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Non tutto è oro quel che luccica. I numeri di Tokyo letti da Zacchera

I richiami e i confronti con Olimpiadi passate contano poco: nel 1932 a Los Angeles l’Italia fu seconda assoluta come nazione, ma i titoli in palio erano allora solo 116 contro i 152 di Roma (nel 1960) e gli attuali 339 di Tokyo 2020 in cui sono state distribuite oltre 1000 medaglie

Importante impresa complessiva della squadra italiana che alle Olimpiadi di Tokyo ha sicuramente ottenuto grandi risultati soprattutto in alcune discipline “storiche” – come in atletica – nelle quali raramente avevamo brillato.
Si sono sprecati gli aggettivi per l’importanza storica delle nostre 10 medaglie d’oro, ma l’obiettività deve farci ricordare che il risultato è frutto anche dell’annacquamento del medagliere.

Alla fine siamo arrivati decimi come nazione – ovvero più o meno al nostro consueto livello di “rating” mondiale – ovvero ben piazzati, ma solo considerando il gruppo delle nazioni di “seconda fascia” dopo gli Usa – che alla fine hanno di un soffio battuto la Cina per numero di medaglie – il Giappone, Russia, Gran Bretagna e Australia tutte decisamente una spanna più in alto.

Alla fine ci hanno superati nel medagliere anche Francia, Germania e Olanda quindi è stato un successo complessivo, ma non esageriamo con richiami epici decisamente un po’ sopra le righe.

I richiami e i confronti con Olimpiadi passate poi contano poco: nel 1932 a Los Angeles l’Italia fu seconda assoluta come nazione, ma i titoli in palio erano allora solo 116 contro i 152 di Roma (nel 1960) e gli attuali 339 di Tokyo 2020 in cui sono state distribuite oltre 1000 medaglie. Letti così i nostri 40 piazzamenti sono sempre importanti, ma luccicano un po’ meno rappresentando più o meno il 4% del totale e ricordando che nel 2000 a Sydney gli ori conquistati furono 13.

L’aspetto più significativo di una olimpiade è però il crescere dei Paesi partecipanti che a Tokyo sono stati “circa” 205, ovvero l’intero planetario. Il numero non è preciso proprio perché alcune nazioni (come la Russia) hanno partecipato solo con la bandiera olimpica per motivi di doping o nazioni che non hanno un autonomo riconoscimento politico come Taiwan che ha partecipato come “Taipei cinese” conquistando 12 medaglie, così come separatamente da Pechino ha potuto (ancora) farlo Hong Kong. 6 medaglie il bottino dell’ex colonia britannica. Chissà se anche in campo olimpico la Cina comunista riuscirà ad “imporre” il disconoscimento di queste due realtà che Pechino considera semplici regioni cinesi.

Tornando all’Italia vi sono stati successi imprevedibili ed entusiasmanti ma anche il forfait negli sport di squadra o in quelle discipline (come la scherma) che in passato “fruttavano” una bella fetta del nostro medagliere.

Il dubbio alla fine è sempre quello, ovvero se si possa considerare l’Italia una nazione effettivamente sportiva o soltanto patria di alcuni grandi campioni.

Sicuramente alle spalle dei successi azzurri c’è anche un’altra e decisiva presenza, ovvero gli atleti che “corrono” per i gruppi sportivi delle rispettive forze armate, della Polizia di Stato, Guardia di Finanza e Polizia Penitenziaria. Un duello tutto interno a “casa Italia” che si è sviluppato già prima dei giochi nella selezione degli atleti inviati a Tokyo con evidenti pressioni ministeriali per “contare” di più. D’altronde, in pratica, vestire ufficialmente (part-time) una divisa permette di allenarsi da professionisti e con la prospettiva di un lavoro assicurato nel futuro.

È una pratica che ormai ha largo seguito nel mondo e anzi per gli atleti di molti Paesi è l’unico mezzo per potersi permettere una partecipazione.

Il Coni aveva fissato anche dei premi per gli atleti sul podio: 180.000 euro per una medaglia d’oro, la metà per gli argenti e 60.000 per ciascun bronzo: alla fine quasi 5 milioni di euro, ma decisamente ben spesi.

Da sottolineare anche le “new entry” nel medagliere come San Marino che da mezzo secolo partecipava alle Olimpiadi ma non aveva mai conquistato medaglie che invece sono arrivate a Tokyo con un argento e due bronzi.

Infine – come sempre – non sono mancati i veleni politici che hanno accompagnato i giochi, dall’abbandono dell’algerino Nourine per non combattere nel judo contro un israeliano alle 7 medaglie vinte dall’Iran che gli Usa vorrebbero fossero esclusi dalle gare, almeno con gli atleti che – come la medaglia d’oro nel tiro Javad Foroughi – appartengono ai “pasdaran”, le guardie della rivoluzione.

Su tutto, però, le Olimpiadi giapponesi verranno ricordate come quelle del Covid e in questo senso da Tokyo è venuto un segnale di riscatto generale del mondo verso questo flagello.

Una volta le Olimpiadi segnavano una tregua nelle guerre, oggi le notizie olimpiche – almeno per qualche giorno – hanno “battuto” quelle sul Covid, e anche questa è davvero una bella notizia.

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