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Perché rifinanziare la guardia costiera libica è un errore. Scrive Rotondo (Auxilium)

Di Roberto Rotondo

Le storie dei migranti che hanno attraversato il mare passando dalla Libia ci fanno percepire il fenomeno migratorio non più come un insieme di numeri astratti, ma composto da persone vere. Ecco perché finanziare la guardia costiera libica è stato un errore del Parlamento italiano secondo Roberto Rotondo, giornalista, ufficio stampa Cooperativa sociale Auxilium

La notizia che il Parlamento italiano ha confermato il 15 luglio il sostegno diretto e indiretto del nostro Paese al sistema di deportazione e detenzione dei migranti in Libia, con una maggioranza bulgara, è finita in prima pagina solo su Avvenire, L’Osservatore Romano e Il Manifesto. Ma stavolta i toni critici delle due testate cattoliche per “un sì sbagliato”, non hanno provocato una sollevazione di scudi contro le ingerenze della Chiesa negli affari dello Stato laico. È bastata una scrollata di spalle, la stessa usata verso gli appelli delle Ong e delle principali organizzazioni umanitarie, così come dei rapporti dell’OIM, nei quali c’è scritto che: “I migranti che vengono rimpatriati in Libia sono sottoposti a detenzioni arbitrarie, estorsioni, sparizioni e atti di tortura”. D’altronde non erano bastate le immagini video delle motovedette libiche che mitragliavano i migranti, né le centinaia di cadaveri raccolti nel Mediterraneo quest’anno e neanche le cicatrici fisiche e psicologiche di coloro che riescono ad arrivare nel nostro Paese.

“L’Italia ha deciso di continuare a far finta di non sapere che stiamo finanziando bande di trafficanti di esseri umani, che impediscono a tante persone innocenti di mettersi in salvo e di costruire un futuro migliore”, dichiara Angelo Chiorazzo, fondatore della Cooperativa Auxilium che il 15 luglio ha partecipato al digiuno di giustizia in solidarietà con i migranti promosso da Padre Alex Zanotelli in Piazza Montecitorio, per chiedere all’Italia e all’Europa di fermare l’inimmaginabile inferno che stanno vivendo le persone migranti nei lager libici. Aggiunge Chiorazzo: “Questa è una vergogna epocale, che sarà giudicata dalla storia così come furono giudicati i campi di sterminio nazisti. I lager di ieri e quelli di oggi in Libia, infatti, hanno in comune l’aver reso la violenza, il razzismo e la morte una filiera industriale, un sistema criminale capace di tenere sotto ricatto la stessa Unione europea”.

Padre Alex Zanotelli nel corso della mattinata, in un messaggio video inviato al sito dei francescani di Assisi sanfrancesco.org, ha fatto un appello a tutta la società civile: “Siamo davanti al Parlamento italiano, aiutateci a far pressione sui luoghi dove vengono prese le decisioni, perché devono smetterla di finanziare la guardia costiera libica, devono smetterla con il memorandum Italia-Libia. Gli abbiamo dato tanti soldi togliendoli alla cooperazione con i Paesi poveri e vengono usati per fare queste porcherie”.

La delegazione di Auxilium ha portato in Piazza Montecitorio, oltre alla Bandiera della Pace, anche le testimonianze di coloro che quella violenza l’hanno subita. Alcune sono state raccontate dai protagonisti, altre erano scritte e provenivano dal CARA di Bari e dal Centro Mondo Migliore, nei pressi di Rocca di Papa. Testimonianze – come quella di Kone Soumalia, ragazzo ivoriano di Mondo Migliore, mutilato ad un orecchio dai suoi aguzzini in Libia perché non aveva pagato l’intero riscatto, che era in Piazza Montecitorio a sorreggere il grande striscione Auxilium – che aiutano a capire come si può sentire una persona che ha vissuto quell’inferno nell’apprendere che il nostro Parlamento ha deciso, in modo quasi unanime, di rifinanziarlo.

Le loro storie, infatti, ci fanno percepire il fenomeno migratorio non più come un insieme di numeri astratti, ma composto da tante persone concrete. Persone come Sarah, una ragazza della Costa d’Avorio di ventitré anni, fuggita dal suo Paese per sottrarsi alle mutilazioni genitali e raggiungere il fidanzato che lavorava a Tripoli. La ragazza, che oggi è accolta al CARA di Bari, era arrivata a Sabha in Libia dopo un viaggio durato quattro mesi e lì venne arrestata dalla polizia e rinchiusa nel vicino centro di detenzione. A Sabha la ragazza viene torturata e violentata per tre mesi, finché il fidanzato non riesce a pagare il riscatto per farla liberare. Di lì a poco sarà lui a finire in uno di questi lager, ma prima di essere arrestato il giovane riesce a dare gli ultimi soldi alla fidanzata e l’indirizzo di una donna che è in contatto con gli scafisti, per farla scappare in Europa. Sarah per tutto il 2019 tenta di fare la traversata, ma il barcone ogni volta viene bloccato e rimandato indietro. Viene di nuovo arrestata e violentata ma, alla fine, in stato interessante, riesce ad arrivare in Italia e qui sta ricostruendo la sua vita.

Fanno riflettere anche le testimonianze dei gruppi familiari e ce ne sono molti accolti a Mondo Migliore. Tra loro anche due coniugi somali, con i due figli piccoli, di uno e due anni, nati entrambi a Mondo Migliore. Oggi è una famiglia serena che si sta integrando, perché nel Centro accoglienza gestito da Auxilium sulla Via dei Laghi ha incontrato l’Italia che sa accogliere, ma Hamed, contadino, fuggito dalla Somalia a causa dei gruppi terroristi di Al-Shabaab, non può dimenticare di aver conosciuto la moglie Loul nel periodo più drammatico della loro vita, ovvero nel centro di detenzione di Beni Ulid in Libia. Era il 2018 e anche lei era scappata dalla Somalia per non subire più vessazioni, ma in Libia le era andata anche peggio. All’interno delle carceri la donna ha subito violenze fisiche e psicologiche per due anni, le razioni di cibo erano insufficienti e le condizioni igieniche assurde. Le veniva negata ogni assistenza medica anche dopo essere rimasta incinta. I coniugi, come tutti coloro che ci sono passati, raccontano che all’interno delle prigioni c’è uno stato di totale abbandono, si vive ammassati peggio del bestiame nelle stalle. Loul sente ancora la paura di quei giorni nei quali temeva di morire, di perdere la creatura che portava in grembo, di non uscire più di lì, dove hanno visto morire molte persone. I parlamentari e il governo italiano invece no, hanno preferito voltarsi dall’altra parte.

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