Skip to main content

Caos ad Haiti, tutti gli effetti per la sicurezza regionale

L’omicidio del presidente Moise può scatenare una escalation di instabilità sociale e politica sfociando in ondate di violenza, che comprometterebbe anche i Paesi vicini dei Caraibi e gli Stati Uniti. Per l’accademico Robert Fatton, Haiti è alle porte di un caos mai visto nella sua storia

Sono emersi dalle indagini nuovi dettagli sull’omicidio del presidente di Haiti, Jovenel Moise. Il capo dello Stato del Paese caraibico è stato ucciso all’una di notte con 12 colpi d’arma da fuoco da un commando che avrebbe anche saccheggiato il suo studio e la camera da letto.

Il giudice di pace, Carl Henry Destin, che ha fatto il riconoscimento legale del cadavere, ha spiegato al quotidiano Le Nouvelliste che sono stati “constatati dodici fori sul corpo del presidente […] L’ufficio e la camera del presidente sono stati saccheggiati. Lo abbiamo trovato disteso sul dorso, pantaloni blu, camicia bianca macchiata di sangue, la bocca aperta, l’occhio sinistro crivellato”.

Nella sparatoria sono morti due agenti della polizia ed è rimasta gravemente ferita la moglie del presidente. La figlia del presidente, invece, si è nascosta nella stanza del fratello e si è salvata. I membri del commando sono entrati nella casa presidenziale dopo essersi identificati come agenti della Drug enforcement administration (Dea) degli Stati Uniti.

Intanto, la frontiera tra Haiti e Repubblica Dominicana è stata chiusa. La crisi preoccupa molto la comunità internazionale, per cui il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si riunirà oggi a porte chiuse per discutere della situazione ad Haiti. Alla riunione riferiranno il rappresentante speciale del segretario generale e il capo dell’ufficio Onu ad Haiti.

L’analisi “Fast Thinking” dell’Atlantic Council sostiene che ora il problema riguarda il piano della successione. È stato il primo ministro ad interim, Claude Joseph, che ha annunciato la morte di Moise, a rilasciare dichiarazioni a nome del governo, inclusa sullo “stato d’assedio”, ma non è chiaro chi e come guiderà il paese.

Moise, che era in carica per decreto in attesa dello svolgimento di nuove elezioni, aveva nominato un nuovo primo ministro, Ariel Henry, ma Henry non ha ancora prestato giuramento. Mentre il capo della più alta corte del Paese è appena morto di Covid-19.

L’allarme più grave riguarda la migrazione: “Molti haitiani potrebbero reagire tentando di lasciare il Paese […] Dal 1 giugno 13.000 persone sono già fuggite da Haiti a causa della violenza delle bande”. Con una maggiore instabilità politica, il rischio è che il flusso migratorio aumenti, pesando sugli altri Paesi dei Caraibi e gli Stati Uniti”.

Per l’accademico haitiano Robert Fatton, i fatti di ieri sono i più inquietati nella storia di Haiti, un Paese segnato dalla povertà, disastri naturali, dittature e congiure politiche. In un’intervista alla Bbc, il professore di Rapporti Internazionali all’Università di Virginia negli Usa, ha detto: “Anche per un Paese instabile come Haiti, un omicidio di questo tipo è un fatto insolito e preoccupante”.

“L’assassinato del presidente Moise posiziona Haiti alla porta del caos e, come è successo in altre occasioni, questa instabilità politica e sociale può avere implicazioni in tutta la regione”.

Fatton ricorda come negli anni colpi di Stato e disastri naturali hanno provocato ondate migratorie e hanno anche spinto diversi governi a chiedere l’intervento delle Nazioni Unite.

“Se non si raggiunge un consenso, e si mantiene un governo con persone che sono al potere adesso, è probabile che si tornerà ad una situazione simile a quella che affrontava Moise, o anche peggiore – conclude lo studioso -. È una situazione che può degenerare in maggior instabilità sociale, politica e più violenza. Cerco di essere positivo, ma quanto è successo è grave e non si può sottovalutare. Haiti è alle porte di un caos mai visto nella sua storia”.



×

Iscriviti alla newsletter