui più sei ascoltato, più aumenta il compenso per ogni singola visita. Lo stesso criterio vale per i/le cosiddetti/e “influencer”, pesci pilota dell’orientamento dei giovani consumatori, che hanno la tendenza a tramutarsi in maître à penser non solo per la scelta delle mutande o delle pomate callifughe, ma anche per l’impianto ideologico delle nuove generazioni. Talvolta proponendosi addirittura come modello famigliare a cui fare riferimento.
Il caso italiano è la famiglia Ferragni-Fedez, che sembra elaborata al computer sulla base dell’algoritmo che digerisce i dati dei 24 milioni dei loro follower. Ognuno attribuisca una minima cifra per ogni singolo “visitatore” delle cronache di questa impresa famigliare rappresentate online e capirà quanto tempo ha perso in vita sua a studiare e faticare per fare concorsi e cercarsi un posto fisso. Va da se’ che ogni polemica, ogni alzata di ciglio, ogni conflitto rappresentabile in Rete è carburante che mette il turbo al voyeurismo degli affezionati tifosi. E, se il click corre, corrono anche i guadagni. È chiaro, inoltre, che anche per l’influencer che per mestiere accumula contatti nel web non può essere disabilitato il diritto costituzionale ad esprimere il proprio pensiero. La famiglia Ferragni-Fedez, che ha una maggioranza di seguaci sensibili al richiamo del politicamente corretto, difende l’arcinoto ddl Zan (che se fosse solo per le citazioni sarebbe la proposta più nota d’Italia) e su questa strada incontra e travolge Renzi, giudicato, per aver espresso dubbi sul passaggio della proposta al Senato, come il perfetto testimonial della schifezza di cui è portatore ogni politico.
Renzi replica, con inusitata sobrietà, e il siparietto domina la Rete, forse domani anche qualche trafiletto sulla carta stampata e sui tiggi’. Lasciamo da parte il merito della questione (la fattura della proposta Zan, al di là dei meritevoli intenti, la plausibilità di un’approvazione al Senato se non modificata, le posizioni di destra e sinistra ecc.) e restiamo sugli effetti della piccola polemica. È chiaro come il sole che Renzi risulterà perdente: lascia il suo campo di politico politicante, molto tattico e dunque già non comprensibile dalle moltitudini, per entrare nella terra incognita della famiglia Ferragn-fedeziana, dove le regole- semplificate fino alla banalizzazione-le fanno i padroni di casa e i loro affezionati follower. È chiaro che questo battibecco non aggiungerà un solo consenso proveniente da quell’area generazionale al già non esuberantissimo bottino di like di Italia Viva. E allora perché Renzi lo fa? Per due motivi essenzialmente: il primo caratteriale. Scacciare la mosca dal naso. Il secondo politico. Il messaggio è: “sarò pure il capo di un piccolo partito, ma, ricordatevi che, così come ho fatto con il Conte due e con il Draghi uno, posso ancora menare il gioco a mio piacimento.”. Così sia la famiglia Ferragni eccetera, che vede impazzare i suoi seguaci, sia Renzi, che resta ancora al centro dell’attenzione, hanno avuto ciò che volevano.
Morale della favola: lasciamo perdere il siparietto e rendiamo un omaggio a Raffaella Carrà, artista di valore assoluto che, senza fare proclami, fece tanto per la liberazione delle donne italiane, con una professionalità esemplare e con un senso della privacy che andrebbe preso a modello. E non urlò mai, né offese mai nessuno, in un tempo in cui anche la politica sceglieva toni più gentili. Non che fosse meglio o peggio: solo più urbana.