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Fare lobby per il Terzo Settore. Perché valorizzare il volontariato

Di Raffaele Abbattista

È stato proprio con l’attività di lobbying che si sono ottenute misure e azioni orientate ai temi di interesse collettivo in provvedimenti quali le leggi di bilancio, i decreti milleproroghe, e, da ultimo, il Pnrr. L’intervento di Raffaele Abbattista, founder di Renovatio

L’attività di lobbying è fondamentale. Anche nel Terzo Settore: il fine è la rappresentanza di interessi collettivi presso il sistema istituzionale e il risultato sono risultati politici concreti, dal reddito di inclusione all’assegno universale per i figli, da specifici interventi dedicati alla sostenibilità nell’ambito delle politiche industriali all’assistenza domiciliare.

È stato proprio con l’attività di lobbying che si sono ottenute misure e azioni orientate ai temi di interesse collettivo in provvedimenti quali le leggi di bilancio, i decreti milleproroghe, e, da ultimo, nel Pnrr. Sono i numeri a dare le proporzioni e l’importanza del Terzo Settore, a livello nazionale ed europeo: il dato Istat più recente, riferito al 2018, parla di 16.557 imprese, con 458.222 dipendenti, sul territorio nazionale (le sole cooperative sociali contano 15.751 unità con quasi 452 mila dipendenti).

Salamon e Sokolowski, nella loro “Ricerca sul Terzo Settore europeo”, contano in 29,1 milioni le persone che operano nel settore, il 55% a titolo gratuito. Il complesso degli Ets che perseguono, senza scopo di lucro, finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale rappresenta una delle colonne del nostro Paese e del nostro continente: perché la ricaduta della loro attività è imprescindibile e perché, spesso, è proprio il Terzo Settore ad arrivare dove le istituzioni non possono giungere. Il ruolo chiave di advocacy e promozione del non profit presso il sistema decisionale pubblico italiano si è per esempio rivelato insostituibile durante i lunghi e complessi passaggi della riforma del Terzo settore.

Se, per i volontari più giovani (un giovane tra i 18 e i 29 anni su 15 svolge attività di volontariato in maniera costante), il volontariato è un’esperienza e una scuola di vita, per le persone meno giovani è una possibilità non solo di continuare a essere, ma di continuare a sentirsi produttivi e utili al bene comune anche dopo la fine della propria esperienza lavorativa. A monte di tutto questo, si colloca l’attività di lobbying.

Fare lobby – insieme un lavoro e un privilegio – significa dunque far comprendere al legislatore e agli stakeholder che senza il Terzo Settore il Paese non potrebbe reggersi e che dunque non è solo giusto, ma utile per la collettività difenderlo e valorizzarlo. E promuoverlo. A partire dalla scuola: per questo sosteniamo con forza la proposta di introdurre, nelle scuole, l’ora di volontariato. Fino alle aziende, il valore generato da no profit for profit porterebbe a un giovamento sostanziale alla vita in azienda, trasformiamo il tempo produttivo anche in una nuova linfa: l’impatto sociale!

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