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Oggi Kabul, domani Roma? Rafat spiega l’asse Isis-Talebani

Di Ahmad Rafat

Dopo vent’anni di guerra logorante, l’Occidente ha regalato l’Afghanistan ai Talebani. Ma insieme a loro un vecchio nemico, l’Isis, riprende forma e forza. Ecco perché la presa di Kabul dovrebbe preoccupare anche Roma, Parigi, Berlino, Bruxelles. Il commento di Ahmad Rafat, già vice-direttore di Adnkronos International

Herat è crollato. Kandahar è crollato. Undici delle 34 regioni dell’Afghanistan sono crollati. I Talebani si trovano a soli 150 chilometri da Kabul. Ma quello che è crollato soprattutto l’umanità, portando alla vittoria l’indifferenza totale.

La caduta dell’Afghanistan non è dovuta solo alla corruzione  galoppante della classe politica del Paese, allo scontro tra la tradizione e una società influenzata anche dai social media, e nemmeno alle lotte politiche e tribali di una società multietnica con differenze religiose e linguistiche, ma soprattutto alle scelte politiche spesso errate dell’Occidente.

Un’Occidente, con gli Stati Uniti in testa, che nel 2001 per vendetta contro Al Qaeda per i vili attentati dell’11 settembre ha bombardato a tappeto il Paese spodestando dal potere i Talebani, ma è stato incapace di aiutare gli afgani a costruire una società moderna. Quando questo Occidente è fallito nel suo intento, ha deciso di ritirarsi facendo tornare indietro di 20 anni l’orologio della storia, infrangendo i sogni di centinaia di migliaia di afgani, soprattutto donne e giovani.

Il repubblicano Donald Trump ha iniziato il percorso che oggi sta regalando l’Afghanistan ai Talebani, ai loro padrini iraniani e pachistani, ma poi stranamente la stessa politica è stata portata avanti, anzi accelerando i tempi, dal democratico Joe Biden. Gli Stati Uniti da qualche anno stanno cercando di disimpegnarsi il più possibile in alcune regioni del mondo.

L’Afghanistan è una di queste zone. Partono gli americani, partono i loro alleati occidentali della Nato, fatta ovviamente eccezione per la Turchia del neo-ottomano Recep Tayyip Erdoğan, ma insieme all’Iran degli Ayatollah ritornano anche i russi, mentre il Pakistan arriverà accompagnato dalla Cina. Un cambio di strategia statunitense, e occidentale, cui il prezzo per il momento lo pagheranno le popolazioni locali.

Chi da due anni per conto degli americani negozia con i Talebani, vorrebbe fare credere che non sono quelli che governavano il Paese prima del 2001, che hanno rotto ogni legame con Al Qaeda e che non hanno mai stretto alleanze con l’ISIS (lo Stato Islamico). Due gruppi che per oltre due decenni con i loro attentati e attività terroristiche hanno colpito in diversi Paesi del Vecchio Continente, oltre che nel Medio Oriente e in Africa.

Negli ultimi cinque anni, e anche di recente, le forze di sicurezza afgane hanno arresto qualche decina di dirigenti di Al Qaeda. L’ultimo arresto risale a 17 Aprile di quest’anno. Anche la presenza dell’Isis sul territorio afgano è noto ai servizi di intelligence occidentali. Attualmente 400 membri dell’Isis si trovano in carcere. Secondo alcune fonti 2000 militanti dell’Isis, provenienti dal nord della Siria e dall’Iraq, hanno raggiunto nel mese di giugno l’Afghanistan e si sono uniti ai Talebani e hanno preso parte alla recente offensiva.

Consegnando l’Afghanistan ai Talebani, forse i soldati americani e europei non saranno attaccati sul posto, ma sicuramente tra non molto dopo il loro ritorno al potere, come nel 2001, questo Paese diventerà nuovamente una base sicura per le organizzazioni terroristiche che grazie ai proventi di droga, da non sottovalutare che l’Afghanistan è il più importante produttore dell’oppio, torneranno a colpire anche a casa nostra, come lo hanno fatto nel passato.

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