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Con il dramma afgano, la libertà religiosa torna al centro

A pochi giorni dallo scoppio del dramma afgano e a venti anni da quello delle Twin Towers, il dibattito sulla libertà religiosa nel mondo assume rinnovata centralità. L’incontro di approfondimento sul tema della libertà religiosa, con un’analisi del Rapporto 2020 elaborato dal Dipartimento di Stato Usa, promosso dall’Associazione Amerigo

Oggi più che mai il tema della libertà religiosa è tornato al centro del dibattito internazionale, a causa del nuovo drammatico scenario afgano e alle porte del ventesimo anniversario dell’attacco alle Torri Gemelle, il prossimo undici settembre. Eppure, pur essendo la libertà religiosa al centro di una complessa moltitudine di dinamiche sociali ed economiche, c’è bisogno di uno sforzo di conoscenza e di approfondimento da parte di molti attori globali, che passa anche per le nuove forme di comunicazione digitale.

IL DIBATTITO DI APPROFONDIMENTO PROMOSSO DALL’ASSOCIAZIONE AMERIGO

È quanto emerge dal dibattito di approfondimento sul tema promosso dall’Associazione Amerigo, a partire dallo spunto offerto dal Rapporto 2020 elaborato dal Dipartimento di Stato Usa. Nel bel mezzo infatti di una delle più gravi crisi vissute dal pianeta da un secolo a questa parte, la pandemia da Covid-19, lo scenario afgano si inserisce con brutalità, minando le libertà fondamentali e i diritti umani di donne e uomini e allontanando in maniera ancora più decisa le diverse e frammentate aree del mondo.

La proposta dell’Associazione Amerigo arriva anche a pochi giorni dal G20 Interfaith Forum di Bologna, di cui l’Italia sarà cioè quest’anno per la prima volta presidente, e l’iniziativa intende essere la prima di una serie a cadenza annuale. Durante il dibattito, moderato dal giornalista del quotidiano La Verità Daniele Capezzone, sono intervenuti, dopo i saluti istituzionali del presidente Andrea Gumina e di David Medalia, Human Rights Officer dell’Ambasciata statunitense a Roma, importanti panelist da tutto il mondo.

LA PRESIDENZA USA DI JOE BIDEN ALLA PROVA DEL DIRITTO DELLA LIBERTÀ RELIGIOSA

Come ad esempio Dan Nadel, Senior Official IRF Office, Department of State USA; il rabbino David Rosen, director AJC (American Jewish Committee) for Interreligious Affairs, Jerusalem; il prof. Cole Durham, director ICLRS (International Center for Law and Religious Studies), USA; e infine Charles Holland Taylor, Emissary for the Un, Americas and Europe, della Gerakan Pemuda Ansor, movimento giovanile e al contempo la più grande organizzazione di massa islamica del mondo fondata in Indonesia.

Il modo in cui i governi affrontano il diritto fondamentale della libertà religiosa è uno dei più importanti e porta con sé importanti conseguenze a livello personale, sociale ed economico, e soprattutto a livello di relazioni internazionali. Dal suo lato, è quanto si è affermato nelle prime battute dell’incontro, il presidente Usa Joe Biden oggi come non mai afferma che il compito di difendere la libertà religiosa non è finito, ma al contrario resta un valore fondamentale nella politica estera americana.

IL BISOGNO DI UNA STRATEGIA PER FRONTEGGIARE LA VIOLENZA IN RETE

Tanti tuttavia gli aspetti dell’argomento toccati durante i vari interventi. Il rabbino britannico David Rosen ha focalizzato il tema della sfida che si pone oggi, per la libertà religiosa, caratterizzata ad esempio dai nuovi mezzi di comunicazione. “La comunicazione digitale da risonanza a voci che prima erano marginali”, ha affermato Rosen, paventando il fatto che “in particolare i giovani sono esposti alla disinformazione o alle teorie cospirative che si focalizzano contro specifici gruppi, religiosi o politici”. Per questo, ha sostenuto il rabbino, “c’è bisogno di una strategia per fronteggiare tutto questo, e in una scala mai vista prima”.

“Ci sono restrizioni che vanno chieste ai gestori dei social media con un approccio sistematico, di collaborazione, in termini di controllo e responsabilizzazione”, ha affermato. Per il rabbino, “perseguire interessi specifici politici significa diminuire la libertà di espressione, ma combattere le informazioni basate su ignoranza è necessario”, ad esempio “diffondendo una maggiore conoscenza religiosa”. “Non ci sono spazi per giustificare il vuoto che può essere esplorato da forze negative”, e “difendere le religioni fa parte dei principi dei diritti umani”, ha chiosato il rabbino, affermando in conclusione che sovente gli stessi governi hanno bisogno di essere più “letterati” dal punto di vista religioso.

