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Giusto bandire i talebani? Il dilemma WhatsApp

L’applicazione di comunicazione istantanea WhatsApp ha deciso di chiudere definitivamente i canali di comunicazione dei talebani in un momento delicatissimo per l’Afghanistan. Eppure, secondo gli attivisti, a risentirne è anche il resto della popolazione

Gli Stati Uniti e molti altri Paesi considerano il gruppo dei talebani un’organizzazione terroristica internazionale. Ne segue che le decisioni delle piattaforme americane, soggette alle classificazioni di Washington, abbiano un impatto significativo non solo sulla la comunità globale, ma anche sui cittadini alle prese con fenomeni di terrorismo locali.

Ultimamente vi sono state molte critiche nei confronti dei canali social, specialmente verso Twitter, che continua a lasciare operativa la pagina del portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid. Al contrario, WhatsApp ha deciso martedì di bloccare i canali di comunicazione e broadcast utilizzati dal gruppo che appena due giorni prima si è insediato a Kabul. Tuttavia, secondo alcuni esperti, la decisione di chiudere i canali di comunicazione WhatsApp non è stata una scelta del tutto giusta, specialmente in un momento di crisi come questo.

I social sono un’arma a doppio taglio, permettono di orchestrare attacchi ai danni della popolazione come di coordinare operazioni di soccorso. Agendo alla guisa di autorità locali e de facto guardiani dell’ordine pubblico, i talebani utilizzano i gruppi WhatsApp come canali per comunicare con la popolazione, che può adoperarli per denunciare saccheggi, violenze o rapine. Anche nel 2016, quando i miliziani hanno ripreso il controllo di alcuni territori, le organizzazioni internazionali e non-profit usavano i gruppi per segnalare medicinali rubati o richiedere assistenza.

I gruppi WhatsApp sono dunque usati dalla popolazione come una specie di “canale di aiuto”. Perciò la posizione di autorità assunta dagli integralisti islamici in Afghanistan mette le piattaforme in una posizione imbarazzante: nell’inibire l’operato dei talebani, preso nota del collasso delle autorità locali, è giusto limitare i servizi anche a chi non può fare a meno di ricorrere ai fondamentalisti?

Come riporta Euronews, il servizio di messaggistica è anche usato dai talebani per comunicare con i mass media. “La settimana scorsa, un comandante talebano avrebbe detto al servizio in lingua dari di Radio Free Europe via WhatsApp che il gruppo non aveva intenzione di prendere Kabul con la forza”. E poco dopo essere entrati a Kabul, gli integralisti hanno creato i gruppi WhatsApp per far segnalare alla popolazione le possibili problematiche.

Ashley Jackson, un’operatrice sanitaria della Croce Rossa e Oxfam che ha lavorato in Afghanistan, ha detto al Financial Times che “impedire la comunicazione tra la gente e i talebani non aiuta gli afghani, è solo una presa di posizione.” Questo perché “se i talebani all’improvviso non possono usare WhatsApp, in realtà si isola [anche il resto] degli afgani, rendendo loro più difficile comunicare in una situazione già di panico”.

Facebook, la proprietaria di Whatsapp, ha però ribadito che la scelta di bloccare i canali deriva dal fatto che loro, essendo una società statunitense, devono seguire non solo la legge del Paese, ma anche gli interessi della comunità internazionale. Come ha riportato la BBC, “Facebook ha sottolineato che la politica si applica a tutte le sue piattaforme, tra cui il suo social network di punta, Instagram e WhatsApp.”

Facebook divide le attività criminali in tre gruppi, di cui il primo livello include organizzazioni terroristiche, di odio e criminali. In questa sezione rientrano anche i talebani che, secondo alcune fonti della CNN, sono già bloccati da anni su questi canali – anche se non è chiaro quali restrizioni siano state imposte, né quando.

Per tutta risposta, il portavoce talebano ha accusato Facebook di censura in una conferenza stampa riportata da Euronews. “Una sola domanda dovrebbe essere posta a coloro che sostengono di essere promotori della libertà di espressione e che non consentono la pubblicazione di tutte le informazioni”, ha dichiarato Mujahid.

La battaglia social non si limita a WhatsApp. Anche YouTube ha imposto un divieto sugli account del gruppo, ma secondo il New York Times sono stati creati oltre 100 nuovi profili pro-talebani. I tecnici di YouTube hanno dichiarato alla CNN che stanno lavorando per eliminare i contenuti video dei talebani, ma il gruppo non è del tutto scomparso dal canale social.



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