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Giorgetti ha ragione, serve un’alleanza tra governi, imprese e forze morali

Di Benedetto Delle Site

Il richiamo del ministro Giorgetti sembra suggerire alla politica italiana una vera e propria rivoluzione: spostare l’asse d’interesse dalle politiche di ridistribuzione della ricchezza a quelle atte alla sua creazione, trasformare il ministero dello Sviluppo economico in un supporter della nuova imprenditoria, rimodulare gli incentivi a favore delle imprese che si mostrano più sensibili alle sorti del Paese. Gli imprenditori sono pronti a dare una mano. L’intervento di Benedetto Delle Site, presidente nazionale del Movimento Giovani Ucid (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti)

L’intervento del ministro per lo Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, a Cernobbio in occasione della 47esima edizione del Forum Ambrosetti, sembra suggerire alla politica italiana una vera e propria rivoluzione copernicana: spostare il proprio asse d’interesse dalle politiche per la ridistribuzione della ricchezza a quelle atte a favorirne la creazione, trasformare il ministero dello Sviluppo economico in un supporter della nuova imprenditoria, anziché di quella decotta, rimodulare la politica degli incentivi a favore di quegli imprenditori che si mostrano più sensibili alle sorti del Paese nei tavoli di crisi.

Il tutto nel quadro di un progetto di re-start nazionale che, nel contesto del Pnrr, fa appello al primato delle forze morali nel rilancio dell’economia ponendosi anche un obiettivo atto a salvare le politiche di welfare: il sostegno alla natalità e, quindi, il contrasto del nostro declino demografico.

Le parole di Giorgetti, delineando un’agenda innovativa, rimandano alle grandi speranze con le quali molti di noi hanno salutato l’incarico conferito dal Presidente Sergio Mattarella al professor Mario Draghi lo scorso febbraio, ma la loro traduzione in fatti sarà il vero banco di prova del governo.

Mentre infatti lo spirito di solidarietà nazionale alla base dell’attuale esecutivo inizia a venire meno, le espressioni migliori del nostro Paese devono tornare in campo a favore di una autentica fase costituente, una fase di profonda riforma morale, sociale ed economica dell’Italia, la quale chiama tutti a uno scatto: istituzioni, forze politiche, parti sociali, scuola e università, imprese e nuove generazioni.

Punto primo. Attingere alle nostre forze ed energie morali, come dopo il secondo conflitto mondiale, significa basare la nostra ripresa e resilienza non solamente sull’impiego delle ingenti risorse del Pnrr, ma anche facendo tesoro di quei principi morali, di quella dottrina sociale, che affondano le radici nel nostro patrimonio antropologico: la centralità della persona umana, il bene comune, la solidarietà, la sussidiarietà, la destinazione universale dei beni, la partecipazione, la generosità e l’armonia fra capitale e lavoro, fra le classi e le generazioni. Come ci ha insegnato Luigi Sturzo, “mai le sole forze economiche o i soli propositi politici hanno potuto influire sulla psicologia dei popoli senza il pungolo, la spinta e l’aiuto delle forze morali. Queste trasformano le stesse attività economiche e politiche, elevandole a un ordine superiore e dando a esse l’impronta della propria grandezza”.

Punto secondo. L’impresa. Torniamo a sostenere chi crea la ricchezza e, di norma, non si tratta dello Stato con le sue articolazioni, bensì di coloro i quali mettendo a frutto il proprio talento, la creatività e l’ingegno inseguono una vocazione alta e nobile, quanto misconosciuta e ostacolata: quella dell’imprenditore. La politica, da molto tempo, ha deciso di raccogliere il proprio consenso attorno alla ridistribuzione della ricchezza e ha lasciato soli e in penombra coloro i quali quella stessa ricchezza sono chiamati a produrre. Ripensiamo in quest’ottica il fisco, la giustizia, la P.a. Portiamo la cultura imprenditoriale nel mondo della scuola in modo da avere un domani più “imprenditori” e meno “prenditori” di sussidi.

Punto terzo. La responsabilità per il bene comune. Occorre recuperare il rapporto tra impresa, territorio e comunità. Il tipo di globalizzazione che voleva spezzare questo legame è stato definitivamente messo ko dalla pandemia. Tale modello, astratto, privo di un volto, non è resiliente alle crisi globali come quelle, ad esempio, innescate da una pandemia. Oggi dobbiamo favorire un ecosistema che incentivi davvero le scelte responsabili. Una falsa narrazione ha dipinto gli imprenditori come insensibili al bene comune e ha finito per prevalere. Ma gli imprenditori, la maggior parte di coloro i quali portano avanti la propria azienda sia pure tra infinite difficoltà, sono pronti e ben disposti a dare una mano per rimettere in moto il Paese.

Punto quarto. Sostenibilità. Non può essere ideologica: qualcuno forse la concepisce come una nuova arma per continuare la propria lotta contro il capitalismo. La vera sostenibilità, invece, deve saper coniugare la dimensione ambientale con quella sociale e finanziaria. Le soluzioni tecnocratiche, calate dall’alto verso il basso, a carico dei bilanci delle imprese e delle famiglie, rischiano di avere effetti opposti a quelli auspicati.

Punto cinque. Un welfare incentrato sulla natalità e la cultura della vita. Il nostro Paese, l’Europa, l’Occidente, soffrono la più grande crisi demografica della loro storia, la quale compromette lo sviluppo anche in termini di Pil e minaccia la tenuta del sistema pensionistico. Occorre una riforma del nostro welfare, che abbia come stella polare la nuova vita e veda protagonista la famiglia, il terzo pilastro, l’alleanza pubblico-privato. Gli indicatori ci dicono che è già troppo tardi, bisogna fare presto.

Parola chiave. Alleanza. Lo spirito che deve contraddistinguere una fase tanto delicata è quello di una nuova alleanza. Non solo fra le forze politiche, chiamate ad anteporre alle prossime elezioni le prossime generazioni. Serve un’alleanza tra governi, imprese e forze morali, in Italia e a livello globale. Una nuova governance capace di coinvolgere in una grande alleanza poliarchica la società civile, in particolare il mondo delle imprese e quello dei giovani. Un’alleanza che sia in grado di realizzare l’agenda poc’anzi delineata e dare anche un significato più profondo alla prosecuzione dell’attuale esecutivo.

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