Non ci sono convergenze di situazioni e di politiche rispetto agli anni settanta e ottanta del secolo scorso, ma piuttosto divergenze. Se non verranno fatti clamorosi errori, gli aumenti dei prezzi resteranno contenuti, scrive Giuseppe Pennisi
Questa testata ha già commentato alcune settimane fa i segnali di inflazione, e di potenziale “stagflazione”, che si avvertivano. Ora a ragione della forte ripresa in corso negli Stati Uniti e del robusto andamento dell’economia europea, non si teme più la “stagflazione”, che pareva indicata soprattutto dall’impennata dei corsi di alcuni prodotti di base, dai forti aumenti dei noli, e dalle difficoltà a reperire, nelle quantità volute, alcuni componenti essenziali alla produzione industriale (come i “microchip” per il settore automobilistico) la cui manifattura è stata gradualmente delocalizzata in Estremo Oriente. Esprimono preoccupazione soprattutto le categorie a reddito fisso, particolarmente coloro che hanno raggiunto i settanta anni ed hanno vivo il ricordo del decennio tra gli anni settanta e gli anni ottanta del secolo scorso quando quasi mese dopo mese si restringeva il valore reale della busta paga.
Allora l’inflazione partì dagli Stati Uniti: negli Usa ciò che si poteva acquistare con cento dollari nel 1970 ne avrebbe richiesti ben 280 nel 1985. Aumenti dei prezzi ci sono stati negli ultimi quindici anni, ma moderati; sempre negli Usa, il paniera che richiedeva 100 dollari nel 2005, ne domandava 135 nel 2020. È utile raffrontare il fenomeno nei due periodi proprio partendo dal caso degli Stati Uniti, che conosco bene dato che ho vissuto nella capitale Usa (pur venendo spesso in Italia) dal 1967 al 1983, quindi vivendo la grande inflazione di quel periodo.
Allora, l’inflazione venne innescata ed alimentata da due determinanti a carattere politico. In primo luogo, i governi americani (sia la Casa Bianca avesse un inquilino democratico od uno repubblicano) furono restii a rivolgersi al Congresso per un aumento di tasse ed imposte per finanziare le spese militari (specialmente per la guerra in Vietnam); ricorsero quindi a disavanzi sempre maggiori che portarono nel Ferragosto del 1970 alla fine del sistema di cambi, ancora sul dollaro convertibile a tasso fisso in oro, e, quindi, ad una fase di caos monetario. A questa determinante, si aggiunse la doppia crisi petrolifera della prima metà degli anni settanta, che portò al tempo stesso ad una caduta della produzione e del reddito ed ad aumenti dei prezzi.
Oggi, la principale determinante è la ripresa dalla recessione causata dalla pandemia, una ripresa stimolata da politiche espansive e di bilancio e della moneta. Il precedente è l’euforia, accompagnata da politiche espansionistiche, dopo l’epidemia spagnola del 1918-19. Allora si operava in un contesto di economia mondiale fortemente frammentata, con modesta conoscenza di macro-economia. Ora siamo in un’economia internazionale fortemente integrata e sappiamo gestire la politica della moneta e di bilancio.
Come si è visto su questa testata il 13 luglio, le principali autorità monetarie – quelle degli Stati Uniti e dell’Unione europea – stanno valutando se e come affinare le loro manovre e soprattutto se e come tornare a politiche “convenzionali”, ora che si sta uscendo dalla recessione e si avvertono fremiti d’inflazione. Anche in materia di politica di bilancio è in corso una rimodulazione dopo le forti spese in disavanzo per impedire il crollo dei consumi e della produzione, nonché tensioni sociali, a ragione del crollo delle attività dovuto alla pandemia. Negli Stati Uniti, dopo avere varato vasti programmi di sostegno, l’amministrazione Biden ha grandi difficoltà a fare approvare dal Congresso il programma pluriennale di ammodernamento del parco infrastrutturale Usa. In Europa, la revisione delle regole di funzionamento dell’unione monetaria sta per entrare in una fase negoziale, di pari passo con l’inizio dell’attuazione dei Piani di ripresa e resilienza che dovrebbero permettere un rilancio di quella produttività che nel Continente vecchio è piuttosto anemica.
Quindi, non ci sono convergenze di situazioni e di politiche rispetto agli anni settanta e ottanta del secolo scorso, ma piuttosto divergenze. Se non verranno fatti clamorosi errori, gli aumenti dei prezzi resteranno contenuti.