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Il governo polacco è in bilico. I rapporti tesi con Mosca, Bruxelles e Washington

Martedì un partito minore si è sfilato dalla maggioranza dopo che il premier ne ha licenziato il capo dal suo ministero. Oggi il Parlamento vota su una controversissima legge sui media, sotto l’occhio attento di Washington. Ecco che succede a Varsavia

In Polonia la coalizione di governo Destra Unita è appesa a un filo. La maggioranza non esiste più dopo mesi di tensioni crescenti tra PiS (“Legge e Giustizia”), il partito di maggioranza del primo ministro Mateusz Morawiecki, e Porozumienie (“Accordo”), partito di minoranza guidato dal Jarosław Gowin, a sua volta ministro dello sviluppo fino a martedì, quando è stato licenziato dal premier e si è portato dietro i propri parlamentari. Ora Morawiecki rischia di non sopravvivere a un voto di sfiducia, a meno che non riesca a trovare dei nuovi “responsabili”.

Il tempismo non è casuale. Le frizioni tra i due partiti sono imperniati su una riforma delle tasse prevista nella prossima finanziaria – che Gowin osteggia fieramente – e soprattutto su una nuova legge sul controllo dei media, passata dalla camera inferiore mercoledì. Quest’ultima è al centro di un dibattito feroce che vede coinvolti anche gli Stati Uniti. Se approvata, impedirebbe a enti extraeuropei (all’infuori dell’Area economica europea) di detenere una fetta maggioritaria di azioni di una compagnia di media polacca.

In gioco c’è la libertà di stampa della Polonia, in caduta libera (dal 18° a 64° posto) secondo la graduatoria mondiale dell’indice RSF. Tendenza in atto dal 2015, quando PiS è salito al governo e ha iniziato a stringere le maglie attorno alla pubblica opinione purgando i giornalisti critici di PiS dalle emittenti di Stato, lanciando 187 denunce contro i “dissidenti” e forzando la vendita di asset mediatici ad aziende che supportano il partito.

Stando ai critici e alle migliaia di manifestanti che sono scesi in piazza martedì sera per protestare, quella legge sarebbe fatta su misura per la popolare emittente TVN, di proprietà dell’americana Discovery e tra i pochi canali che ancora criticano apertamente il governo. Il premier invece nega che la legge miri a scalzare Discovery da TVN, la cui licenza scade il 26 settembre (e che aspetta il rinnovo da 17 mesi).

Tempo fa Morawiecki aveva sostenuto che la misura servisse per evitare che una compagnia russa, cinese o da una nazione araba acquistasse emittenti polacchi. Ma quando Gowin ha proposto un emendamento per escludere i Paesi dell’Ocse, di cui gli Usa fanno parte, il leader di PiS (nonché governante de facto del Paese), Jarosław Kaczyński, ha escluso l’idea asserendo che la Polonia debba “difendersi da riciclatori di denaro e dai narco-business”.

Da Washington sono arrivati gli ammonimenti della Casa Bianca (quello di Discovery è uno dei più grandi investimenti americani in Polonia) e di un gruppo bipartisan di parlamentari. La settimana scorsa hanno chiesto di fermare il disegno di legge, chiedendo al governo polacco di non mettere a rischio “la nostra relazione di lungo corso” e avvertendo che “qualsiasi decisione di attuare queste leggi potrebbe avere implicazioni negative per la difesa, gli affari e le relazioni commerciali”.

Per gli Usa la Polonia è un avamposto strategico nell’architettura di contenimento della Russia, un Paese-chiave sul confine est della Nato. Al momento il suolo polacco ospita circa 4.500 soldati e 9 basi a stelle e strisce, in aggiunta alle forze e alle basi dell’Alleanza. E per Varsavia, spesso vessata da operazioni ibride e d’influenza di Mosca, avere gli americani in casa rappresenta un potente argine. La mano tesa dei polacchi nei confronti dei bielorussi in fuga dal regime pro-Cremlino di Alexander Lukashenko, concretizzata nell’asilo politico offerto ad attivisti e atleti, testimonia il posizionamento euroatlantico del Paese.

La Polonia stessa, però, non sfugge ad alcune tendenze illiberali, come la stretta sui media e gli assalti all’indipendenza giudiziaria per cui Bruxelles ha portato Varsavia davanti alla Corte di giustizia europea. I moti contrastanti che scorrono nella politica polacca hanno certamente alimentato le divisioni tra PiS e gli alleati di governo, come dimostrano il licenziamento di Gowin e la scomparsa della già risicatissima maggioranza di Morawiecki.

Intanto c’è chi aspetta sul bordo del fiume: Donald Tusk, già premier polacco e presidente del Consiglio europeo, appena rientrato sulla scena politica locale come leader della principale forza di opposizione, la Piattaforma civica. “Questo governo ora è adatto solo a una cosa: le dimissioni”, ha detto ieri all’equivalente polacco del nostro Consiglio superiore della magistratura; “prima o poi ci arriveremo”.


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