La Fcc approva all’unanimità un programma di indennizzi da quasi 2 miliardi di dollari per gli operatori che hanno dovuto rimuovere, sostituire e smaltire le apparecchiature Huawei e Zte (“rip and replace”). Quanto costerebbe fare lo stesso in Italia? Ci converrebbe?
Secondo Huawei il “rip and replace” applicato dagli Stati Uniti al 5G è “un tentativo irrealistico di riparare ciò che non è rotto”. Perché sostituire qualcosa che funziona?, dice il colosso cinese delle telecomunicazioni.
Ma non è dello stesso avviso la Commissione federale per le comunicazioni (Fcc), che ha approvato all’unanimità un programma di indennizzi da 1,895 miliardi di dollari per gli operatori che hanno dovuto rimuovere, sostituire e smaltire le apparecchiature “made in China” di Huawei e Zte, vendor banditi dagli Stati Uniti, presenti nelle loro reti.
Un anno fa la Fcc aveva definito Huawei e Zte minacce alla sicurezza nazionale, impendendo alle aziende statunitensi di attingere a un fondo governativo di 8,3 miliardi di dollari per acquistare attrezzature dai due produttori cinesi. A dicembre, invece, aveva adottato regole che richiedono agli operatori che utilizzano apparecchiature Huawei e Zte di procedere con il “rip and replace”.
“Proteggere l’infrastruttura critica delle comunicazioni in America da potenziali minacce alla sicurezza è più importante che mai a causa dell’enorme impatto che le nostre reti di comunicazione hanno sul lavoro, sull’istruzione, sull’assistenza sanitaria e sulle comunicazioni personali”, si legge nella nota della Fcc. La mossa rappresenta “un altro passo nell’azione in corso della Fcc per proteggere le reti di comunicazione da coloro che vorrebbero danneggiare gli Stati Uniti”, prosegue il comunicato.
Tradotto: la Fcc in primo luogo ribadisce che la sicurezza non può essere sacrificata sull’altare della convenienza economica; in secondo luogo riconosce l’importanza di mettere sul piatto aiuti per gli operatori. Dal bastone di Donald Trump – che ha messo pressione sulle aziende statunitensi affinché non utilizzassero apparecchiature cinesi arrivando fino a bandire queste ultimi – gli Stati Uniti sono passati alla carota di Joe Biden – con fondi e formazione – come notavamo poco tempo fa su Formiche.net.
La soluzione “rip and replace” è stata ipotizzata anche per l’Italia dal Copasir, che a fine 2019 aveva suggerito al governo (allora era il Conte II) di “considerare molto seriamente” la possibilità di escludere gli operatori stranieri che comportano una minaccia per la sicurezza delle informazioni. Il Comitato ha stimato i costi di una simile procedura estesa a tutti i soggetti regolati dal Golden power in circa 600 milioni di euro e senza ritardi significativi. Un valore in linea con i costi dichiarati da altri Paesi (Australia e Stati Uniti) che hanno deciso di rimuovere e sostituire i fornitori ad alto rischio, hanno spiegato gli esperti di Cefriel. Gli stessi hanno evidenziato anche come il valore delle possibili violazioni legati ai cosiddetti fornitori ad alto rischio possa superare gli 8,55 miliardi a completamento della rete.