LO SVILUPPO DEL DIALOGO DALLA NOSTRA AETATE AGLI ACCORDI DI ABRAMO

Il report è stato poi discusso da alcuni dei componenti dell’Amerigo Committee for Religious Freedom, tra cui il prof. David Meghnagi, il dott. Stefano Gobbi e l’imam Yahya Pallavicini. Per Meghnagi, quando ci sono grandi crisi, come ad esempio in Francia con l’affare Dreyfus sul finire del diciannovesimo secolo, scatta la “demonizzazione della cultura giudaica” o la “mentalità del complotto”, e ciò può accadere tanto nei Paesi islamici quando in Occidente. Il problema però è che “la politica usa come una bomba i pregiudizi contro la religione”. In tutto ciò, “ogni tradizione deve confrontarsi con sé stessa per fare un’analisi della propria storia ma non tutte le religioni sono capaci di farlo allo stesso modo e nello stesso tempo”.

Ad esempio per i cattolici, la Nostra aetate, dichiarazione frutto del Concilio Vaticano II, “è stata un grande sviluppo nel dialogo”, come lo sono stati anche gli Accordi di Abramo siglati dagli Usa a guida Donald Trump siglati nell’agosto 2020. “Gli Accordi di Abramo sono stati molto positivi perché rappresenta, nel Medio Oriente e in tutti i paesi arabi, la prima volta che un Paese islamico ha riconosciuto che gli ebrei non sono una comunità protetta ma una nazione di persone libere”.

LO SPORT COME MODELLO DI INCLUSIONE SECONDO PAPA FRANCESCO

L’intervento del dottor Gobbi si è centrato invece sul tema dello sport, “indubbiamente uno dei migliori strumenti e veicoli di promozione del dialogo”, promosso anche nel mondo cattolico grazie all’interesse di Papa Francesco. Lo ha fatto ad esempio con il Documento “Dare il meglio di sé”, sulla prospettiva cristiana dello sport e della persona umana, presentato nel 2018 dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita.

Ha fatto seguito l’intervento dell’imam Pallaviciniche si è focalizzato su tre parole: identità, discriminazione e pratica. “I leader religiosi e politici devono confrontarsi con la disinformazione per combattere l’abuso, la mistificazione o la strumentalizzazione della dottrina religiosa da parte di gruppi estremisti”. Pallavicini, pur sottolineando che “c’è una grande differenza quando si parla di discriminazione in occidente o in oriente”, ha spiegato che è necessario “trovare il modo di fare sentire i cittadini un’unica comunità”, e che “con un dialogo serio si possono combattere ogni discriminazione”.

LA MANCANZA DI CONOSCENZA SUI DATI RELATIVI ALLA LIBERTÀ RELIGIOSA

Prima dell’intervento conclusivo del prof. Alberto Melloni, ha tirato le somme la vice presidente nazionale di Amerigo, la dottoressa Silvia Minardi, spiegando che innanzitutto “c’è bisogno di conoscere di più sui dati della libertà religiosa”, in quanto vi è una “mancanza di conoscenza” di fronte a cui “serve un grande sforzo per neutralizzare le contraddizioni e gli elementi di disgregazione”. “Se releghiamo la libertà di religione nei limiti della sfera privata incoraggiamo nuove forme di discriminazione e separazione, ed è ciò che l’associazione Amerigo vuole combattere “, ha spiegato Minardi. “La libertà religiosa viene utilizzata talvolta come parte del problema ma può essere in realtà anche parte della soluzione”.

“È molto pericoloso lasciare la parola radicale ai violenti”, ha infine concluso il professor Melloni, sottolineando il fatto che quando si parla di libertà religiosa ci sono temi concreti e pratici da affrontare ma che allo stesso tempo va anche considerato che si tratta di una “categoria non facile da inquadrare”. Per Melloni, infatti, la laicità è il miglior modo di rinforzare le relazioni tra cristiani ed ex cristiane e per creare un senso comune, ma allo stesso tempo la complessità non è di insegnare la religione in maniera secolare o neutrale. “Nella letteratura religiosa italiana ed europea vediamo che c’è un abbandono di stereotipi verso agnostici e atei, e questo “mostra che è possibile un linguaggio e una comunicazione positiva che porti verso lo sviluppo di soluzioni pratiche”.


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