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Le mille facce (e qualche voltafaccia) di Berlusconi. La bussola di Ocone

Silvio Berlusconi si muove (ad esempio incontrando Giovanni Malagò) per dare seguito a quanto iniziato dopo la sua ormai lontana “discesa in campo”. Che le ultime mosse servano a nascondere i vari piani del Cavaliere, e ad aumentarne su più tavoli la forza contrattuale? La bussola di Corrado Ocone

La notizia del nuovo brevissimo ricovero al San Raffaele di Silvio Berlusconi si è diffusa stamane mentre ancora non erano maturate le reazioni allo scoop di Repubblica secondo cui il leader di Forza Italia avrebbe visto il presidente del Coni Giovanni Malagò per affidargli la guida del partito. Sono due episodi diversi e, ovviamente, non collegati, ma che vanno messi assieme perché, da una parte, confermano la stanchezza fisica del Cavaliere, che perciò sta ponendosi seriamente da qualche mese (ritornato prepotentemente al centro della scena politica) il problema della sua successione ed eredità politica; e, dall’altra, testimoniano di una certa “ambiguità” che è propria oggi della sua creatura, fra l’altra ridottasi con gli anni a numeri elettorali significativi ma non particolarmente rilevanti.

Inutile negarcelo: oggi Forza Italia ha come una doppia anima: è divisa all’interno fra chi prefigura per essa un certo destino e chi l’esatto contrario. E Berlusconi, che un tempo mediava e faceva una sintesi che poi era da tutti accettata, o semplicemente decideva per tutti e tutti stavano alle sue decisioni, oggi sembra a sua volta indeciso, e sembra anche essere sommerso da pressioni di segno opposto che non avrebbero forse timore ad appalesarsi con una scissione se una scelta netta la compisse. In sostanza, il partito dei “frenatori” del progetto di Federazione con la Lega e, in prospettiva, con gli stessi Fratelli d’Italia, si è messo all’opera da un bel po’. E l’incontro di Villa Certosa, pur sconfessato dai protagonisti in questa sua dimensione politica, va inserito in questo contesto. È quella che potremmo chiamare l’“ala sinistra” del partito, sovrarappresentata forse nel governo di Mario Draghi, che per Forza Italia ha individuato un altro futuro rispetto a quello “salviniano”: quello di un centro moderato certo, ma pure radicalmente alternativo alla sinistra, alle sue politiche ma anche alla sua cultura.

Quindi, per costoro, non si tratta solamente di essere liberal-liberisti, come d’altronde a sinistra lo sono anche in qualche modo Carlo Calenda e Matteo Renzi, ma anche di mostrarsi favorevoli a una certa deriva eticistica e biopolitica (eutanasia, legge Zan, ius soli, ecc.) che è propria della sinistra attuale. Una Forza Italia, quella che si vorrebbe, legata non solo ai ceti produttivi e produttori, in questo senso tendenzialmente impolitici, gli homines novi di quella che fu un tempo la “rivoluzione liberale” (peraltro mai realizzata). Legata anche, e con molte leve, a quel sottopotere romanocentrico, più o meno deep-state, di cui Gianni Letta, che avrebbe tessuto il disegno e favorito l’incontro, è in qualche modo sommo e raffinato sacerdote e Malagò esponente per così dire emerso e di primo piano. Lo stesso Malagò che, per esempio, non meno di qualche settimana fa, aveva strizzato l’occhio alla proposta lettiana dello ius soli, traducendo in politica spicciola gli indubbi e benemeriti successi olimpici della sua presidenza al Foro italico. E quella sportiva potrebbe essere un’altra chiave dell’”innamoramento” di Berlusconi per Malagò.

Non è dubbio che il Cavaliere abbia, sin dall’inizio di quella che non a caso definì una “discesa in campo”, tenuto in debito conto le potenzialità politiche dello sport, vera e propria metafora del conflitto simbolico che attraversa i nostri tempi e catalizzatore di consenso e partecipazione. Malagò, che a quanto sembra avrebbe rifiutato la proposta, avrebbe garantito anche in questo senso. E il Cavaliere si è mosso. Abbastanza spregiudicatamente, se poi non è dato sapere quale sarebbe stata la reazione dell’ala più coerentemente di centrodestra del partito, e in primis di chi, interno (come Antonio Tajani) o esterno (come Matteo Salvini), si sarebbe sentito tradito da un così clamoroso voltafaccia.

Che tutti questi movimenti, apparentemente contrari l’uno all’altro e contraddittori, servano a nascondere i vari piani del Cavaliere, e ad aumentarne su più tavoli la forza contrattuale? Chi scrive tende ad escluderlo. I bei tempi in cui, per energia fisica e soprattutto politica, Berlusconi si poteva permettere tanto sono definitivamente tramontati. Bisogna farsene una ragione, anche se poi non si può non notare come, pur indebolito, egli riesca ancora a giganteggiare in uno scenario di “nani” (politici).

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