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Dilma, il nuovo volto del Brasile

“Perché usa una parrucca? Non sarà che, paradossalmente, la candidata presidenziale del Partito del lavoratori tiene troppo alla sua apparenza fisica?”. La domanda provocatoria l’aveva sparata contro Dilma Rousseff un giornalista televisivo che l’ha intervistata ad aprile del 2009. Sotto la parrucca di Dilma però, purtroppo, c’era un’altra ragione, molto meno frivola. «Tre settimane fa mi è stato trovato un cancro encefalico e, a causa della chemioterapia mi sono caduti i capelli – rivelò Dilma al giornalista – voleva che mi presentassi in questo programma calva?». Nonostante tutto, l’allora candidata del presidente Luiz Inácio Lula da Silva, Dilma Rousseff, la Thatcher sudamericana con passato da guerrigliera urbana, è riuscita a sconfiggere la malattia ed è arrivata alla presidenza della Repubblica con il 55% dei voti in ballottaggio, il 31 ottobre del 2010, contro il candidato ed ex governatore della regione di Sao Paolo, José Sierra. Diventando così la prima donna presidente del Brasile.
 
La biografia della donna di ferro del Paese carioca è tutto tranne che banale. Mentre molte sue coetanee si abbronzavano sulle spiagge brasiliane, a 17 anni Dilma entrò nelle file di un’organizzazione di tendenza trotzkista. Militante del Commando di liberazione nazionale, poi è passata al gruppo maoista Vanguardia revolucionaria armada palmares. A gennaio del 1970, con il regime militare di Juan Carlos Onganía, Dilma viene arrestata e portata in un centro di torture della città di Sao Paolo. Ripresa la vita civile nel 1972, Dilma si laurea in Economia e, con il trionfo di Lula da Silva nel 2002, viene nominata ministro dell’Energia. Dopo, presidente del Consiglio di direttori di Petrobras, l’impresa petrolifera statale. Nel 2005, è stata portata da Lula alla Casa civile, dipartimento che coordina tutti i ministeri, diventando la prima donna in questo ruolo, in sostituzione di Jose Dirceu, dimessosi dopo grossi scandali di corruzione. Dilma è l’ideatrice della politica economica del Brasile, che ha fatto scendere al 29% la povertà estrema negli ultimi quattro anni, secondo l’Istituto brasiliano di ricerche sociali e statistiche. La sua missione è progressista e fino adesso ha avuto ottimi risultati.
 
I brasiliani, come il resto degli abitanti dell’America latina, erano abituati a governi populisti, che tamponavano le necessità collettive con fiumi di parole retoriche, feste elettorali, promesse astratte. Non riuscivano a mettere a frutto le proprie risorse. Ma il Brasile sta imponendo le sue dimensioni geografiche e demografiche, le sue risorse e la sua indipendenza dagli ex imperi, per dimostrare la sua autentica natura democratica e una leadership non solo regionale ma anche globale. E il volto di questa prospera sfida è di donna: la combattiva Dilma Rousseff.


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