La prossima settimana, con una riunione a Roma, si cercherà di sbloccare lo stallo sulle elezioni in Libia. Il voto è necessario per completare il percorso di stabilizzazione: senza la nomina popolare di presidente e parlamento il rischio è il crollo del processo in corso
Il destino della Libia passa (di nuovo) dall’Italia, che la prossima settimana ospiterà una riunione di importanza fondamentale per decidere il percorso definitivo verso le elezioni presidenziali e parlamentari. L’Onu ha fissato il voto per il 24 dicembre come punto d’arrivo della fase di stabilizzazione avviata dopo il cessate il fuoco che ha fermato l’ultimo conflitto Est-Ovest. Fase attualmente intestata al Governo di unità nazionale, l’esecutivo guidato da Abdelhamid Dabaiba ed eletto dopo il voto del Forum di dialogo politico libico.
Il Forum, un’assise creata dalle Nazioni Unite con 75 membri rappresentanti di tutte le anime (politiche e territoriali) libiche, ha continuato a lavorare anche per le elezioni, ma dinamiche interne hanno fatto chiudere con un nulla di fatto l’ultima e teoricamente decisiva riunione. È stato l’inviato speciale delle Nazioni Unite in Libia, Jan Kubiš, nel suo briefing al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ad annunciare che ora si tenterà con la riunione italiana. La diplomazia (e l’intelligence) di Roma vantano rapporti molto buoni con con tutte le anime nel paese, e dovranno sfruttare questi per cercare una quadra.
Le elezioni sono considerate un passaggio necessario. Fondamentale che l’attuale processo di stabilizzazione passi per il voto e sfoci nella nomina popolare di un presidente e di un parlamento eletto. Da lì si dovrebbe trovare la risoluzione di tutti gli obiettivi recentemente indicati dalla Comunità internazionale a valle della conferenza “Berlino-2”. Su tutti, dal voto, passa la possibilità di insediare a Tripoli un governo più forte e stabile in grado di spingere le adeguate riforme – che serviranno al recupero economico e sociale del paese – e di avere maggiore leva nel richiedere l’uscita di tutte le unità armate straniere presenti illegittimamente in Libia.
È questa l’idea che il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, ha espresso durante una recente audizione parlamentare. Visione totalmente condivisa con gli Stati Uniti, che stanno spingendo per la formazione di un governo eletto anche pensando alla forza che questo può avere nel richiedere l’uscita dei mercenari russi del Wagner Group – che durante l’ultimo conflitto avevano aiutato le ambizioni del signore della guerra dell’Est nel suo tentativo di rovesciare il precedente governo onusiano di Tripoli, e attualmente rappresentano l’impronta di Mosca sulla Libia e al centro del Mediterraneo.
“I membri del Forum erano divisi in vari blocchi e gruppi di interesse con differenti affiliazioni […] e non sono stati in grado di trovare un accordo sulla proposta finale per le elezioni”, ha ammesso Kubiš, sottolineando come “a causa di questo fallimento, la situazione in Libia sta diventando più difficile, conflittuale e tesa”. Secondo l’inviato onusiano, “interessi istituzionali, politici e individuali ostacolano la strada verso un accordo sul necessario quadro legale per tenere le elezioni il 24 dicembre”: “Tutte le nuove forze dello status quo stanno usando diverse tattiche e argomenti spesso legittimi con un solo risultato: ostruire le elezioni. Il mio predecessore, che ha avuto esperienze simili in passato, li chiamava spoilers: una descrizione accurata dato il loro approccio e il loro modo di manovrare” (Kubiš usa “spoilers” per indicare forze che intendo guastare il quadro di stabilizzazione).
“La scorsa settimana un nuovo comitato della Camera dei rappresentanti è stato stabilito per preparare una legge elettorale per tenere le elezioni il 24 dicembre. […] Questo comitato intende riunirsi in Italia la prossima settimana”, ha aggiunto Kubis. Tale comitato annovera tra i suoi membri il presidente della Camera dei rappresentanti, Aguila Saleh, oltre ai vertici dell’Alta commissione elettorale della Libia (Hnec). Kubis, attraverso il suo intervento davanti al Consiglio di Sicurezza, ha potuto dare un quadro completo delle difficoltà che sta attraversando il governo di unità nazionale, e di cosa soffre di fronte agli attuali organi e agli attori in Libia, ha spiegato l’analista di Tripoli Ali al Windi: “Il suo discorso indica che il processo politico in Libia è completamente minacciato se non viene risolto”.
“Il discorso chiarisce anche la necessità che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU intervenga emanando decisioni vincolanti per il successo della road map del Forum di dialogo politico, e altre decisioni rigorose contro gli ostruzionisti per il bene del voto di dicembre; per sbarrare la strada a qualsiasi altro tentativo di eludere e contrastare le elezioni”, aggiunge a Formiche.net al Windi: “Dobbiamo sfruttare lo slancio creato oggi dai membri del Consiglio di sicurezza;, perché potrebbe essere l’ultima possibilità per le parti libiche di superare eventuali ulteriori scontri tra le parti in conflitto, e di procedere a elezioni parlamentari e presidenziali che pongano fine alla divisione”. Un’immagine che rappresenta come la situazione nel paese non sia rosea: il sottosegretario al ministero della Gioventù è stato rapito davanti alla sua casa, picchiato e poi rilasciato.