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Caro Letta, non tassare i conti bancari

Con l’autorizzazione dell’editore e dell’autore pubblichiamo il commento di Edoardo Narduzzi uscito sul quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi, Italia Oggi.

Lo spread inchiodato a quota 300 dopo due anni esatti di manovre a ripetizione segnala, senza alcun possibilità di errore, la debolezza della situazione italiana. Tra la coda del governo Berlusconi, due manovre straordinarie nell’estate 2011, e quello Monti, l’Italia ha inseguito lo spread varando ben quattro provvedimenti. Un salasso: 45,5 miliardi di interventi da parte di Berlusconi nell’agosto 2011, altri 63 mld con il decreto Salva-Italia di Monti e ancora 10 mld di correzione dei conti pubblici a fine 2012. In termini di maggiori entrate, per il solo 2013, significa un aumento di circa 55 mld delle tasse pagate da cittadini e imprese (la contabilità delle manovre è per il 70% di nuove tasse e per il 30% di risparmi di spesa). Eppure, nonostante tutte le maggiori imposte introdotte, lo spread è rimasto a un livello insostenibile. Un dato che dovrebbe spingere a riflettere non poco sull’approssimazione strategica seguita dall’Italia per affrontare la crisi. Manovre caotiche, emergenziali, spesso contraddittorie nei fini. Insomma il peggio del peggio che si potesse fare per ottenere, contestualmente, due risultati negativi: orientare le aspettative in maniera negativa e lasciare scettici gli investitori.

In questo quadro, già critico, sta per entrare in scena la manovra di autunno del governo Letta.

 

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