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Draghi, Merkel e l’Europa che verrà. Le previsioni di Fitoussi

Di Jean-Paul Fitoussi

La postura della Germania dipenderà dalla capacità del successore della cancelliera di impostare una politica autorevole e flessibile, da leader europeo. La sospensione, seppur temporanea, di norme come il Patto di stabilità e crescita e il Fiscal compact costituisce comunque una svolta epocale. Il commento di Jean-Paul Fitoussi

Tra le sfide e i cambiamenti che potranno rivolgere i rapporti di forza e gli equilibri costituiti nell’Unione europea ci sono le elezioni federali tedesche di settembre.

Che cosa potrà cambiare nell’Ue post-Merkel? A ciò si può rispondere in due modi. In primo luogo, è ovvio che la postura della Germania dipenderà dalla capacità del successore della cancelliera di impostare una politica autorevole e flessibile, da leader europeo.

Sicuramente si può anche ipotizzare che il Paese occuperà uno spazio minore, dato un indebolimento di potere che è già in corso d’essere. In effetti la sospensione, seppur temporanea, di norme come il Patto di stabilità e crescita e il Fiscal compact costituisce comunque una svolta epocale, data anche la nota convinzione tedesca sul tema dell’austerità economica.

Su questo, per esempio, appare chiaro che la Germania non avrà più la stessa forza dottrinale di prima. In secondo luogo, sul piano internazionale, è chiaro che l’Unione europea dimostra un grande ritardo in termini di ripresa post-Covid, soprattutto nei confronti dei Paesi più influenti del mondo, gli Stati Uniti, la Cina e il sud-est asiatico a essa legato.

L’Ue globalmente si è via via indebolita e ciò ha una chiara spiegazione economica. Nella fase post-pandemica gli Usa hanno già recuperato il prodotto interno lordo del 2019 mentre l’Ue riuscirà a raggiungere solamente i livelli del 2003.

Perciò è evidente che maturerà un divario sul Pil pro capite rispetto agli Usa che sarà difficile da riscattare. C’è il rischio che, prossimamente, l’Unione europea si trovi al banco dell’ultimo allievo nella classe dei ricchi perdendo di importanza, influenza, capacità di sviluppo e di crescita.

Lo scenario pone all’orizzonte alcune sfide per il futuro degli equilibri dell’Ue per come li abbiamo sempre considerati. Il ruolo-chiave che la cancelliera Merkel ha avuto per i bilanciamenti europei è cosa nota a tutti.

Prendendo in analisi l’Italia e il suo ruolo in seno all’Unione, infatti, Merkel è stata capace di guardare al Paese con intelligenza, conciliando le diverse posizioni e riassumendo in sé il valore della mediazione. Al momento però, in Ue, la consolidata intesa franco-tedesca è in fase di stallo e sembrano perciò aprirsi nuove fruttuose possibilità sul fronte dei Paesi del Sud.

In effetti la nomina di Mario Draghi a primo ministro è per l’Italia e l’Ue una buona opportunità per sondare nuove possibili cooperazioni interne, ma su certi cambiamenti peserà comunque la successione nel potere tedesco. Il nuovo leader dovrà saper coltivare con la stessa intelligenza di Merkel i rapporti fra i maggiori Stati dell’Unione, perché il rischio è che si approfondisca la spaccatura fra nord e sud e a mio avviso non a beneficio del nord. Italia e Francia, insieme, hanno buone possibilità, anche rispetto alla Germania.

Comunque, sul tema di un’armonia franco-italiana da inserirsi nel solco delle freddezze tra Francia e Germania ci sono ancora diversi elementi di debolezza, nonostante alcuni allineamenti positivi soprattutto sul fronte dello sviluppo industriale e dell’IA. Come detto, però, il valore che Draghi ha assunto per i rapporti di forza all’interno dell’Ue è davvero importante. La sua autorevolezza e credibilità in Europa è suscettibile di sostanziare l’agognato equilibrio a tre tra Francia, Germania e Italia anche se si tratta ancora di uno scenario da valutare.

La nebulosa delle elezioni tedesche svanirà solo a settembre e fino ad allora è difficile immaginare la visione del successore di Merkel. In generale credo che si debba parlare, piuttosto, della nota dicotomia nazionale-federale. Bisogna scegliere su quale “sedia” sedersi, altrimenti l’Ue non avrà troppe possibilità di andare avanti a lungo.

Ad oggi è ancora necessario che i poteri nazionali accettino la creazione di facoltà federali più forti e in più materie, perché anche se sarà superata la crisi causata dalla pandemia, l’Unione europea rischia di rimanere indietro sullo scacchiere internazionale.



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