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Phisikk du role – Sardine, non s’interrompe un’emozione

Torna in scena il movimento, o almeno il loro pesce pilota, Mattia Santori, che sarà candidato a Bologna nelle liste del Pd. E racconta molte cose: l’ineluttabilità di un ricovero in forma di partito per i movimenti, l’insostenibilità di fare politica ai tempi del web e la proiezione personale che profuma di narciso

Dunque ritornano le sardine. O almeno il loro pesce pilota, Mattia Santori, che sarà candidato a Bologna nelle liste del Pd. Rammentiamo cos’erano le Sardine perché il vorticoso turnover della politica italiana, che agita la memoria indifesa del pubblico pagante, può aver obnubilato il ricordo della prima volta che la voce del simpatico pesciolino ricco di omega 3 si affacciò nel dibattito pubblico, in quel di Bologna nel 2019, a sostegno del Pd di Bonaccini e in fiero contrasto al populismo imperante.

Era l’era del Conte primo, quello al traino del Salvini che chiudeva i porti alle navi delle ong e le Sardine si guadagnarono subito una certa simpatia nei media di tendenza. Avevano facce di ragazzi puliti, titoli di studio di livello universitario, assumevano la Costituzione come carta dei valori e riempivano le piazze di giovani. Erano nuovi: una trasfusione tonificante di linfa per una sinistra persa e ormai fatta solo di piccola burocrazia. Si assistette alla solita corsa italiana a coccolarle-politici, intellettuali, rapper in pieno spolvero filosofico e cantanti in fine carriera- tutti

“I love Sardina”. Si trattava, in realtà, di un esperimento che avrebbe potuto apparire interessante: un movimento spontaneo ma chiaramente schierato nell’emisfero della sinistra italiana, che rivendica la propria autonomia, pur accettando di sostenere candidature di area alle elezioni. Un movimento dal basso, con leadership collettiva e spazio privilegiato nel web: una modalità Cinquestelle capovolta e vocata alla cittadinanza attiva, piuttosto che all’antipolitica. Credibile, anche perché non accettò candidature nelle città italiane in cui si andava al voto. Insomma, una vera ventata di fresco.

Poi qualche incertezza sul da farsi, le piazze svuotate dal covid, la sinistra al governo e il velo dell’oblio avvolse i pescetti in un cartoccio da pescheria adriatica (quella che ti frigge le Sardine e te le porti a casa). Il ritorno in pista di Santori, personaggio-emblema della sardinità sotto i gonfaloni del Pd a Bologna, è, in effetti, un piccolo evento politico. Che racconta molte cose: la prima è quella dell’ineluttabilità di un ricovero in forma di partito per i movimenti. Perché, a cominciare dalle leggi elettorali, nel nostro paese vige il motto: extra ecclesiam nulla salus, fuori dalla chiesa-partito, ancorché sgaruppata, non c’è salvezza. Citavamo le leggi elettorali: ebbene un sistema che continua ad imporre a tutti i livelli di competizione la raccolta delle firme per la presentazione delle liste, ma solo a carico di chi nelle assemblee non c’è – cioè chi non è una sigla di partito – è un sistema che tende a chiudere in chiave monopolistica e non ad aprire la concorrenza. Se invece di parlare di politica parlassimo di economia, l’antitrust probabilmente avrebbe qualcosa da dire.

Poi c’è il costo insostenibile per un movimento spontaneo (e non finanziato da generosità più o meno pelose), del fare politica anche in un tempo in cui si presume (molto a torto) che il web possa sostituire i potenti mezzi. E poi c’è sempre il fattore umano, la proiezione personale, quella goccia che profuma di narciso che stilla dai pori della politica. Anni addietro, quando cominciò l’attacco massiccio degli spot pubblicitari nei film mandati nelle tv commerciali (subito imitati dalla Rai), circolava uno slogan coniato dagli obiettori: “Non si interrompe così un’emozione”.

Qualcuno o qualcosa aveva interrotto l’emozione politica del pesce pilota della sardinità. Adesso, dunque, quell’emozione riprende.


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